Cronache romane [1]

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Parto con l’Eurocity delle 6,35, che è quello che una volta mi riportava a Genova. Quando entrambi eravamo giovani lui era un Eurostar, ora siamo entrambi conciati molto peggio, ma lui costa di più.

Per sicurezza, parte con cinque minuti di ritardo, non sia mai che a Mestre abbiamo il tempo di fare la pipì.

Gli orologi dei binari 4 e 5 di Mestre sono proprio buffi: il binario 5 è avanti di meno di un minuto, ma abbastanza da avere la lancetta sensibilmente più in avanti di quello del binario 4, ed entrambi sono in ritardo di almeno 5 minuti sull’obliteratrice. Chissà se il campionario è tutto qui, o ci sono, sparse tra i numerosi orologi di una stazione, altri orari disponibili per i capitreno per stornare le proteste dei viaggiatori di Eurostar, desiderosi di ricevere il rimborso per il ritardo superiore ai 25 minuti, mostrando loro che – contrariamente a quanto asserito dagli strumenti di misurazione del tempo a bordo del treno – sono trascorsi a malapena 20 o 22 minuti dall’orario di arrivo previsto.

I potenti mezzi dell’Edicola mi fanno viaggiare in prima classe che, in effetti, è più pulita e leggermente più spaziosa della seconda.

Le differenze, però, non si fermano qui. Quando per prima salgo sulla carrozza sorprendo l’addetto delle pulizie nell’atto di terminare il proprio intervento. Ad ogni stazione fa la ronda e si assicura che chi sale trovi il proprio posto in condizioni impeccabili; qualche crudele strategia di marketing ha optato per la visibilità di questo ruolo a scapito della dignità dell’uomo che lo svolge, costretto in un imbarazzante completo pantaloni e polo gialli [vistose scritte blu sulla schiena].

Rispetto alla seconda classe, la frequentazione lascia un po’ a desiderare.
Ricordavo con tenerezza trentenni morte di sonno che avevo deciso essere segretarie, studenti di cui si poteva capire la facoltà solo dalle scarpe, uomini di mezza età ai quali di volta in volta affibbiavo un passato e una storia diversi, tanto quando attaccavano bottone scoprivo sempre che non ci avevo indovinato.
Qua ci sono solo infelici con vestiti noiosamente impeccabili ed equipaggiamento tecnologico al limite del ridicolo; ma non fa niente, tanto il co-viaggiatore di prima classe non si trasforma in compagno di viaggio, non dovrò fare conversazione con nessuno di costoro.

Noi viaggiatori di prima siamo fieri della nostra autarchia, spostiamo fieramente le nostre valigie e non ci azzardiamo a sfiorare quelle degli altri. Afferrarle con destrezza e accomodarle sul ripiano è roba che fanno solo gli immigrati seduti in corridoio.

Per la prima volta in vita mia mi interrogo sulla necessità delle intercettazioni telefoniche.
Intendo dire: che bisogno c’è di collegarsi alle linee degli utenti quando ci si può sedere qui e ascoltare dettagliatamente le strategie politiche, aziendali e sentimentali di chiunque sieda nella stessa carrozza?

In questo momento – Santa Maria Novella – uno che non vedo ha invitato il proprio interlocutore a prendere un caffè al Senato, dopo averlo ammorbato con considerazioni assortite sul blocco del traffico, aveva iniziato un paio di frasi con “no, ma lì bisogna…” e “sì, però tu devi…”, ma aveva chiosato con “poi te sei il sindaco e fai quello che vuoi, ma…”.
È appena sceso il mi passeggero favorito, Franco, uno che credo dialogasse con un trafficante d’organi, perché dal suo telefono provenivano preoccupate frasi di Maurizio a proposito di un casino che ha combinato Paolo e che adesso lui non sapeva come fare perché non è che quelli aspettano, gli aveva detto che si poteva fare, che era tutto a posto, ma poi Paolo s’è messo in mezzo e adesso lui non sa cosa dire, perché tanto a quelli non gliene frega niente se è stato Paolo o è stato lui.
È andato avanti così per una decina di minuti, poi Franco, sempre con una gamba dei calzoni arrotolata fino alla fine del femore, a scoprirgli un ginocchio peloso, ma calzini pregiati, ha preso a tranquillizzarlo e a spiegargli che per prima cosa doveva chiamare Paolo – ma lui con Paolo non ci voleva parlare – e che adesso stesse un attimo ad ascoltare e lo facesse parlare, doveva chiamare Paolo e farsi dire esattamente cosa aveva detto lui agli amici Giorgio e poi di richiamarlo.
Peccato che sia sceso, perché era da Ferrara che la vicenda mi stava appassionando.
In verità Franco era salito a Padova, ma prima stavo cercando di capire perché il wifi del boaro in Hugo Boss funzionasse e il resto del treno imprecasse cambiando continuamente porta alla chiavetta.

3 thoughts on “Cronache romane [1]

  1. markogts

    Prima e seconda classe sono un po’ come il paradiso e l’inferno secondo Benigni: preferisco la prima per il clima e la seconda per la compagnia.

    A me era capitata una cosa simile tempo fa: un sindacalpoliticante che urlava nel cellulare del decreto e del ricorso e del parlamento che non può, e uno-che-sembrava-il-padre dire a una-che-sembrava-la-figlia che stanotte a Venezia è stato bellissimo, ma non posso dirlo a mia moglie, cerca di capirmi, è una bella storia ma non posso :-)

  2. Pingback: LARRYCETTE » Blog Archive » Cronache Romane [2]

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