Indiana Jones mi fai una pippa! [2 – cornetti alla grappa] ✎

Essendo sempre più difficile ripescare dall’account scaduto di Windows live i primissimi post delle Larrycette, ne strappo un altro all’oblio.

Rimaniamo in tema di cucina [lo so, lo so: troppo pertinente, è palese che non sono affatto in forma] con la drammatica ricetta dei cornetti alla grappa, una delle più grandi delusioni della mia vita; dopo Working on a Dream, chiaro.
Per ragioni meramente filologiche, mantengo la formattazione originale. Chi dice che lo faccia perché “copia&incolla” è più veloce è una malalingua.

Esistono delle preparazioni, per lo più da forno, che i triestini consumano a fine pasto, ma esse – chiunque venga dall’al di qua di Monfalcone può confermare – non hanno sapore dolce.
Ne sono un esempio la putizza, il presnitz e la titola (che ti frega anche con l’uovo sodo travestito da uovo di cioccolato glassato, maledetta!). Da sabato ho scoperto che anche i cornetti alla grappa possono annoverarsi in questo deprimente elenco.
Arrivano a cena TheRiver69 e Signora, e prepariamo un menù leggero, adatto a una ragazza che aspetta un Frutin: [*]
– cestini di pollo e verdure al profumo di pecorino di grotta
– tagliatelle verdi fatte in casa con ragù di manzo
– lonza di maiale al forno alle erbe aromatiche [**]
– torta ai cioccolati (devo ancora darle un nome, è una delle creazioni di cui vado più fiera) [***]
Per dare un tocco di triestinità al menù, ci affidiamo ad un libro di ricette e prepariamo i cornetti alla grappa.
NON FATELI MAI
Fanno schifo, sono una delle cose meno mangiabili che io abbia mai ingerito (e io “ho ingerito di tutto, lo sai – sui sentieri dei frigoriferi, sai“).
Per conoscenza, si preparano così:
Si scaldano 250 ml di latte e ci si aggiungono 80 gr di zucchero vanigliato, un pizzico di sale e 250 gr di burro lavorato a crema.
Già qua uno si domanda perchè mai ha dovuto lavorare il burro a crema e farsi venire la polsite, se tanto il burro va nel latte tiepido.
In una terrina capace, molto capace, praticamente esperta, si mettono 5 uova e 240gr di zucchero e si sbatte tutto assieme. Tanto oramai abbiamo il polso dell’onanista; questa ricetta è costosissima in termini di bende e pomate all’arnica.
Si unisce il latte con l’orrido strato di burro in superficie, si amalgama un po’ e si comincia ad unire – a pioggia – UN CHILO DI FARINA.
Unire a pioggia un chilo di farina richiede un delta-t prossimo a più infinito e una seduta spiritica per farsi possedere dall’anima (e le braccia) di Jeff Porcaro.
Ad ogni modo: con la mano sinistra tenete il colino e lo scuotete con movimenti brevi, veloci e precisi, in modo da avere un veloce flusso di farina nella terrina e non infarinare tutta la cucina; con la mano destra fate girare la frusta all’interno della terrina con movimenti ampi, ma sempre veloci, per evitare la formazione di grumi. La terrina si muove, ma voi la dirigete, con la rotazione della mano destra, sempre contro il vostro fianco destro, o la vostra pancia, se non avete assunto la posa plastica dell’Apollo del Bernini.
Funziona per i primi 400 grammi di farina, poi l’impasto si fa troppo denso e le vostre braccia troppo stanche.
Chiamate aiuto.
Alla fine avete un quantitativo di pasta inenarrabile, che, in compenso, si stende con eccezionale facilità. La tagliate a triangoli e fate dei graziosi cornetti, che cuocete in forno a 170° finchè non diventano dorati.
Dopo di che, li tuffate – appena sfornati – ben roventi, nella grappa, li disponete nel piatto e li cospargete di zucchero a velo.
Preparata una ventina di pezzi, schiaffate la tonnellata di pasta restante in frigorifero.
Poi li assaggiate: non sono dolci (250gr di zucchero su un chilo di farina, in effetti, mi dovevano insospettire!), non sanno di grappa (al massimo sanno della superficie dei vostri polpastrelli fusasi al momento dell’inzuppamento. Chissà che ne direbbe Maroni, visto che questo passaggio vi ha privato delle impronte digitali). Semplicemente fanno schifo, sono anche duri, visto che sono stati cotti lentamente e non c’è lievito.
E ora, di tutta la pasta che è in frigo, che ne facciamo?
Insomma, il solito pacco della tradizione dolciaria triestina.
Meno male che venerdì c’è la Jam Session  Savorgnana![****]
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Note al testo
[*] La creatura non si è rivelata un frut, bensì une frute: Martina compie un anno domenica 18. Auguris!
[**] Questo post risale al luglio del 2008, quando ancora non mi bocciavano agli esami del sangue.
[***] Alcuni mesi dopo, questo dolce ha assunto la sua forma definitiva nella Torta Tricioccolatata, ovvero la prova che le bande mi perseguitano anche ai fornelli.
[****] Un’esperienza mistica di cui, se il delicato recupero archeologico del primo Larrycette prosegue senza intoppi, avrete in futuro notizie
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Avete letto?
Avete compreso?

Questo pomeriggio alle 18, domanda da 5 punti su questo post! [Sapete che ci sono altri punti in palio con la domanda sulla domanda di Amarcord, vero?]

7 thoughts on “Indiana Jones mi fai una pippa! [2 – cornetti alla grappa] ✎

  1. Nini

    Ma! Ma! mannaggia a me!
    Avevo scritto, ma tra parentesine, che alzavo il ditino. La pagina deve averlo preso come un tentativo di html :(

  2. Rosi

    si… ho capito la comodità del copia e incolla….ma io voglio 20 pt x l’impegno messo nel leggere il micro testo (pure rosso)!!!
    Rosi la Riccia

  3. L'ex vegetariano di via Imbriani

    ciao,

    potresti gentilmente rimpicciolire ulteriormente i caratteri?
    ci vedo troppo poco, e volevo provare il gusto di vederci ancora un po’ meno.

    omaggi,

    L’ex vegetariano di via Imbriani

  4. Pingback: LARRYCETTE » Blog Archive » Domanda da cinque punti su “Cornetti alla grappa”

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