A Magic in the Night [Padova, 31 maggio 2013 – WB tour 2013]

Scrivo soprattutto per rassicurare i miei Piccoli Lettori: sono viva e sto bene.
Il fine settimana appena trascorso è stato estremamente impegnativo dal punto di vista fisico ed emotivo, ho buttato sul tavolo tutta la mia preparazione atletica e psicologica e mi sono giocata tutto in un colpo solo.
E ho retto. È stata durissima: ho incassato da più parti, ma ho retto.

Certo, ho caviglie come zampogne e vene varicose che mi incorniciano le tibie come un tatuaggio tribale, la schiena spezzata, la piaga nel piede manco ve lo dico e il mio collo di cigno torto come quello di una gallina da brodo, ma è un piccolo prezzo per quello che ho avuto in cambio.

Sono sopravvissuta all’esecuzione live di tutto Born to Run, una cosa che neanche nei miei sogni erotici più sfrenati sarei mai riuscita a concepire. Più spinto di tutto Born to Run c’è solo tutto Greetings (o tutto The Wild, li amo indifferentemente a seconda della fase del ciclo in cui verso); a tutto il primo volume di Tracks non riesco neanche a pensare, che mi vengono le vampate.

A Magic in the Night [Padova, 31 maggio 2013 – Wrecking Ball tour 2013]

Il primo colpo lo incasso alle sei del mattino, quando arriviamo allo stadio Euganeo nella bruma antelucana e troviamo una folla molto nutrita già in coda per avere il braccialetto.
Nel frattempo abbiamo saputo che i braccialetti disponibili sarebbero stati 2000, quindi ci uniamo al gruppo speranzosi di rientrare fra i fortunati che parteciperanno all’estrazione.

Il secondo colpo lo incasso circa sei ore dopo, quando all’estrazione partecipo, ma perdo.
Ho già perso prima d’ora, in trentatré anni ho perso un sacco di volte.
Ho perso talmente tante volte che non me ne frega mai niente di vincere o perdere: la norma è perdere, se vinco è per sbaglio, o è provvisorio, o non è divertente perché non so come comportarmi.
Oggi perdere fa un male cane, perché avrei voluto vincere.
E perché ho perso – tutti abbiamo perso, ad essere precisi – per colpa mia.

Come si faccia ad aver colpa di aver perso in un’estrazione a sorte è presto detto.
È bastato farsi prendere dall’ansia che non ci fossero abbastanza biglietti e dalla mania inglese per l’ordine e il rispetto del turno. Così, dopo la ventesima persona che, in fila, superava il Brioso Ballerino con la facilità con cui si supera la difesa del Genoa, ho fatto al nostro special guest una scenata isterica a seguito della quale ha messo su un catenaccio dal quale non è più passato uno spillo.
Siamo stati, di conseguenza, i millesimi a ricevere il braccialetto.
È stato estratto il numero 1202.
Solo duecento persone sarebbero entrate dopo di noi.
Se non mi fossi fatta prendere dall’angoscia e avessi ordinato la rustichella in autogrill, se avessi lasciato che il Brioso Ballerino si facesse superare da cani e porci, probabilmente saremmo entrati per primi, e i cani e i porci per ultimi, come meritano.

Esterrefatta, non apro bocca per diversi minuti, poi la vista di The River 69 (quello di Barcellona 2008, sì, ci perseguita a tutti i concerti) e del suo braccialetto numero 1300 mi riscuote dall’afasia e lo copro di insulti e percosse.
Per fortuna, incontro anche degli amici: Otti e Aroux, certamente, e Nimi, e il mio ex scrittore-preferito Gianluca (Morozzi – spodestato da una manciata di ore dall’uscita della più grande opera letteraria dopo la Bibbia), e il mio gemello in pectore, che stava con me nell’header del vecchio blog e che vedete nelle foto, nonché strepitoso grafico dell’Agenda di Rumenta, e il mio adorato Carletto, che fosse per me mi terrei in braccio tutto il concerto, ma che è arrivato troppo tardi per il pit.

Il pit. Finalmente ragiono e rammento che almeno siamo nel pit. Quando ho cominciato ad andare ai concerti di Bruce il pit non esisteva neanche, e appena cinque anni fa, a Milano, siamo rimasti fuori da un pit vuoto. Cerchiamo di restare ancorati alla realtà e di renderci conto del privilegio che abbiamo, eh Larry?

