Lipica Open [2] – la gara di sabato

      4 Comments on Lipica Open [2] – la gara di sabato

A giudicare dalle condizioni in cui mi è tornato il marito,  immagino la gara si sia svolta su un terreno meno accidentato, oppure mio marito ha perso l’hobby di rotolarsi tra i rovi, perché mi è tornato a casa meno graffiato che in precedenza.
Quando è tornato, alle 15, mi ha trovata in condizioni pietose, dilaniata da una mattinata di commissioni.
Dopo aver passato le prime ore del giorno a fissare il soffitto con cambiando faticosamente dito dall’ombelico, sono uscita per comprare un bollitore elettrico, che sapevo essere in vendita in uno specifico negozio, per raggiungere il quale ho eccezionalmente optato per l’autobus.

L’autobus è il mezzo di trasporto del demonio. Impiega meno tempo dei piedi a coprire le distanze, ma richiede un tempo di attesa tale che è conveniente solo per le tratte molto lunghe. Perfino io, nota parpagnacca, entro i tre/quattro chilometri in pianura faccio prima a piedi. Inoltre, una volta che si è riusciti a salire su uno di essi, ci si trasforma in bruti spietati e si tira fuori il peggio di sé. Tutti diventano scontrosi e incapaci della benché minima, ovvia, cortesia, che comunque si pretende dagli altri. Con la scusa che che sono spazi angusti ed è inevitabile scontrarsi, i passeggeri – soprattutto le donne basse dai 50 in su – si sentono in dovere di spingere anche se non necessario e si guardano bene dallo scusarsi. Sull’autobus le leggi della natura si capovolgono e il più forte fisicamente diventa il più svantaggiato. Qui giovanotti alti e ben piantati vengono vessati dalle angherie di donnette anziane e incattivite dalla vita che piantano bastoni da passeggio [evidentemente portati come arma di distruzione di massa,a giudicare dall’agilità con cui si fregano a vicenda il posto a sedere] nei loro cavi poplitei e sugli alluci di chiunque abbia la sventura di trovarsi fra loro e la porta quando si accorgono troppo tardi che devono scendere.
Eroicamente raggiunto il negozio, apprendo che l’articolo che volevo è esaurito, giro sui miei tacchi consumati e riprendo l’autobus per raggiungere immantinente la Giraffa da Filomania.

Nel frattempo mio marito si divertiva strofinando la propria epidermide sulle ortiche.
Filomania è il nostro spacciatore ufficiale di puttanate da femmina; quando decidiamo di vivere da eroine di romanzi d’appendice e perdere tempo e denaro confezionando frivolezze anziché salvando il mondo, andiamo a fare rifornimento di cose-inutili-ma-tanto-graziose qui. A volte, per immedesimarci meglio, sveniamo anche.
Il regno delle attività delicate e del garbo femminile ha anche altri aspetti al limite dell’esoterico; compite signore evidentemente altoborghesi domandano cortesemente di scostarsi dalla porta per lasciarle entrare e un attimo dopo, pur di essere servite, non esitano ad asserire di essere entrate per prime. Escludendo categoricamente che persone tanto per bene possano mentire, è evidente che il continuum spazio temporale si arresta, inverte e annoda in questo luogo magico. Torno a casa alle 13 e impiego due ore a riprendermi.
Quando, alle 15, Zzi torna a casa, mi trova in condizioni pietose ed è decisamente lui il più vivace dei due.

