A cena coi topini – Sformatini di topinambur [1]

Toh, una nuova.
Larry cʼha poca voglia di fare, ultimamente, e manda avanti gli amici (tutti indistintamente logorroici), col risultato che il suo blog si popola sempre più di guest post.

Scherzi a parte, buongiorno a tutti, piccoli lettori di Larry!
Il mio nome è Sara e no, non sono un bambino e nemmeno un pezzo di legno, sono quella cosa tutta fiorita che ogni tanto commenta in giro da ʻste parti. Cosa ci faccio qui?, direte subito voi che state attenti e ai guest post ormai siete avvezzi. Il mio massimo merito, ad essere onesti, è un alimento che ispira molta tenerezza a Larry, sul cui curioso nome scherziamo ormai da tempo e che spesso la donzella si sofferma ad osservare con curiosità nel banco del fruttivendolo, senza sapere bene se provare a farci amicizia o ostentare indifferenza. Perché, una volta portatolo a casa, non ha sostanzialmente idea di come cucinarlo.

Per la serie “Cene a tema”, dopo gli spettacolari esperimenti regionali, la donna arancione mi ha dunque commissionato un intero pasto a botte di topinambur (dʼora in poi affettuosamente ribattezzati topini al burro, con digressioni vezzeggiative di vario genere). Ed ecco spiegata la mia presenza qui.

Ok, non sapete cosa sono i topinambur. Ovvio.
Bè, sostanzialmente si tratta di tuberi simili alle patate americane ma più piccoli, duri e bitorzoluti, che al gusto ricordano da vicino, in versione delicatissima, il carciofo. Si raccolgono lungo i fossi nella stagione invernale, ma siccome capita che in tal modo raggiungano la cucina inglobati in zolle di terra compatta e gelata, di preferenza li compro al banco frigo del supermercato.

Ho, però, scoperto che lo spacciatore ortofrutticolo di Larry li vende belli ripuliti al sabato mattina. Ammetto che Trieste mi resti ancora logisticamente un poʼ più scomoda della Coop allʼangolo – sono veneta – ma ci penserò. Oggi, dunque, si parte con lʼantipasto che, in realtà, se debitamente accompagnato, funziona perfettamente anche come secondo.

La ricetta originale è di mio padre, il fu cuoco di casa, non perché sia mancato, poveretto, ma solo perché nel frattempo mi sono sposata e lo scettro al momento è detenuto dal consorte. Ed ecco spiegato anche il motivo per cui la ricetta è tutta scritta alla prima plurale. Non posso esimermi dal riconoscergli il ruolo fondamentale ricoperto nellʼimpresa.
Ovviamente, se papà sapesse come ho realizzato gli sformatini di cui mi ha tramandato la ricetta, gelosamente custodita per anni e ceduta solo dopo lunghe ed estenuanti richieste (chiedete a Larry quanto io possa essere estenuante), mi rincorrerebbe per casa brandendo il mattarello e vomitando improperi. Diciamo che non gli piacciono gli stravolgimenti che non siano suoi e men che meno le omissioni di ingredienti che reputa fondamentali… Ma conto sul fatto che non scoverà mai questa mia partecipazione culinaria ed io avrò salva la vita.

Sformatini di topinambur

Ingredienti per circa 8 sformatini

400 gr di topini al burro (o topinambur, che dir si voglia)
150 gr di panna da cucina
3 uova
150 gr di parmigiano grattugiato
1 scalogno
1 spicchio di aglio
olio, sale e pepe q.b.
prezzemolo
dadolata di guanciale o lardo di colonnata

Procedimento

Il buonsenso direbbe di partire sbucciando i topini.
Mai affermazione fu di più lontana dal vero. O, meglio: noi in famiglia non sbucciamo pressoché nulla, giusto le uova, ecco, ma il resto si tiene ben attaccata addosso la pellaccia, che fa tanto bene, è ricca di fibre, elementi nutritivi, vitamine e sa il diavolo. Dopodichè, se proprio ci tenete, provatevi voi a sbucciare un topino al burro. La cosa più bitorzoluta, irregolare, infida e subdola – scivola, si contorce, cade, fugge – che vi sia mai capitata tra le mani. Dunque il primo consiglio è il seguente: lavate accuratamente i topastri sotto lʼacqua corrente e con lʼausilio di una spazzolina. Punto e fine. Tanto poi li saltate, li stufate, li scottate, li infornate, li frullate, ma cosa volete mai che sopravviva?

