Bar Ferrari, via san Nicolò [saga del vodka russian, episodio II]

Prosegue la serie “Chi bisogna scoparsi…” –
Okay, lo so, fa ridere una volta, dopo è volgare e fuori luogo
Oltretutto questo è un bar a conduzione storicamente femminile, quindi sarebbe fuori luogo [o entusiasmante, dipende dai punti di vista].
Vediamo come è andata quando siamo andati al…

Bar Ferrari, via san Nicolò, Trieste.
Si tratta di un locale molto gettonato dai trentenni-di-successo della città e dai supergiovani; come al solito noi c’entriamo come il due di briscola, e ordinare un vodka russian non aiuta a mescolarsi con gli indigeni.
La cameriera è una ragazza che non ho mai visto, ma non significa nulla: c’è molto ricambio di personale qui. Non voglio pensare che le dipendenti siano scontente, voglio credere invece che vengano sostituite spesso alla ricerca di uno standard qualitativo elevato; il risultato è che le ragazze se ne vanno prima di diventare capaci e lo standard è livellato da un pezzo, ma il locale è sempre pieno, significa che la clientela è soddisfatta così e la gestione è efficace. Tanto, cazzo gliene frega a un agente immobiliare abbronzato se una studentessa perde il lavoro? L’importante è che il bancone sia sempre strabordante di stuzzichini, così può risparmiare sulla cena [e investire in lampade]!

La giovane torna scusandosi e dicendo che non c’è la panna.
Non ho chiesto un white russian – chiarisco –  non ci va la panna nel vodka russian.
La giovane – sempre più frustrata – arriva con un bicchiere di roba nera che potrebbe essere un black russian. In un’altra situazione me lo sarei fatta anche andare bene chiudendo l’interrogazione con un 4 e mandando a posto l’alunno [odio quelli che cercano di coglionare l’insegnante sparando risposte a caso: dimmi che non hai studiato e non perdiamo tempo!], ma alle sei di un pomeriggio di luglio sarebbe troppo pure per me.
Domando ingenua cosa sia.
La giovane – e inesperta – postula che ci sia della coca cola dentro. Grazie a Dio, l’irriconoscibile mistura non puzza di coca cola, è evidente, e io mi interrogo sui criteri di assunzione del Ferrari.
Mi ricordo che quando ho consegnato il curriculum non sono mai stata richiamata e capisco che è l’aspetto. Va bene, io sono sempre stata favorevole alla gnocca tra i tavoli e sempre lo sarò, ma se non ne troviamo di consapevole [non pretendo competente, basta consapevole] almeno ammaestriamola!
Mi sincero che la giovane abbia scritto proprio “vodka russian” sulla comanda. Lei subito ci resta un po’ male, poi capisce che sto per piantare un casino e che mi premeva che avesse il – minuscolo – culo parato e fa il tifo per me.

Provo ad aprirmi un varco al bancone tra la Trieste che conta e al solo prezzo di due gomitate nell’intestino da parte di un agente assicurativo [è un nanetto] riesco a interagire con la ragazza alla cassa.
Ci resto un po’ male quando scopro che il cocktail è stato preparato da una dipendente, ma francamente non credo che arrivino al punto di addebitare alle ragazze le consumazioni perse, tutt’al più la sgrideranno, ma sono sicura che sopravviverà; magari un domani si informa, prima di versare liquidi a caso in bicchieri a caso.
Cerco di essere il più garbata possibile, ma non lo sono abbastanza perché facendo presente che avrei voluto un vodka russian mi sento rispondere, con supponenza, che “eh, xè un vodka ràscian: vodka e kalhua”.
“Allora è un black russian: vodka e kahlua. Io ho chiesto un vodka russian: vodka e schweppes russian.”. So che ho un pessimo carattere, so che non bisogna dare risposte sgarbate alla gente che lavora, ma triestino+arroganza fuori luogo sono una miscela esplosiva, mi fanno l’effetto del drappo rosso ai tori. Me lo faccio cambiare. Le guardo mentre posano il bicchiere intonso del mio black russian sul bordo del lavello. Mi faccio guardare mentre fisso il back russian sul bordo del lavello. Tolgono il bicchiere dal bordo e versano il black russian nel lavello. Sei euro giù dallo scarico.
“Mi dispiace” – infierisco – “se me lo chiedevate, ve lo dicevo….ma a quest’ora un cocktail è un po’ pesante…”
“Non preoccuparti” – dice una scagliando su di me un tremendo anatema dai suoi occhi smeraldi – “accomodati pure e te lo portiamo subito”.

