Gostilna Turk, Hotedršica (Slovenia) [2]

      3 Comments on Gostilna Turk, Hotedršica (Slovenia) [2]

La figlia del fattore parla diverse lingue, ma pochissimo italiano, cosa peraltro comprensibile, non essendo la nostra esattamente quel che si die “Una lingua parlata in tutto il mondo”. È buona, però, la figlia del fattore, e dolce e amorevole, e ci mima benissimo i menù. Così rem sceglie il menù con la carne di maiale e Zzi e io prendiamo zuppa e cotoletta.

La zuppa è uguale per tutti perché quella inclusa nel menù coincide con la zuppa del giorno scelta a caso da Zzi e, per combinazione è proprio la zuppa di funghi che ho chiesto io. È molto buona e non è la solita zuppa di funghi Maggi che ogni tanto ti rifilano in qualche bettola istriana. Cioè, magari ha la base fatta con la liofilizzata – perché un po’ di aroma di glutammato io l’ho sentito, ma poteva essere anche il dado – però dentro ha polpose fette di fungo, tipo porcino , o sua valida imitazione.

Io prendo la cotoletta alla parigina, solo perché non so come sia. La cotoletta “normale” (lo dico per i piccoli lettori di là del Tagliamento) che per noi è “la milanese”, in sloveno si chiama “Wiener” come in tedesco, c’è pure qualcuno che a Trieste la chiama ostinatamente “Viennese”, forse per ribadire che era meglio se restavamo sotto l’Austria. Poi c’è la ljubljanska, la lubianese, che è una specie di rustico cordon bleu, di carne di manzo farcito con formaggio e prosciutto crudo, quindi più gagliardo e di aspettomeno raffinato dell’effemminato parente francofono. Qua il cordon bleu non usa e sospetto che se lo chiedi ti prendono per svitato. Forse alcuni piccoli lettori ricorderanno la pubblicità di cotolette preconfezionate di non so che marca, che distinguevano la cotoletta milanese dalla viennese a seconda dello spessore. Era una di quelle pubblicità in cui la mamma ventitreenne fresca di messa in piega frigge cotolette in una cucina immensa e pulita come una sala operatoria, con la faccia da furbona che sembra dire “Adesso vi faccio vedere io che buona cena vi propino scartando solo due cellophane, anziché rompermi i coglioni tutto il pomeriggio a impanare, impiastricciando ovunque”, e con il padre appena trentenne, che sta in camicia anche in casa e alle otto di sera è ancora liscio come appena rasato; la coppia ha due figli di design e un arredamento con lentiggini e fossette. All’annuncio delle cotolette, tutti corrono a tavola felici, come se non avessero mai mangiato in vita loro e scelgono la cotoletta spessa o quella sottile, perché la mamma, dopo essere stata dal parrucchiere, ha astutamente comprato due tipi di cotolette diverse, la viennese e la milanese. Volpona.
Mah. Boh. Secondo me è un’invenzione dei pubblicitari, è un processo di denominazione a ritroso. Io la fetta di carne impanata e fritta l’ho smepre chiamata “milanese”, indipendentemente dallo spessore. Che poi, secondo me, la milanese è di vitello ed è sottile. Non si scappa. Volendo, si può fare anche la milanese-di-pollo, non è niente male, ma conviene che sia un po’ più alta. La “viennese” in italiano non esiste: al massimo esistono italiani che sanno che in tedesco si chiama “wiener schnitzel”, ma non mi risulta che “viennese” denomini un tipo di cotoletta di un determinato spessore. Secondo me è accaduto che, essendo i viaggi sempre pià economici e alla portata di tutti e le lingue straniere sempre più fruibili grazie ad internet, si è diffusa largamente la conoscenza del fatto che solo noi chiamiamo la cotoletta “milanese”, e che in Europa è nota a tutti con l’espressione tedesca, divenuta internazionale o assorbita a calco in altre lingue, un po’ come succede con le patate fritte, che siamo gli unici a chiamare così e se all’estero chiediamo “fried potatoes” nessuno sa cosa darci, perché dobbiamo dire “pommes frites”. Allora secondo me è successo che al cotolettificio non sapevano se continuare con il nome italiano tradizionale – comunicando un’idea di continuità e genuinità del prodotto – o buttarsi sulla definizione internazionale (ma tradotta a uso e consumo del popolo meno poliglotta d’europa, che crede di parlare inglese e dice cose irripetibili…vedere Report per credere!), per svecchiare l’immagine della fettina fritta – che fa un po’ festa dell’Unità – e raggiungere anche il pubblico dei giovani che hanno fatto l’erasmus a Friburgo. E così è venuta la genialata: “Usiamo entrambi i nomi e distinguiamo le cotolette per spessore”, devono essersi detti. Però, a casa mia, non l’abbiamo mai chiamata “viennese”, né ho mai sentito nessuno dire che aveva voglia di una “viennese” riferendosi a una cosa che si inghiotte e che non ha pomodoro (il che esclude la pizza viennese – nome triestino della pizza coi wurstel – e le ragazze della capitale austriaca), a me questa distinzione continua a convincere poco. Invito i miei piccoli lettori a fare outing e dirmi se l’hanno mai chiamata “viennese” prima del 2000.

3 thoughts on “Gostilna Turk, Hotedršica (Slovenia) [2]

  1. Dario

    Io invece inviterei te a fare outing: quale sostanza hai assunto prima di dedicare svariatissime righe alla toponomastica delle cotolette?? (che poi, a casa mia la cotoletta alla milanese è di tacchino…)

  2. Lucy Van Pelt

    Non vorrei dire delle boiate, considerando soprattutto che non mangio carne più o meno dal 2000, ma la cotoletta alla milanese (che è di vitello e non di tacchino) ha l’osso, mentre la wiener schniztel no.

  3. Larry

    Distinzione interessante!
    Forse a Milano è così e poi il nome si è diffuso per indicare la carne impanata e fritta, indipendentemente dalla presenza dell’osso (che non è così frequente a trovarsi, essendo tralasciato dalla considerazione commerciale della suddetta pubblicità e largamente omesso dalle tavole italiane).
    C’è un filologo in sala?

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