A cena con Brangelina – diretta differita di un giorno in cucina

Oggi voglio prendere un po’ di respiro dal turbine orientistico che sta travolgendo questo blog in questo mese di marzo e fare un esperimento. Ho davvero, come detto, il backend del blog pieno di bozze e so che devo ancora pubblicare le ricette delle cene marchigiana e abruzzo-molisana (“C’è già stata anche quella?” – diranno subito i miei piccoli lettori – “quanto cazzo sei indietro?” – “Eh, un po’…”), ma martedì sera abbiamo avuto ospite a cena una coppia di nuovi amici – Brad Pitt e Angelina Jolie, dopo vi spiego perché – e, mentre preparavo le varie portate, ho pensato di scrivere un post in diretta-differita, per mostrarvi, oltre alle ricette tout-court, la programmazione delle varie preparazioni.

Prima di procedere con la Cucina Casual (non sapete quanto, stavolta), vi ricordo che lunedì scadono
le iscrizioni per Malchina. Accorrete numerosi.

 

Per prima cosa…

… Ho deciso il menu.

Sembra una belinata, ma è la cosa più difficile.
I nostri amici, infatti, sono Brad Pitt e Angelina Jolie non solo perché sono giovani, carini, brillanti e bravi a recitare, ma soprattutto perché… sono vegetariani! Panico e angoscia. Ansia da prestazione. Terrore della banalità.
Chiamata isterica alla Regina della Bussola in cerca di conforto e suggerimenti bloccata alla composizione della quarta cifra del numero di telefono.
Respiro profondo.
Pesto is the answer.

Siamo appena tornati da Genova, dove avevo previdentemente preso trofie e pesto per quattro: il primo piatto c’è.
Di antipasto servirò una farinata, non è niente di elaborato, ma per i triestini è una cosa esotica, e poi – elaborata o no – è buona.
Per un po’ accarezzo l’idea di portare in tavola, come secondo piatto, dei ripieni vegetariani, facendo una specie di cena-fotocopia della cena regionale ligure, poi ho un lampo di genio e opto per qualcosa si stagionale: una quiche con gli asparagi; tanti asparagi.
Per dolce ho preso delle fragole e della panna da montare. Se ce la faccio, le fracco dentro a una torta al cioccolato, altrimenti saranno buone anche così!

 

Inizio a scrivere alla 13:30, quando la situazione è la seguente.

Ho fatto la spesa (grande Larry! Progressoni!) e pulito la cucina, tranne il pavimento, tanto mica cucino per terra.

La pastella della farinata sta riposando da tre ore e mezza.

Ho tirato fuori dal frigo un panetto di burro, altrimenti poi col cazzo che lo riesco a lavorare a crema, se decido di fare la torta.

UBO, la mia macchina del pane, sta preparando la pasta per la quiche: ho messo nel cestello 150 ml di acqua, un cucchiaino di sale, un pizzico di pepe, un cucchiaino di za’tar, circa un etto di burro a pezzetti e tre etti di farina integrale (tutto bio), e ho avviato il programma “8-Teig” (impasto). Dura 90 minuti, fra un’oretta sarà pronto.

Ho lavato e mondato gli asparagi e li ho messi a cuocere nella apposita pentola. Non li voglio troppo cotti, quindi ora mi alzo e li vado a scolare.

Dalla cucina provengono rumori simili a piccole detonazioni. Siccome non sto facendo pop-corn, suppongo siano i fagioli borlotti che mi sto lessando per pranzo che esplodono perché è finita l’acqua.
È un segno, devo tornare dopo (ho anche un certo appetito)!

 

Aggiornamento delle ore 14:00.

Per prima cosa ho mangiato i fagioli. Ora va meglio.

Poi ho scolato gli asparagi; sono più cotti di quel che volevo, ma non ne faremo un dramma.
Taglio le basi e le conservo in un piatto per farne una crema il giorno seguente, mentre metto le punte in una ciotola, dove le amalgamerò a uova e panna per fare il ripieno della quiche.

Mi sovviene che non ho dato a Brangelina l’indirizzo preciso di casa e mi precipito al computer per scrivere loro. Ovviamente prima aggiorno il post.