In alternativa, allarmate da subito la neuro più vicina e apprestatevi allʼimpresa di pelare i tuberi. Sappiate che, al momento del crollo, i nostri pensieri saranno con voi. Dopo averli lavati (o sbucciati), affettate i topini in grossi pezzi anche irregolari.

Procedete dunque a saltarli in padella con poco olio per un quarto dʼora circa, soltanto per ammorbidirli un poʼ o, in alternativa, schiaffateli per 8 minuti supperggiù in pentola a pressione con cottura a vapore.
Nel frattempo, in unʼaltra padella, saltate per qualche minuto lo spicchio dʼaglio schiacciato in un paio di cucchiai dʼolio, recuperatelo (non attentate alla vita sociale dei vostri commensali come fa Larry di solito) e stufate lo scalogno tagliato sottile.

E qui, siccome abbiamo imparato dalla migliore e noi le ricette non le seguiamo passo passo, ma le stravolgiamo strada facendo, abbiamo operato la prima deviazione dal tracciato di gara: noi lʼaglio non ce lʼabbiamo messo affatto. Sono usciti saporitissimi ugualmente e ci siamo evitati di abbattere amici e parenti al nostro passaggio nel corso del pomeriggio. Poi fate voi.

Quando i nostri amici topini si saranno inteneriti (non cʼè nulla di meglio di un tenero topino, tipo Cenerentola per capirci), uniteli alla cipolla stufata, aggiustate di sale e pepe, schiaffateci un quintale e due di prezzemolo e remenate la cosa per altri 5 minuti a fuoco medio.

A questo punto via tutto dal fornello e passate la poltiglia in una capiente terrina. Noi la si preferisce di vetro, coccio o ceramica, ma anche qui, amate tanto la vostra plasticona verde acido?, e usatevi quella!

Aggiungete la panna e le tre uova intere, il grana se lo volete (seconda omissione, noi no, a noi il grana non ci piace, a noi il grana ci copre i gusti delle cose e quindi no, no e ancora no) e rendete il composto omogeneo, mescolando con convinzione.

A questo punto vi si pone di fronte una nuova, complicatissima scelta: opterete per la forchetta ed il vostro sacrosanto olio di gomito o per il meraviglioso, fantastico, innovativo, adorabile minipimer? Noi già sapete.

Frullate dunque il tutto, badando, consiglio spassionato, a non ottenere una purea perfettamente liscia e vellutata ma, al contrario, sbattendovene altamente dei pezzettoni di topino o di scalogno che si dovessero ostinare a rimanere intonsi. Torneranno utili più avanti.

Abbiamo scattato una bella foto per rendere lʼidea della consistenza del composto a fine procedura. Manca il lardo di colonnata, o il guanciale, a vostro gusto.

Noi, chiaramente, essendo seguaci di Larry, di norma se facciamo la pasta al pomodoro, in casa il pomodoro non lo abbiamo e anche in questa occasione mostratevi grati che il nostro frigo abbia fornito i topini e non spingetevi troppo oltre con le pretese.

La dadolata di speck ci sta che è una meraviglia, e la aggiungiamo proprio a questo punto perché non la vogliamo frullata. Chiaro no? Di nuovo remenate col mestolo e il risultato è qui sotto (o sopra, dipende da dove Larry mi caccia la foto).

A ‘sto punto, è pure inutile tirarla troppo per le lunghe: si accenda il forno a 150° (braaaavi, piccoli lettori della Larry, ma come vi ha cresciuti bene! Vi siete accorti che ce nʼeravamo scordati e che quindi ora tocca aspettare dieci minuti perché vada in temperatura. Ecco, voi che siete in gamba, accendete per tempo, più o meno dopo la pentola a pressione e prima della spadellata) e si infornino gli sformatini per una mezzʼora circa.





