[Giovedì, 13 Dicembre 2007] Mannheim – Trieste

Giovedì, 13 Dicembre 2007

L’economia di una famiglia di teutoellenici è andata in frantumi al mio passaggio alla colazione dell’ultimo giorno, durante la quale, non sapendo quando avrebbe potuto essere la prossima volta che mi sarei trovata davanti un buffet, ho consumato tutto quello che c’era a disposizione, con ordine e metodo, da sinistra verso destra e dall’alto verso il basso, con qualche replica.

Stavo ancora masticando il partenone di gesso quando Zzitalia, ansioso e frenetico com’è, mi intima di andare a lavarci i denti, che è ora di partire, e mi tocca lasciare nel piatto un thermos da caffè appena imburrato.

Il viaggio non è dei più rilassanti, in quanto trascorre prevalentemente nella pioggia. Il panorama della Germania, tuttavia, è affascinante: chilometri e chilometri di terra, intervallati in maniera ipnoticamente regolare da chilometri e chilometri di foresta (forse deforestano appositamente in maniera proporzionale, l’equilibrio è eccessivo per essere naturale), in lontananza, confusa nella pioggia, una periferia oltre la quale si immagina un campanile bianco con il tetto verde. Magnifico.

Mica come noi sfigati che viviamo in un paese minuscolo, dove appena fai due curve cambia il paesaggio, dove la strada costiera ti porta dall’altopiano al mare, dove nel raggio di duecento chilometri trovi nel piatto crauti, scampi, frico e granseole, dove in 5 ore vai da un mare all’altro, e nel mezzo c’è una pianura che alla sera non passa mai, ma almeno ogni tanto diventa grano o diventa vigna, e a Vicenza ci sono le colline, e Cremona c’è il Po, e alla fine nel piatto c’è la focaccia col formaggio, ma se ti fermavi un po’ prima ci trovavi il brasato e intorno una città di sampietrini e portici, o se proseguivi arrivavi ai cantucci col vin santo, e altri sampietrini e altri portici, inconfondibili come tutti gli altri.

Se un giorno Springsteen ci lascerà delle ferie, voglio farle in Italia, accidenti!

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