Ottava cena regionale: la Toscana. Primo piatto, la Ribollita

 

 

Appena ci riprendiamo aggiorniamo l’header, eh?


I Piccoli Lettori più attenti ricorderanno che la prima portata della cena con il menu di piatti tipici della Toscana era un antipasto, ma con altrettanta attenzione ricorderanno che era composto da pane e salame – al solo scopo di prendere tempo – e comprenderanno che non ci sia molto da dire.

Passiamo, allora, in men che non si dica, a parlare del primo piatto: la ribollita.

 

Il mio primo incontro con la ribollita

Dici “ribollita” e dici “Toscana”.
Mi ricordo un fumetto, comparso su un numero di Topolino di una deci… – no, aspettate – dozzi… – no, un attimo… vent… merda! – venticinquina d’anni fa, in cui i Paperi, per ragioni e vicissitudini che ho completamente dimenticato, avevano aperto un ristorante toscano (ignoro anche se in Toscana o a Paperopoli), che ovviamente aveva un successone perché serviva pietanze squisite; ricordo Paperino con il cappello da cuoco e Qui, Quo, Qua che facevano i camerieri. Non ricordo che facesse lo Zione, ma ritengo stesse alla cassa.

Ad ogni modo, ogni volta che sento nominare questa zuppa, vedo davanti agli occhi la vignetta di uno dei nipotini che, affaccendandosi in mezzo ai tavoli, grida alla cucina una nuova comanda: “Una finocchiona e una ribollita”.
Per me, che abitavo sì e no a 250 chilometri dalle terre in cui queste specialità erano diffuse, ossia una distanza che oggi copro per andare a bere una birra, erano nomi e piatti esotici, appartenenti a una cultura lontana e misteriosa.
Sul momento non sapevo neppure cosa fossero, chiesi spiegazioni, le ottenni, chiesi se fossero robe buone da mangiare, mi venne detto di sì, e nacque in me il desiderio di assaggiarle.

 

La mia prima volta a Firenze

Nel maggio della terza elementare (me lo ricordo perché avevo il pigiama bianco a stelline rosa, che mi piaceva tanto, e le Superga dorate che già mi martirizzavano le estremità più sviluppate – vi prego di non fermarvi a pensare, a proposito di piedi, che il muro di Berlino stava ancora sui suoi), i miei genitori mi portarono a Firenze.


[Io a Firenze nel 1989]

Mangiai solo pizza. Tre giorni: sei pizze.
Non è colpa mia, erano buonissime.
Ero già grassa da piccola, a casa la nonna mi malignava tutto quello che mangiavo e in vacanza mia madre mi ha lasciata sfogare. Non so come sia possibile che non sia stata male, ma ora mi spiego perfettamente la presenza di adipe sul mio corpo, che è – sorpresa! – conseguenza di un comportamento sbagliato e non di una maledizione divina.
Di quella vacanza ricordo anche le coppette di fragole con la panna montata che si vedevano nelle vetrine di tutti i bar. Erano irresistibili, ma non ricordo che ci fossimo fermati a prenderne una. A posteriori, suppongo che fosse perché a mia madre non andava, io non andavo pazza per le fragole e mio padre aveva capito, di conseguenza, che saremmo finiti io a mangiare la panna e lui a mangiare le fragole nude, il che, per uno che vorrebbe mangiare le fragole con la panna, non sarebbe stato il massimo, e tanto valeva lasciar perdere da subito.

In ogni caso: io ho mangiato solo pizza e, al limite, del gelato per merenda; mio padre ha sicuramente mangiato solo carne; mia madre, cercando di darsi un tono, ma detestando la carne, soprattutto se in fette spesse e poco cotte, avrà mangiato pizza e pasta, o pizza e salumi, o pizza e legumi. Insomma: nessuno ordinò la ribollita, anche perché, a pensarci, era impossibile che la servissero a maggio.

Un quarto di secolo dopo, l’ho finalmente potuta assaggiare, preparandola io stessa.

Se eravate qua per la ricetta, anziché (inspiegabilmente) per un nuovo capitolo dell’appassionante storia della mia vita, cliccate di seguito.

Ottava cena regionale: la Toscana. Primo piatto, la Ribollita

Come si fa la ribollita

Questa volta, eccezionalmente, “come si fa la ribollita” equivale perfettamente (ok, equivale e basta) a “come io ho fatto la ribollita”, vale a dire che ho osservato scrupolosamente la ricetta e mi sono procurata il 95% degli ingredienti. Ho atteso l’inizio del nuovo anno per parlarvene affinché fosse di buon auspicio per il futuro.

Ingredienti (secondo la ricetta del manuale del Corriere della Sera)

cavolo nero: 3 hg
cavolo cappuccio: 4 hg
verza: metà
carote: 2
cipolle: 2
costole di sedano: 2
pomodori: 2
fagioli cannellini secchi : 2 hg
prezzemolo: un mazzetto
basilico: un mazzetto
nepitella essiccata: un pizzico
olio e.v.o.
pane toscano tostato: fette (non dice quante)
sale e pepe presumibilmente q.b.

