Allora, io vado, eh?

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… dovevate fermarmi finché eravate in tempo, ma non fatevene una colpa: non ci sareste riusciti.

D-Day è arrivato, io ho ascoltato tutti i consigli del mio coach, ho tagliato in anticipo le unghie dei piedi, ho fatto la ceretta così, in caso io finisca in ospedale, non faccio brutta figura, ho caricato l’ipod, ho incollato il cinturino del Garmin, ho comprato e denocciolato i datteri, ho bandito lieviti e latticini dalla mia dieta per una settimana, sono andata a cena con Frecciargento meno di 48 prima e ho coerentemente bevuto vino, ho ricevuto l’ultimo saluto della Regina della Bussola e del Principe Consorte, ho dato un sedatavo al mio coach e mi sono risolta di equipaggiarmi così:

 

– scarpe da asfalto: Asics Nimbus 13.

Vi faccio notare che oggigiorno è in vendita su Amazon il modello 15, il che la dice lunga sull’età delle mie scarpe.
Probabilmente si sono fottute l’ammortizzazione duecento chilometri fa, o duecento gradini veneziani fa, e sulla flessibilità della mescola della suola non possiamo di certo più contare, ma sono le mie prime scarpe da corsa, si sono fatte tutti i centri storici, dalla promozionale di Muggia alla più epica Venezia, si sono sciroppate tutte le corse in città, si sono alzate alle cinque del mattino per straccionare sull’asfalto, sono capaci di fare su e giù da Barcola da sole, tante sono le volte che l’hanno già fatto: non potevo non portarle alla maratona, non me lo avrebbero mai perdonato.

 

– braghetta fu-tecnica: Nike modello Boh?.

Sono le solite braghe che metto nei centri storici, quelle che calano e mi costringono a correre come una che sta scappando da un cesso in fiamme, come ho già avuto modo di dire in occasione dell’ultimo MOV.
Sono esauste, lo scorso anno le ho rimpiazzate con un altro paio, ma non ho ancora avuto occasione di buttarle via… e ho fatto bene, perché ora tornano proprio utili: elastiche il necessario, ma soffici come cotone per via della vetustà…
… Non è vero un cazzo, le tengo e continuo a metterle perché hanno i bordini arancioni.

 

– calzettone: dubbio dilaniante

Mentre scrivo non ho ancora deciso se mettere il talismanico calzettone di Gonzo, che non è tecnico un cazzo, ma è di cotone, è morbido e mi conforta tanto; lo sportivo calzettone di cotone biologico, con la spugna solo sotto la pianta del piede, per tenere il piede asciutto senza scaldarlo, che è una figata pazzesca, ma che è diventato un po’ rigido dopo tanti lavaggi e per giunta è un po’ corto; il formidabile calzino di bambù, che tiene il piede asciutto, fresco, che è sottile, della lunghezza giusta, ma che è sparito nel paradiso dei calzini e sono sei mesi che non si fa vedere nel cassetto, né sul fondo della cesta del bucato da fare, né incastrato nel cestello della lavatrice… insomma, non c’è, e dubito riuscirò a trovarlo nelle poche ore che mi restano.

 

– logoro cappellino Larry

Sempre quello. Fa un po’ schifo a vedersi, ma uno ne ho e uno mi metto.
Mi ha salvato la vita alla mezza di Aquileia due settimane fa e non ne farò certo a meno: se sto sei ore sotto il sole crepo (già me la sono vista brutta a Lipica).
Se dovesse piovere non dovrebbe darmi fastidio.

 

– marsupio con l’indispensabile

Una maratona non è un trekking, non ci si va con il bagaglio, lo so perfino io. Si sta il più possibile leggeri, tanto bisogna solo correre, bere e mangiare, se ci si riesce; tu pensi a correre, il resto te lo dà l’organizzazione.
Peccato che io non veda una mazza, mi caschino gli occhiali dalla faccia al minimo accenno di sudore perché ho lo Stukas del Caneva al posto del naso e non sia del tutto certa di tollerare le lenti a contatto per sei ore.
Inoltre, la novità delle ultime 48 ore è che il sensualissimo neo sul collo che ho sempre avuto a solo scopo decorativo, giovedì ha pensato bene di infiammarsi senza motivo, facendomi – ovviamente – diagnosticare il peggio. Ho deciso di passare alcune ore delle poche che mi sono data di vita rimanente dal medico, il quale ha ridimensionato di molto la mia diagnosi e mi ha dato una terapia di una settimana (quindi almeno una settimana di vita ce l’ho, alè!), che prevede l’applicazione di un cerotto.
Sono andata in farmacia a comprare i cerotti, mi hanno fatto del terrorismo e ho preso appuntamento con il dermatologo per lunedì, ma nel frattempo non un raggio di sole colpirà il mio neo.

Quindi – checché ne dica il mio coach – farò la maratona con un marsupio contenente gli occhiali (senza custodia), un cerotto di ricambio, un fazzoletto, la chiave della macchina senza portachiavi, i datteri opportunamente snocciolati (perché capace che se no mi soffoco) e le bustine di carboidrati.