È incazzato nero perché ha avuto l’impressione di essere seguito tra la prima e la seconda lanterna, si è innervosito e ha perso tantissimi preziosi minuti per trovare la lanterna; ha dovuto seminare il segugio per recuperare la concentrazione, ma a quel punto era praticamente in Ungheria.
Due sono le categorie di individui che Zzi non sopporta [e anche io ne faccio volentieri a meno, ma essendo una misantropa non sono che due tra mille]: quelli che si fanno pagare i bootleg e quelli che a orienteering seguono quello davanti. Mentre i primi sono solo disonesti e approfittano dell’ingenuità del prossimo, i secondi sono spesso anche poco furbi, perché non è detto che l’atleta individuato stia correndo nella medesima categoria [anche se magari sesso e età apparente lo fanno pensare] e – soprattutto – non è detto che non si sia perso; sono un po’ come quelli che copiano i compiti in classe a prescindere, finendo col commettere anche gli errori degli altri.
Ciò che stupisce è che questi elementi siano atleti di orienteering.
Voglio dire: te l’ha ordinato il dottore? Hai fatto un voto alla Madonna della Bussola e devi fare le gare di orienteering?
Nessuno meglio di me comprende che si possa anche non trovare divertente essere seminati nel bosco e dover raggiungere un punto passando obbligatoriamente per alcuni altri nel minor tempo possibile, ma proprio non capisco che gusto ci sia ad andare in scia di un altro: così diventa corsa, attività a suo modo nobilissima, ma praticabile in altri contesti, generalmente più confortevoli.
Insomma: voi vi divertite a riempire le caselline del sudoku guardando subito le soluzioni, o preferite vedere se ci arrivate da soli?
Anche perché – lo dico a beneficio dei fortunati che non hanno un consorte che cerca periodicamente di ereditare metà casa sbattendoli nei pericolosi boschi del Carso e che magari pensano che mettersi alle calcagna di qualcuno diventi l’unico modo di tornare nella civiltà – gli orientisti si aiutano, non è che si abbandonano reciprocamente nel fitto della boscaglia in balia di alligatori e farfalle killer: basta chiedere e non c’è nessuno che si sottrae dall’indicare sulla carta il punto in cui ci si trova, perciò c’è sempre modo di riprendere il filo. Pedinare qualcuno è quello più sbagliato.

4 thoughts on “Lipica Open [2] – la gara di sabato

  1. rem

    mmh,
    io, noto misantropo e con una visione molto agonistica dell’ORI, metto come regola numero uno in gara di non chiedere ma soprattutto NON RISPONDERE a chi mi chiede

    il regolamento è chiaro, è vietato chiedere, ed è vietato rispondere

    penso che chiedere ad un altro sia molto scorretto (a meno che stiamo parlando di ESO, M/WC e quindi è un altro discorso), si cerca un vantaggio rispetto agli avversari, e soprattutto potenzialmente si disturba la persona a cui si chiede, che probabilmente si stava godendo una bella gara in santa pace, e non aveva in fronte un cartello con scritto: ‘mi fa piacere perdere anche una decina di secondi per aiutarti’

    certo, se un concorrente è in difficolta, e vuole ritirarsi è obbligatorio fornire indicazioni per tornare al ritrovo
    ma nulla più

    per me chiunque chieda indicazioni dovrebbe avere il coraggio di autoescludersi dalla classifica; non è stato capace di portare a termine il percorso da solo, e quindi è fuori gara

    per la cronaca il popolo più rompipalle in gara è sicuramente quello degli Ungheresi
    …chiedono e chiedono in continuazione, in magiaro, pure agli stranieri

    seguono la tribù degli Shutki, e quella degli Spakka

  2. Larry

    Ehm, sì, beh…agonisticamente parlando è tutto giusto, ma io sono una Cesso, la realtà che descrivi è in rapporto a me come la vita su un altro pianeta: non posso scientificamente escludere che esista, sono propensa a postulare che esista e so di alcuni che pensano e agiscono come fosse loro familiare, ma non riesco neanche a immaginare come possa essere!

    In compenso vivo situazioni paradossali in cui o vengo aiutata spontaneamente da atleti di passaggio [il che deve dirla lunga sulla mia espressione smarrita] o vengo individuata come l’espertona di turno dalle vecchie abitanti dei centri abitati, che sistematicamente mi fermano brandendo l’ombrello e facendosi spiegare il gioco.
    Forse io HO davvero un cartello con su scritto “Chieda, signora, chieda pure, tanto non vinco, sarò lieta di sprecare il mio ultimo fiato per lei, ma mi prometta che dirà a mia madre che l’ho invocata un attimo prima di stramazzare”

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