[Martedì, 22 Maggio 2007] Enjoy Mostar – parte seconda

 

Martedì, 22 Maggio 2007

Le scene che seguono l’arrivo di Pumpa – la vera protagonista del fine settimana – possono essere sintetizzate con una di quelle sequenze cinematografiche in cui i protagonisti vengono fissati da tante istantanee in rapida successione in cui mostrano man mano i segni del tempo che passa: noi tre nel cortile che osserviamo trepidanti i 4 meccanici che mettonola macchina sul ponte ostentando sicumera; uno di loro che si rivela essere il gentile mostarese della sera prima che però al mattino ci ha tirato pacco (che senso aveva venire da noi, quando sapeva che saremmo finiti da lui?) e che allora non è un ladro di macchine; noi tre che veniamo invitati a recarci nel bar adiacente; io che nei pochi metri pregusto un toast un po’ bruciacchiato e con il formaggio filante; il bar che si rivela essere una specie di deposito di ricambi privato in cui la moglie del padrone serve acqua/birra/succo di pesca; noi che torniamo sconsolati; noi che ci sediamo sui gradini del giardino; noi che guardiamo il gatto; noi che scopriamo dei cuccioli di cane; noi che torniamo in cortile dopo che è spuntata la madre dei cuccioli…e intanto si son fatte le 4 del pomeriggio, avremmo già dovuto visitare Mostar e partire alla volta di Spalato.

A questo punto mi accontento di arrivare puntuale in ufficio martedì

Poi, all’improvviso il miracolo: la macchina si mette in moto.

Paghiamo, salutiamo e montiamo in macchina, sollevati, imboccando la discesa. Guida Federizza.

La macchina si spegne e ci areniamo al primo slargo. Per un attimo ci godiamo la dolce illusione che sia l’imbranataggine della pilota ad aver fatto spegnere il motore, ma l’auto non si riavvia.

Tanto l’officina è a 100 metri.

I meccanici arrivano spavaldi sulla loro Volkswagen, uno di loro si mette alla guida della nostra auto e spariscono, in folle, dietro la curva successiva.

Quando spuntano tornando indietro, consumiamo l’ultima dose di speranza credendo che l’abbiano fatta ripartire. Esattamente un attimo prima di vedere il cavo di traino fra le vetture.

Trascorre un altro dilatatissimo tempo fra noi tre che stiamo impalati nel cortile/noi tre che andiamo al “bar”/noi tre che imploriamo almeno un cesso, se non un panino/noi tre che ci riavviciniamo ai cuccioli/noi tre che ascoltiamo la loro radio.

Quando passa Springsteen ci rallegriamo e lo prendiamo per un buon presagio, poi riflettiamo sul fatto che è “Pay me my money down” ed è fin troppo chiaro il messaggio che il destino ci sta inviando.

Alcune ere geologiche dopo la macchina si riavvia. I meccanici spiegano più o meno i problemi di pumpa, il motivo per cui la prima pumpa non andava bene, il perchè è stata necessaria una seconda pumpa e altre cose che sarebbero state incomprensibili anche se fossero state in Italiano.

Paghiamo (di nuovo – ma non ci pare il caso di discutere) e ce ne adiamo, dopo che hanno giurato e spergiurato che saremmo arrivati in Italia senza ulteriori intoppi.

In realtà, nessuno di noi ha mai pensato che dicessero sul serio, neanche loro quattro.

Come in quei film in cui prima dei titoli di coda compare la schermata nera che informa sul destino compiutosi dei protagonisti:

Pumpa ha ceduto molto dopo che siamo rientrati in Italia, e l’auto ci ha scorrazzati ancora un po’.

Ha spento i fari per sempre il 9 Maggio 2007, dopo 11 anni e 195000 chilometri

(potete piangere)

postato da: RedHeadedLarry alle ore 14:46 | Permalink commenti
categoria:always honeymooners altri viaggi

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