In difesa di San Valentino

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A me la festa di San Valentino piace.
A ripensarci, piaceva anche quando ero single. Mi piaceva – e qua è più difficile – quando stavo con gente che non riuscivo a mollare. Una volta sono stata piantata il giorno di San Valentino, suppongo – non ho mai avuto le prove – per un’altra. Quella volta, se non ricordo male, la festa di San Valentino non mi è piaciuta tanto, ma ad essere obiettivi è stato giusto così: vattela a festeggiare con chi ti pare, c’hai diritto quanto me.

È una festa commerciale? Certo, come tutte.

È una ricorrenza superflua per chi si ama davvero ogni giorno? Graziarcazzo, quale non lo è, allora?

Espletate le banalità di rito, vediamo perché San Valentino è una gran bella ricorrenza e perché va, se non festeggiata, almeno rispettata, anche se non hai un ragazzo che si chiama Valentino.

 

A me San Valentino piace, come ricorrenza, perché è democratica.

È la “festa degli innamorati”, non la festa di chi ama, ricambiato. Puoi anche essere Charlie Brown e aspettare le “valentine” dalla ragazzina con i capelli rossi per settant’anni inutilmente, è la tua festa lo stesso.

È la festa degli innamorati, non degli sposati con rito cattolico di santa romana chiesa.

È la festa degli innamorati, non dell’innamorata femmina e dell’innamorato maschio.

È la festa degli innamorati, il che vuol dire che puoi anche essere innamorato di una una tegola o di pecora. Senti l’amore? Bene, buon San Valentino!

 

È la festa degli innamorati, non di un ruolo sociale, tipo la festa della mamma, che sottende che se non vuoi o non puoi avere figli non ti meriti il festeggiamento (vale anche per il papà e per i nonni).

È la festa degli innamorati, e presume di essere festeggiata solo fra gli interessanti, non con gli zii scesi dalla Carnia con un carico di frico, i parenti rimasti in Istria che non parlano più la tua lingua ma ogni anno ti mandano il salame fatto in casa e porco in ogni possibile forma, e i cugini acquisiti di quinto grado della Val Martello, che non hanno mai parlato la tua lingua e guardano con sufficienza i tuoi gnocchi di pane pensando che siano canederli mal riusciti.

È una festa di serie B, non ha tradizioni, non ha obblighi. Se ti va la festeggi, se no nessuno si sentirà offeso o ti guarderà come uno scarto della società.

Neppure io e Zzi per San Valentino abbiamo tradizioni consolidate, ogni tanto ci gira di festeggiare¹ (perché cade bene, a metà strada tra la VEnotte e Lipica, che solitamente è il momento migliore per bere), ogni tanto no.

Io per esempio, quest’anno, ho fatto la rigojancsi.

 

NOTA IMPORTANTISSIMA:

La divisione in sillabe del verbo “festeggiare” è fe-steg-gia-re. Io lo so, perché conosco la regola secondo cui la esse va sempre a capo.
Ho appena visto che alcuni browser (tipo Chrome) vanno a capo dividendo il termine in fes- e -teggiare. Sono quasi morta. È un errore. Anatema su di loro!

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