Riesco a vedere da lontano anche Cristiano, il nostro Piccolo Lettore portafortuna, che si confermerà un potente talismano qualche ora più tardi e che sto seriamente pensando di mettere in valigia.

Cerco di ingannare l’attesa mandando messaggini promozionali agli orientisti, ma il mio cellulare è scarico da due ore e non collabora, producendo un testo criptico al limite del delirio; meno male che di lavoro faccio l’edicolante, non potrei mai guadagnarmi da vivere facendo l’editor. Anche la mia fulgida carriera di campionessa di Ruzzle è stroncata da una batteria scadente, né ho la possibilità di cazzeggiare su twitter: non mi resta che tormentare Zzi.

Quando entriamo noi, anche se ci sono ancora persone con il braccialetto numerato, l’ingresso non avviene in ordine di numero e probabilmente entriamo prima di altri che hanno diritto a farlo prima di noi, ma considerando che accanto a noi ci sono persone senza braccialetto e che attorno al cancello siamo rimasti davvero in pochi, sono senz’altro di più quelli che dovevano entrare dopo di noi e sono già dentro, e anche se ci fosse ancora qualcuno che deve ancora entrare, il numero è talmente esiguo che l’ordine verrebbe annullato una volta dentro. Lo stesso sento che non sto facendo una cosa corretta, ma sento anche che se mi fermo e cerco di entrare quando tocca a me, non dimostro un cazzo e ottengo solo di far entrare più tardi Zzi.
Il terzo colpo me lo dà l’organizzazione, funzionando male, ma quello che fa più male è il quarto, quello che mi do da sola constatando che sono come tutti gli altri.

[Questa foto è di Lef_IV, pubblica su Twitter la foto del pubblico di ogni data]

La parte centrale del pit è colma, ma di lato troviamo posto in quarta fila. Comodamente seduto con la schiena appoggiata alla transenna sotto il palchetto laterale c’è The River 69. Faccio finta di non conoscerlo.
Il pubblico si alza troppo presto – perché fondamentalmente con il sistema del sorteggio si ottiene soprattutto di riempire il pit di fan di Vasco che “ci provano” e cui butta bene – e cercando di non perdere terreno ci rimescoliamo un po’. Davanti ho le stesse persone, ma dietro di me c’è una donna che avevo di lato, e non so dove nascondermi per la vergogna.

Alle cinque, Bruce arriva nello stadio e fa un breve pre-show acustico, suonando The Promised Land  e Growin’up; non sentito e spontaneo come quello di Helsinki, piuttosto un contentino perché è palese che ce lo aspettiamo, ma comunque assai gradito.
Mi dispiace da morire per la ragazzina con le lentiggini che era seduta dietro di me, e che dovrebbe essere appena riuscita a raggiungere il cesso, in questo momento. Certo che anche lei, mangiare e bere il giorno del concerto…

Da questo momento in poi, di sedersi come si deve non se ne parla più, ma l’attesa passa veloce perché davanti a noi ci sono una giovane coppia romagnola e un sedicente ferroviere delle loro parti trapiantato a Como, ma si capisce che in realtà fa il cabarettista.
Egli ha anche la tipica formazione dell’uomo di spettacolo, infatti, oltre alla battuta pronta e al tempo comico da Saturday Night Live, è anche un abile prestigiatore, infatti ogni tanto tira fuori dal nulla una tigella spiaccicata, che sbocconcella con le mani e fa sparire in tre bocconi senza fare una briciola. Io l’ho osservato a lungo per svelare il trucco, ma non mi è riuscito di capirlo.

I giovani romagnoli si compongono di una dottoressa in legge e un triatleta, o qualcosa del genere, insomma, un supereroe che corre a quattro e venti, fa centoquaranta chilometri di bici con millesettecento metri di dislivello, e che si informa in modo sospetto sulle dinamiche di una gara di orienteering. Io sulle prime ci casco e inizio a parlare con il falso entusiasmo che uso in presenza di Zzi per fargli piacere, poi vengo redarguita dalla dolce metà e, con rara intuizione, passo a decantare l’alta qualità delle terme della Slovenia.

Morozzi dice che che quello che succede a un concerto di Springsteen non si racconta, perché sarebbe come mostrare quello che avviene in camera da letto.
Lo diceva dieci anni fa, prima che i social network sfamassero i milioni di voyeur che ogni sera seguono la scaletta in tempo reale su twitter e che a distanza di poche ore possono vedere i primi spezzoni di video su youtube.