Poi mi sono distratta perché nella posta ho trovato il link a un articolo sul sito FISO che, come spesso accade, mi ha fatto rivoltare le budella. L’articolo, come vedrete, contiene i consueti – tutto sommato veniali – refusi, cui tutti gli orientisti sono ormai abituati e che, a mio avviso, a furia di comparire sugli organi ufficiali, sono i responsabili di un certo decadimento stilistico dei tesserati. Gli orientisti sanno che queste cose mi fanno incazzare come una faina e si divertono come bambini a mandarmele per dispetto.
Io ci ho fatto il callo e non accuso più di tanto il colpo, finché non arrivo alla didascalia sotto l’immagine:

Il correttore di bozze della FISO è Stevie Wonder, finalmente abbiamo le prove.
Certo, si fa riferimento a un evento di nicchia, organizzato da pochi anni, cui prendono parte solo pochi atleti locali, è normale non conoscerne la grafia corretta, e io sono una grammarnazi, sfigata di minchia, nostalgica del cazzo delle preposizioni articolate.

Alle 14:20, forse, se non mi imbatto in altre oscenità, scrivo ai nostri amici.
Intanto, la macchina del pane ha chiamato (era in azione da più tempo di quanto ricordassi… meglio!).

Aggiornamento delle ore 15:38

Ho comunicato le coordinate agli ospiti.

Ho tirato fuori l’impasto per la base della quiche dalla macchina del pane e ho scoperto di avere esagerato con il prelibato grasso, perché la palla gronda letteralmente burro.

La schiaffo a riposare in frigo e, intanto, cuocio altri asparagi.

Inverto l’ordine delle cotture e preparo la torta dolce.
Uso la ricetta dei muppet di Lipica. Quando pubblicherò altri post sulla Lipica Open, saprete di cosa parlo (intanto, tremate pure).

Siccome ho uno sbattitore solo e non ho voglia di lavare le fruste, prima sbatto la panna che mi servirà per la quiche. Non voglio montarla, voglio darle giusto un minimo di struttura, affinché il ripieno non allaghi lo stampo. Sbatto circa mezzo taretto e rimetto in frigo l’avanzo, senza berlo direttamente dal cartone. Un applauso alla mia forza di volontà.

Scolo gli asparagi, che nel frattempo sono pronti.
Decido che mi conviene fare ora la zuppa: ributto le le basi nell’acqua di cottura, aggiungo sale e brodo essiccato e imbelino tutto sul fuoco, disinteressandomene da qui in poi.

Accendo il forno e attacco a fare la torta.

Con le fruste ancora grondanti panna, lavoro il burro a crema, incorporo due etti di zucchero (metà dulcita e metà mascobado, perché mi andava così) anziché tre, se no viene troppo dolce, mezzo pacchetto di cacao, l’equivalente a occhio di farina di cocco e un pizzico di sale. Aggiungo le quattro uova a mano a mano, così non schizza (non che non abbia fatto uno scagazz, finora).
La ciotola che uso è scomodissima per questo lavoro, ma tutte le altre sono impegnate in giro per la cucina.

Aggiungo tre etti di farina e il lievito istantaneo, dispongo il tutto nello stampo “precedentemente imburrato” e inforno.



In cuor mio so che devo andare a pulire il cesso, ma vengo ad aggiornare il blog.
Il senso di colpa mi tormenta, mi alzo con la scusa di lavare le fragole, sperando che nasca nel mio cuoricino la voglia di pulire il cesso nel tragitto fra il computer e la cucina.

Non nasce, ma alle 16:05 faccio una capatina su GooglePlus e trovo il video aziendale della TauRo, l’azienda che produce il mio adorato essiccatore Biosec.
Non potete non guardarlo anche voi.

Aggiornamento delle ore 16:48

Ne ho combinate di tutti i colori.
Ho disposto l’impasto della quiche in una teglia, ho visto che era troppo grande e l’ho messo in una più piccola. È venuta una specie di pizza, credo che dirò che è una ricetta di mia invenzione, sono solo indecisa se chiamarla piche o quizza.

Ho preparato la farcitura della quizza/piche, ho messo a lavare le fragole e a un certo punto ho sfornato la torta.
Sospetto sia un po’ troppo cotta, ma non sarà un dramma.

