Dal diario di Sarma

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Ciao a tutti, sono Sarma, la mucca che suona l’ukulele nella testa di L’ERRI, l’imbecille un tempo nota come Larry.
Dico imbecille perché ci vuole una mente menomata a dare a una mucca il nome di un involtino di maiale, ma questa è forse la cosa meno grave.

Lo scorso sabato abbiamo fatto un bellissimo viaggio in macchina. Io amo molto i viaggi in macchina perché in questi casi mi lascia suonare quanto voglio e ogni tanto canta pure con me. Questo viaggio è stato subito speciale, appena sedute in macchina ho attaccato con l’ukulele a ruota libera, tutte le funzioni cerebrali erano a mia disposizione.

Poi siamo arrivati in un posto arancione (io non vedo fuori, posso al massimo vedere cosa danno sul nervo ottico, ma il più delle volte sono immagini confuse), ma ce ne siamo andate subito. Siamo tornate più tardi, e io ancora ci davo dentro alla grande col mio ukulele.
Poi c’è stato un momento, poco prima che si facesse buio, che mi ha fatto stare zitta e mi pareva di stare in una diligenza del far west da tanto che si saltava: sempre così quando fa le scale in discesa di corsa.
Poi ho ricominciato a suonare per un paio d’ore, finché non mi ha fatta stare zitta, muta e ferma in un angolo.

Allora ho posato l’ukulele e ho provato ad andare a sbirciare dietro le retine e ho visto un uomo molto bello vestito di rosso con un cappello in testa, spettinato e con la barba. Strano naso, devo dire.
Ho provato a fare un giro dalle parti di una tromba di eustachio, ma laggiù è tutto rovinato e non si capisce niente di quello che arriva da lì; da quel che ho potuto sentire, però, sembrava bello.

Insomma che me ne sto per più di due ore senza fare niente, senza pizzicare una cordina, senza solfeggiare con la coda, senza fare clocchete clocchete con gli zoccoli. Niente.
Le funzioni cerebrali, d’improvviso, erano tutte tese ad elaborare gli stimoli inviati dall’uomo molto bello vestito di rosso con un cappello in testa. E uno strano naso.
Poi, pian piano, ricomincio a muovermi, ma con cautela, che l’uomo molto bello vestito di rosso con un cappello in testa non si vede più, ma pare essere nei paraggi. Infatti, dopo poco vengo imbavagliata e incappucciata e quando mi libero il nervo ottico è tutto fosforescente. Da dietro alle retine intravedo l’uomo molto bello non più vestito di rosso e senza cappello, ma sempre con il naso strano, che guarda in questa direzione.

Subito imbraccio l’ukulele e comincio ad accordarlo. Da sotto le mie zampe sento partire l’impulso alle braccia di Larry di porgere qualcosa all’uomo molto bello eccetera; wow – penso – qui ci vuole anche l’armonica – la metto al collo e comincio a soffiare.

L’uomo molto bello eccetera fa un gesto come per dire “Ciao barbapapà occhialuto, come cazzo ti chiami?”.
Ed è qui che compio il mio capolavoro: vedo l’impulso di dire “Lorenza” partire dal lobo frontale davanti a me, ma ho già messo la grancassa sulla schiena e attacco una scatenata Ramrod versione 2005, così tutto quello che si riesce a comandare alla bocca è “Larry”.
L’uomo molto bello eccetera ha una smorfia di disgusto e fa:

“Eh?”

Ed ecco il mio delirio di onnipotenza, non mi ferma più nessuno, e il massimo che il cervello riesce a comandare è di ripetere [‘laeri] (notazione fonetica). L’uomo molto bello eccetera fa spallucce e scribacchia qualcosa sulla cosa che ha ricevuto da Larry.
Intanto, qua nel cervello, c’è una specie di rave party: dallo stomaco sono arrivati contemporaneamente i segnali di nausea, sazietà e appetito, le ginocchia si sono convertite in polenta, la mano destra è diventata spongebob, la sinistra una gelida propaggine inutile, il cuore è esploso in un fuoco d’artificio con tanto di scie luminose. Perfino un rene ha dato una fitta, così, per spirito di partecipazione.

L’uomo molto bello eccetera si sbarazza della cosa che ha ricevuto e la manciata di neuroni rimasta in servizio muove le braccia di Larry a riceverla indietro.
Sempre continuando a suonare corro a sbirciare cosa sia questo misterioso oggetto foriero di cotanta agitazione: vedo che è un libro con la copertina azzurra, “Non si muore tutte le mattine”, edito da Feltrinelli, in edizione economica [alè, abbiamo già fatto la figura dei pezzenti].
Nella prima pagina c’è uno scarabocchio a biro, si legge.

L’ERRI

L’AUTORE

Vicino Compostela

NATALE 2008

>>E parte la fanfara<<

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