Io non ve lo racconto solo perché penso che sia crudele nei confronti di chi non c’era e voleva esserci, e che a quelli che non c’erano perché non volevano esserci faccia l’effetto della menata lanterna per lanterna.

Non ha preso la mia richiesta, in caso ve lo steste domandando, ma non ci patisco, tanto quando la prende la butta via.
Ha suonato tutto Born to Run, che resta, per me, il suo album più bello.
È totalmente composto di canzoni che mi piacciono da “tantissimo” a “da morire” e, sebbene io sia del tutto incapace di stabilire definitivamente quale sia la mia canzone preferita (c’è sempre qualcosa di precedente al 1975 che mi fa venire il dubbio), questo disco contiene le due che più spesso ho indicato come tale, e una terza che sovente le ha messe in discussione.

Quando, dopo Spirit, ha annunciato che avrebbe suonato un album intero, abbiamo tutti capito che non avrebbe potuto essere Darkness, dato che aveva già suonato Something in the night, e in ballottaggio erano rimasti Born to Run e Born in the U.S.A.
Pensavo che avrebbe tenuto il secondo in serbo per Milano, dove suonò per la prima volta proprio durante il tour di quel disco, ma pensavo anche che non avrebbe suonato un disco intero a Padova, quindi tutto era possibile e, visto come stava andando la giornata, avrebbe pure potuto decidere di suonare tutto Workin’ on a dream e farci morire.

Invece dice che stasera suoneranno tutto Born… – e nella frazione di secondo che separa la parola dalla successiva, capisco cosa provano quelli che hanno imbroccato dodici risultati sulla schedina e aspettano di conoscere l’ultimo.
Se dice “to” è fatta, se dice “in” è la fine.
Quanto cazzo ci mette a dirlo?
Bruce, Cristo, ti sei incantato? Ti pare il momento di farti venire un ictus? O stai cercando di farlo venire a me?

Bruce, vaffanculo, Born cosa?

Tredici.

12 thoughts on “A Magic in the Night [Padova, 31 maggio 2013 – WB tour 2013]

  1. otti

    Livio says: “forse un po’ scazzata nel preshow C’ERA lei, che non ha neanche sentito che canzoni ha fatto” XD

    Love And greetings ;)

  2. Larry

    ‘cidenti, è vero, ha fatto No surrender.
    Me lo avevano già fatto notare i lettori di Zzi, ma io mi sono guardata bene dal correggere per tempo, per sincerarmi di fare brutta figura in stereo.

    Greetings.
    Se stasera fa Greetings o The Wild senza di me, io… io… lo lascio!

    Ma avete notato anche voi che trippino che ha messo su?

  3. Otti

    ma insomma, Larry! Che diavolo di Born era?! Ce lo vuoi dire o pensi di lasciarci qui semi infartuati tutti per altri dieci giorni?! :P

    p.s. comunque complimenti per la sagace inversione post-commento. Per la serie trova l’errore, solo per livelli avanzati

  4. Larry

    Sei padrona di non credermi, ma ha corretto Zzi e io non me ne sono accorta, quindi, non avendo idea di quello che sia successo l’altro venerdì perché ero evidentemente in trance, ho commentato sulla base del testo che credevo di aver prodotto io, ma che invece era opera del mio correttore di bozze, e mi sono fatta la gabola da sola.

    E comunque no, non mi ricordo mai un cazzo di quello che sento ai concerti, lo scopro dopo, quando ne parlo con la gente e leggo le scalette, allora produco i ricordi. È tipo esperienza extracorporea, puttanate del genere…

  5. Crist(alismano)iano

    …non riuscirei ad entrare neppure in una Roncato SuperMegaKingSize (di prossima progettazione..), ma potrei sempre commercializzare personali feticci da portare ai concerti per farvi ottenere setlist su misura…
    Vuoi mai che ho scovato il business della svolta!?!?….chi volesse assicurarsi il FETLIST (ha già un nome..) in pre-sale, a un prezzo di favore, è pregato di scrivermi una mail alla quale sarò lieto di rispondere fornendo il mio Iban. Diversamente (per il solo pubblico femminile) saranno previsti metodi di pagamento alternativi…

    Seguiranno le spedizioni del magnifico FETLIST.

    ….

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