Coordinata come mai nella vita, ho infornato la base della piche/quizza.

Ho messo in UBO gli ingredienti per una focaccia di farro con le cipolle: acqua (150ml), sale (un cucc.no), olio (un po’), farina integrale di farro biologico (300 gr), lievito secco istantaneo (3 cucc.ni) e l’ho azionato.

 

Aggiornamento delle ore 18:04

Ho preparato la farcitura della quizza/piche unendo la panna a due uova sbattute leggermente e salate, incorporando delicatamente gli asparagi già cotti. 

Ho farcito la quizza/piche – disponendo sottili fette di mozzarella sul fondo – e l’ho infornata per ultimarne la cottura.

Ho affettato le fragole e le ho lasciate riposare con lo zucchero, affinché facessero il sughino.

Sono andata a pulire il cesso, così se Brangelina vogliono lavarsi le mani, non prendono una malattia [il soggetto apparentemente singolare con il verbo plurale è voluto, prima che iniziate a lapidarmi].

L’ho pulito talmente bene che è anche andata via dal bordo del WC la patacca di cera depilatoria che ci avevo fatto l’ultima volta che mi sono fatta la ceretta, e non ho strappato bene dal retro della coscia destra, ma non me ne sono accorta perché ho girato per casa in mutande per due ore e così, quando sono andata in bagno e mi sono, poi, alzata con disinvoltura dalla tazza (che io cavalco “a pelo”, perché la tavoletta è una cosa da borghesi), ho lasciato sulla ceramica uno strato di cera, uno di pelle, e mi sono procurata un vistoso ematoma sulla coscia che faceva pendent con la vena varicosa sull’altra gamba [che sexy!].

Poi mi sono lavata bene le mani.

 

Aggiornamento delle 19:35

Ho dovuto cucinare nel frattempo e non ho potuto cazzeggiare sul blog.

Sono sazia a furia di leccare pale sporche di panna e impasti di torta crudi.

Ho steso l’impasto della focaccia di farro e l’ho guarnito con cipolle bionde (per la dolcezza e il sapore) e rosse (per l’aroma e la consistenza), fatte stufare nel burro mentre l’impasto sviluppava la seconda lievitazione in teglia.

Ho sformato e tagliato latitudinalmente (se si può dire “longitudinalmente”, allora si può dire anche “latitudinalmente”) in due la torta al cioccolato, che nel frattempo s’era raffreddata a sufficienza, ho bagnato il fondo con il sughino delle fragole e ho disposto su di esso le fettine del goloso frutto.

Ho montato la panna senza zucchero molto più a lungo di come mi piaccia, perché mi serviva una consistenza molto soda, e sono nemica del pannafix; l’ho spalmata sulle fragole, ho constatato che viene un macello perché si finisce con il trascinarsi le fragole nella panna e ho cambiato strategia, spiaccicando la panna con la spatola.

Ho aggiunto fragole, ho coperto con la calotta superiore della torta, ho trasferito la torta nel Cupolone con l’ausilio di due coltelli grandi e ho imbelinato tutto nel frigo, previo svuotamento, perché sconfitta dalla legge di impenetrabilità dei corpi.

 

Nell’immagine si nota una bottiglia di acqua minerale; è gassata, l’ho comprata perché non sapevo che acqua preferissero i nostri amici, ma poi mi sono dimenticata di averla e ho messo in tavola la solita acqua del bronzino.

 

Ho rassettato la cucina alla bell’e meglio.
Il pavimento fa paura, ma non ci dobbiamo mica mangiare.

Sono le 19:53, fra sette minuti arrivano i nostri amici e credo di avere schizzi di panna fino ai capelli.

Sono corsa a riaccendere il forno per cuocere la farinata.
Ora mi metto un maglione decente, smonto la cofana che ho in testa e preparo la teglia della farinata, così, appena suonano al citofono, la inforno.

Per la prima volta in vita mia, sarò pronta all’arrivo degli ospiti.