 

– bustine di carboidrati

Che vergogna.
Cielo, che vergogna.
Quelle robe da atleti fighissimi che devono fare il risultato e quindi mangiano cose disgustose come una lumaca sudata, ma che forniscono al momento giusto l’energia necessaria per una prestazione ottimale.
Sono ridicola.
“Non riuscirò neanche a finire 20 chilometri, dove cazzo vado col carbogel?” ho domandato a quelli che me lo suggerivano con il tono di quella che – anche se ha avuto l’idea di fare la maratona – sembra essere l’unica rimasta lucida.
Poi mi è stato spiegato che potrei essere talmente stanca da non riuscire a digerire normalmente gli alimenti (qua ho fatto la faccia da “Ehi, non conosci il mio stomaco, guardami il culo, come puoi dubitare di lui?”) e stare poco bene alla prima banana.
La prospettiva di trascorrere sei ore senza mangiare neanche una banana mi ha un po’ spaventato, ma ancor più mi ha spaventato l’idea di avere un altro motivo per stare male: già mi starò rompendo i coglioni perché saremo sempre sotto i venti chilometri, già sarò incazzata nera perché sarò fuori tempo massimo, già mi faranno male le cosce, già mi si lacereranno le caviglie, già mi si brucerà il coppino, già mi si indolenziranno le braccia… e ci manca solo che mi venga mal di stomaco se mangio!
Prendiamo ‘ste cazzo di bustine ed esponiamoci al ridicolo, tanto non è che fin qua ne stavamo uscendo dignitosamente.

Per il pre e post corsa, invece, mi porto le mie buonissime barrette fatte in casa col Biosec, se smetto di sgranocchiarle e me ne lascio un po’.

– reggiseno da prostituta di Durazzo

La caratteristica dei reggiseni delle prostitute di Durazzo è di essere in condizioni particolarmente indecorose, vista la turbolenta esistenza che conducono.
Anche io ne possiedo uno, ridotto così da qualche anno di lavatrice e un insospettabile dinamismo in selezionati frangenti.
Se finisco all’ospedale, faccio una figura di merda e vanifico l’accortezza di essermi depilata, ma forse così non mi verranno le vesciche.
L’unica cosa peggiore delle vesciche sui piedi sono le vesciche sulle tette, non c’è indumento che non indosserei pur di evitarle.

– maglietta per dire al mondo che sono abbastanza scema da partecipare a una maratona, ma non così scema da non sapere di essere scema:

Se vi piace, qui potete scaricare il file per stamparvela in casa o nella copisteria di fiducia:

Scarica “maglietta maratona”

È solo una scritta, niente che non possiate farvi anche da soli, ma se vi va di girare con la maglietta uguale-uguale alla mia, potete farlo (ma dovete essere corridori molto scarsi per meritarla), e questo file è già impostato per stare su due fogli A4.

“Ma come” – diranno subito i miei Piccoli Lettori che hanno cliccato sul link per scaricare il file – “non bisogna iscriversi a questo e a tutti gli altri tuoi blog per scaricarla? Non bisogna lasciare l’e-mail, il numero di telefono, la data di nascita e il codice fiscale per sbloccare il download?”

Stavolta no.
Solitamente offro il materiale in omaggio a chi si iscrive, perché sono un’egocentrica con manie di protagonismo, bramosa di nuovi lettori, che miro a invogliare a iscriversi offrendo un minimo di vantaggi.
Invece, in questo caso, chiunque può scaricare il file, e se non tornerà a leggermi mai più, pazienza… tanto io oggi muoio, non credo che potrò mai tornare su queste pagine a scrivere alcunché.
Altre considerazioni sull’ultima belinata di Larry sono nell’apposita sezione.

 

8 thoughts on “Allora, io vado, eh?

  1. The Speaker

    Trecentoventottominuti di applausi !
    (ovvero: il mio stesso tempo alla mia prima O-Marathon)

  2. Pillow

    allora. AMO quella maglietta del suicidio, ti prego, procuramela o insegnami come se avessi 5 anni a procurarmela!
    AMO il reggiseno da battona di Durazzo, chi non ne ha uno (ma anche 4) nel cassetto?
    AMO soprattutto il fatto che senza saperlo mi hai suggerito un paio di scarpe da asfalto che non mi riducano una merda come sono oggi (per 3 miseri chilometri sabato sera, dopo 6 giorni di lavoro, tutta fiera, in pineta… prenderei il veleno per farmi passare l’acido lattico: se hai idee, ti scongiuro, attendo mail infermieristica)

  3. Larry Post author

    Completata, sopravvissuta, delusa, ma non sufficientemente abbattuta.

    Massimo, non è proprio il caso di istigarmi a fare certe cose!

    Maggiori ragguagli seguiranno (ma so che non avevate dubbi), spero già in giornata… xé che son un poco ciapàda, se no g’avessi zà scrito… perché el problema no xé che no so cosse scriver, savè?

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