 

 

 

 

 

 

 



Noi abbiamo provato ad utilizzare sia i nostri nuovi pirottini antiaderenti che gli altrettanto nostri e altrettanto nuovi stampi in silicone a forma di margherita. Acquistati indovinate un poʼ dove, indovinate un poʼ con chi.
Solito trucco dello stuzzicadenti (il marito ha insistito per mostrarvi lʼinterno, a base dʼuovo, a temperatura superiore ai 90°, così state tutti tranquilli) per verificare la cottura.



Sia detto, a beneficio soprattutto di Larry, che gli stampi in silicone ci hanno restituito un risultato commovente (si faccia riferimento come sempre alla documentazione fotografica), mentre per lʼantiaderente si è resa necessaria una snervante attesa con pirottino a testa sotto. Poi vengon perfetti, per carità, ma io cʼho fame e voglio mangiare, non aspettare i comodi suoi – del pirottino – che deve raffreddarsi prima di mollare il mio pranzo.

Il piatto, per concludere in gloria, si accompagna egregiamente a radicchio di treviso grigliato o spadellato con un poʼ di worcester sauce (se continueremo a scrivere su questo blog, scoprirete che la adorata Lea Perrins è per noi come il prezzemolo per il celeberrimo detto): una rigolina se dovete fare i fighi e presentare lʼantipasto, in quantità un attimo più sensate se si tratta del contorno vero e proprio.

Come si conclude un guest post? Salutando gli altrui piccoli lettori e garantendo una seconda puntata entro lʼanno. Ben segnalata, state sereni, così avrete modo di dribblarla abilmente nel caso a voi dei topinambur – pardon! Dei topini al burro – ve ne fregasse una cippa o poco meno.
Sara

 

p.s. io e Larry AMIAMO i p.s., non potevo non mettere un p.s., ma Sara, è un post, non una lettera, non si mettono i p.s.! E vogliamo scommettere?! Allora, p.s. dicevo, i tocchetti non frullati dovevano tornare utili in seguito, ricordate? Ecco, provate a chiedere ai vostri dentini che trovano un pezzetto di topino saldo ma tenero in mezzo alla morbidosità dello sformatino, provate.

9 thoughts on “A cena coi topini – Sformatini di topinambur [1]

  1. Larry

    Sono buonissimi!
    Sanno veramente di carciofo, ma più delicato, tipo diluito con la patata.
    Li ho provati in una vellutata, ma non anticipo niente perché potrebbe essere la prossima ricetta della Sara.

    Io li compro dalla Cooperativa Nuova Terra (fanno coltura biologica, omeodinamica e per giunta furlana), hanno il banchetto in Ponterosso al mercoledì, venerdì e sabato mattina…
    Guai a te se solo provi a insidiarmi la mayorship!

  2. Larry

    Figurati quanto scossa ero io quando me le sono tutte ridimensionate e caricate su Picasa… ma ci tenevo a dimostrare apprezzamento per l’abbondante materiale fornito.

  3. Otti

    I topini sono lieti di farsi mangiare da voi, gliel’ho espressamente domandato (che poi le velleità animaliste passano appena guardi la prima foto… non è che son proprio bellini, vero…).

    Larry, le foto erano un’ampia scelta, io credo. Non che legga nella mente di questa scriteriata Sara, ma ecco, lo immagino.

  4. Pingback: Zuppa cremosa di Topinambur | LARRYCETTE

  5. Fabio Viapiana

    me gusta mucho esa receta … ok, il mio spagnolo è alquanto maccheronico, ma il senso si capiva! Posso fare il piantagrane? Lo faccio… “ma io che sono vegetariano?” Già, perchè tutti avrete un amico, un parente, un vicino che prima o poi vi potrebbe rivolgere questa obiezione. E allora? Forse che noi ci possiamo lascir scoraggiare da così poco? la mia proposta: evitiamo di aggiungere la dadolata di speck, sostituiamo con tocchetti di patata lessa. Poi per completare lo sformatino, nappiamo con una salsina al formaggio. Io userei Castelmagno e panna, ma potrebbe starci bene anche un gorgonzola dolce.

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