 

Aggiornamento della mattina dopo

Brad e Angelina hanno trovato subito posteggio e sono saliti, recando in dono un bellissimo giacinto profumato, cinque minuti prima. Hanno fatto benissimo, perché ciò mi ha consentito di farmi trovare con la pinza in testa, tracce di cioccolato sul viso e sugli occhiali e svariate pilacchere sulla felpa.

Naturalmente, il forno non aveva ancora raggiunto la temperatura necessaria, quindi i nostri ospiti hanno dovuto attendere.

Fortuna che pesto e trofiette provenivano dal premiato pastificio Danielli di via Galata, apprezzato fino nei lembi più estremi della Lombardia, perché il resto delle pietanze servite era un disastro.

La farinata era molliccia, perché ho avuto fretta di sfornarla;

La pasta della quizza (abbiamo deciso di chiamarla quizza, perché piche suona [piʃ] e non è molto invitante) era troppa e pesante.

La torta dolce era secca ed è pure stato un casino tagliarla.

I nostri ospiti sono stati dei martiri e hanno fatto onore a tutto, ma chissà a che prezzo.

La mattina seguente, tra il suono della sveglia e il momento in cui effettivamente mi sono alzata, mi sono nuovamente assopita (non è una novità) e ho sognato che uscivo dalla stanza e trovavo Lalessiolaltro in mutande in soggiorno, che si cambiava in mezzo a una distesa di cartine e bussole Orisuper.

Con rispetto (e invidia) parlando per l’esiguo culo de Lalessio, il divano coperto di cartine è una vista che non riesco a sopportare: da oggi si mangia in bianco.

10 thoughts on “A cena con Brangelina – diretta differita di un giorno in cucina

  1. the speaker

    Stava per iniziare sul tram n. 15 il giocogiocone “indoviniamo le cartine”. Poi ho pensato “non ho visto quel divano a casa di Larry! … e perché poi tutte quelle carte sembrano provenire da oltreTimavo?”
    Ho capito tutto e sono tornato ad occuparmi delle telefonate private a volume concerto rock degli altri occupanti del vano di coda.

  2. The Speaker

    Abbiamo alcune registrazioni in archivio:
    “Non farò mai la Lipica Open!”
    “Non salirò mai sul podio alla Lipica Open!”
    Aggiungiamo quest’ultima affermazione, agente segreto CP!

  3. Larry Post author

    Guarda che intendevo sia che il mio divano non sarà mai ridotto così, sia, soprattutto, che tu non lo vedrai né così né in altre condizioni, perché non metterai mai e poi mai più piede qua dentro, serpe in seno!
    … anzi: scherpe in scheno!

  4. Lembi estremi della Lombardia

    Che understatement, avrei messo la medaglia fin come decorazione della torta.

  5. Pillow

    a parte che è definitivo, ti adoro, e sei una endovenosa di cose belle e bella scrittura in questo marcio mondo allo sbando pieno di gentina con la penna in mano…. ma mi dici CHI O COSA ha scattato la foto quella con l’assemblaggio finale della torta, ove mostri ENTRAMBE LE SUDICISSIME MANI??
    ed anche… ma uno stampo rotondo, plebeo, scontato, anche usa e getta, se vuoi, però più pratico di dart fener??

  6. Larry Post author

    Ogni tanto trovo dei complici per le mie malefatte, in questo caso il povero Zzi, che siccome con me deve vivere, tende ad accondiscendere alle mie più turpi richieste in nome del quieto vivere.
    Sia messo a verbale, però, che io volevo fare una spiritosissima foto per il G.U.D., nella quale mostrare che indosso la medaglia di Lipica anche nei momenti di intimità coniugale, ma lui si è opposto a farsi immortalare in certe situazioni.

    Quello stampo è solo l’ultimo della mia collezione di utensili da cucina dal titolo “Forme impossibili”, ed è anche uno dei meno insidiosi. Le vette sono toccate dalla tortiera in silicone a forma di Duffy Duck – dalla quale il pezzo più grosso di torta che può uscire è du 4 x 4 cm – e il taglia biscotti a forma di Fernsehturm, che è facile da usare (ho rinunciato alla Porta di Brandeburgo perché i cavallini sulla sommità mi parevano insidiosi), ma fa sì che sforni solo impresentabili simboli fallici.

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