In effetti poco dopo arriva la giovane Cenerentola con il messaggio delle sorellastre: “La Schwepper russian non ce la abbiamo, va bene la Schweppes lemon?”
-“Va bene la Schweppes lemon, sì.”

Epilogo:
Appena portata l’ultima consumazione mi fanno pagare; non lo trovo scortese, anzi capisco: sono tavolini all’aperto, si vede che hanno avuto brutte esperienze con la facoltosa Trieste che conta. Del resto, quando uno è un rampante manager di successo, mica può star lì a pensare se ha pagato o non ha pagato…piglia su e se ne va, tanto “i soldi” sono un problema da pezzenti!
Mi fa notare, con il tatto di un muratore brianzolo, che lo scontrino resta invariato perché anche il vodka lemon costa come “l’altro aperitivo”. Ora io dovrei sottolineare che “l’altro aperitivo” è un cocktail, mentre io sto bevendo un long drink, quindi di norma dovrebbe costare leggermente meno, ma non ne ho voglia, tanto questo è il tipico posto dove cocktails e long drinks costano uguale solo perché ti danno la bottiglietta intera [che dovrebbe essere ovvio, ma non lo è più, coi tempi che corrono]. Oltretutto mi sa che il listino prezzi del Ferrari sia andato perso con le Tavole della Legge, perciò, perché accanirsi?

Sgranocchio con piacere le patatine, fresche e croccanti [ci credo, con tutti i repezzini che cenano con l’aperitivo dev’essercene un consumo spropositato]  e centellino i grissini al sesamo: sono due, uno per uno, ma dato lo standard della città non posso dire che sia un accompagnamento pidocchioso; c’è anche una ciotolina di olive [grandi, buone] e di cubetti di mortadella [NC]. Non è la prima volta che veniamo qui e anche quando ci portano qualche pezzetto di pizza o di toast come accompagnamento, è sempre contato in base al numero di consumazioni, perciò considero il servizio giusto.
Disgraziatamente mi volto e noto che anche le consumazioni singole ricevono il nostro medesimo accompagnamento.
Povero bar Ferrari, in che disgrazia l’ho gettato!
Certo che ne avranno da lesinare, di grissini,  per riuscire a compensare i sei euro del black russian!

In breve:

Il locale e le cose
Aspetto degli ambienti [nel suo genere]: ???
Cura e manutenzione degli ambienti: ???
Qualità suppellettili: ??? [basta veramente poco a farmi contenta!]
Cura e pulizia degli oggetti: ??? [i tavolini sono vessati dai piccioni: non è colpa del personale, ma non vuol dire che siano puliti]
Il personale
Competenza: ? [Non sarebbe grave, ma l’ignoranza aggravata dalla supponenza è un posto in prima classe per il rogo]
Gentilezza/disponibilità: ??? [ci sono stata altre volte e so che di solito sono meno scorbutiche!]
Cura e pulizia: ?? e 1/2 [sono belle, sono pulite e sono in ordine, ma hanno la divisa nera anche di giorno, non si può chiudere un occhio su questo]
I prodotti somministrati

Bevande:  ??? [non so che vodka fosse, ma mi è piaciuta e la bottiglietta intera fa punteggio!]
Cibi: ??? [quando non sono incazzate sono più generose e poi gli stuzzichini sono sempre appetitosi]

3 thoughts on “Bar Ferrari, via san Nicolò [saga del vodka russian, episodio II]

  1. Pippo

    Scommetto che ti eri divertita di + alle 5 cime :-)

    PS ho le foto non puoi negare !!! AH AH AH AH

  2. Pingback: LARRYCETTE » Blog Archive » Un bacio sul canale, via Bellini, Trieste [saga del vodka russian episodio III]

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