Dodicesima cena regionale: il Lazio. Prologo: il menu

Non è che non ho avuto tempo, è che sono proprio refrattaria agli impegni: appena una cosa assume una vaghe sfumature di regolarità e aspettative, mi diventa pesante e trovo sempre qualcosa di più urgente/importante/bello da fare.
Il che, il più delle volte è un peccato, perché se mi sono imbarcata in un’impresa significa che fondamentalmente l’attività è di mio gradimento.

Le foto nel mio cellulare relative alla cena regionale con il menu di piatti tipici del Lazio vengono dopo quelle degli Horti Tergestini (mostra-mercato delle piante svoltasi nel fine settimana di Pasqua) e prima di quelle della maglietta per Catherine Taylor, consegnata il 2 giugno a Barricata.
Assumiamo, dunque, che la cena abbia avuto luogo a fine aprile (escludo si sia tenuta in maggio, perché ero troppo occupata con le prove del saggio di teatro).

Prima di dire qualsiasi cosa sulla cucina laziale, lasciatemi lanciare un appello:

PILLOW PERDONAMI

Sono stata tentata di posticipare la pubblicazione di questi post a settembre per non rovinare tutto, ma poi ho confidato che il tuo passato milanese ti avrebbe resa meno intransigente.

 

Menu tipico del Lazio (per la tarda primavera)

Antipasto: Puntarelle con le alici

Pare che le puntarelle siano le cime della catalogna che, immerse in acqua gelata, assumono la caratteristica arricciatura.

Io sono andata dal fornito bezagnino di via Trenta Ottobre, ho chiesto “puntarelle” e mi hanno dato cicoria.
Ho chiesto anche “È catalogna?” e mi hanno detto “Catalogna o cicoria xè ugual, sa?”.
Siccome io no savevo, mi sono fidata, ma, a giudicare dal risultato, ho fatto male.

Primo piatto: (una cosa che a noi nordici può sembrare) Carbonara (ma non lo è, e per questo ci flagelliamo)

Pillow aveva dato istruzioni precise, io – altrettanto precisamente – le ho disattese punto per punto.

Per noi faciloni del nord, una pasta con l’uovo e del salume di maiale può chiamarsi carbonara, anche perché è buona e ci pare del tutto verosimile che una simile pietanza sia assurta a emblema di un’intera tradizione culinaria.
Quella che ho fatto io non è carbonara, come non è cucina italiana la “pasta bolognese” che si mangia all’estero, e per questo, quando sarò morta, la mia anima sarà tormentata da un demonio pelato che parla come Don Lurio (e, naturalmente, per me la tortura sta nell’ascoltarne il linguaggio).

Secondo piatto: saltimbocca alla romana

Questi sono venuti bene e fedeli alla tradizione, anche perché – diciamocelo – non c’era gran che da sbagliare.
Bbòni!

 

Dessert: biscotto della Madonna

Siccome sapevo che anche questo dolce sarebbe risultato una chiavica, dato il malocchio del pasticcere di cui sono evidentemente vittima, ho scelto un dolce con un nome ambiguo per poter dire, in ogni caso, di aver fatto un biscotto della Madonna, e pazienza se “biscotto della Madonna” è il nome e non significa che ho ottenuto risultati pazzeschi nel fare un biscotto.

 

 

2 thoughts on “Dodicesima cena regionale: il Lazio. Prologo: il menu

  1. Pillow

    poiché sono certa che i tuoi ospiti siano riusciti a leccarsi financo i gomiti, davanti alle tue succulente pietanze, resto IMPAZIENTERRIMA di leggere dettagliato resoconto nonché poggiar l’occhi su opportuno corredo fotografico.
    E’ come dici tu: l’ispirazione è solo nel nome, poi salume+uovo+pepe fanno carbonara anche a Codroipo, me ne rendo conto…
    Sarà bene smontare intransigenza, affinché non mi segue in cucina così come in strada. Sospetto, infatti, sia il motivo di cotanto zitellaggio…

  2. Pingback: Dodicesima cena regionale: Lazio. Podcast released | Larrycette

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