Già gli ingredienti dati così mi hanno fatta incazzare: o mi indichi tutto a peso, o mi indichi tutto a quantità. Quanto deve essere grande la verza di cui prenderò solo la metà? A quante foglie di cavolo nero corrispondono tre etti?
Il mio spacciatore di biortaggi (crasi per “bio-ortaggi”, non bi-ortaggi, tutti gemelli, ché qua non amiamo inventarci lessemi composti di bi-), proprio perché le coltiva con metodo biodinamico, ha carote di dimensioni vanno da quelle di un rossetto a quelle di Rocco Siffredi, quali devo prendere?

Sia come sia, vado da Antonio (il mio biospacciatore), compro ortaggi in quantità casuali e poi chiedo i cannellini secchi. Spiacente, ma non li ha. Inizia una via crucis che mi vede toccare un po’ tutti i negozi che potrebbero vendere cannellini secchi biologici, incluse le erboristerie, finché non mi arrendo al fagiolo in scatola, che comunque trovo solo da Zoe Food.
Dal punto di vista qualitativo, i fagioli in scatola venduti da Zoe sono molto buoni, ma questa soluzione ha comunque due pecche: la prima è che non mi sconfinfera tanto la confezione, la seconda è che il fagiolo in scatola ha un peso diverso da quello secco, quindi si apre l’interrogativo: a quanti cazzo di fagioli in scatola corrispondono due etti di cannellini secchi? Una marea, a mio avviso, e prendo tre barattoli.


[Ecco la foto di una fase a caso della preparazione, perché non ne ho fatta neanche una di quelle iniziali]

Procedimento

Salto a piè pari l’ammollo dei cannellini. Se voi avete trovato i fagioli secchi, metteteli a bagno per almeno dodici ore. Non ho idea di come vadano trattati i fagioli freschi, ma dubito fortemente si trovino contemporaneamente agli altri ortaggi necessari per la ribollita, quindi non dovrebbe porsi il problema.

La ricetta del manuale dice, ora, di far rosolare un trito grossolano di carote, sedano e cipolla in un tegame di coccio. Ah-ah. Col cazzo!
A parte il fatto che non ho un tegame di coccio abbastanza grande da cucinare ribollita per quattro, considerando quanto voluminose sono le foglie dei cavoli prima di subire la cottura e che sono stata leggermente abbondante nel comprare gli ingredienti, il tegame di coccio non mi becca mai più.
Il tegame di coccio mi ha traumatizzata in gioventù (se non ricordate il mio trauma giovanile con la pentola di terracotta, recuperate questo leggendario post: Larrycette begins), e col cazzo che ci casco di nuovo: pentolone antiaderente, a me!

La ricetta non lo dice, ma prima di mettere a soffriggere i sapori, dovete lavare e tagliare a pezzetti i pomodori, altrimenti, quando sarà il momento di aggiungerli (ovvero “quando il soffritto sarà ben dorato, ma non troppo scuro”), non farete in tempo a prepararli e vi si brucerà il soffritto.

A questo punto, la ricetta dice di mondare e lavare cavoli e verze e di tagliarli a grosse listarelle, per aggiungerli, poi, al soffritto coi pomodori. Anche questa è un’operazione che, secondo me, va fatta prima, perché non è proprio velocissima, a meno che, naturalmente, non siate in quindici a curare contemporaneamente le verdure.
Ad ogni modo, si cacciano le listarelle nella pentola e si profuma il tutto con basilico e prezzemolo “mondati, lavati e spezzettati” dallo stuolo di schiavi che ciascuno di noi tiene incatenato al frigorifero per non farsi prendere in contropiede dalle istruzioni fuorvianti dei manuali di cucina del Corsera.


[Immagine solo leggermente più pertinente della precedente, ma ugualmente scadente. Ho finito le rime]

Si aggiunge ora la nepitella essiccata.

Io non sapevo che cazzo fosse la nepitella, poi Google mi che è la mentuccia, ma io mi sono dimenticata lo stesso di andarla a cercare, e non ce l’ho messa. Dato che non ci ho messo neanche il basilico e il prezzemolo, mi è parso un gesto coerente.

Digressione semi-pertinente per chi userà fagioli secchi, da leggere anche se si usano fagioli in scatola:
A parte, si fanno lessare i cannellini per un’ora, partendo da acqua fredda (da salare solo verso la fine della cottura, altrimenti restano pallini da schioppo). Non si butta l’acqua di cottura! Si prende metà dei cannellini e li si frulla nella loro acqua; naturalmente, se non avete mandato gli schiavi a fare qualche altra commissione, potete ridurre i cannellini in crema passandoli al setaccio, come vuole la ricetta.

Travasate nella zuppa questo fango di fagioli e fate cuocere per un’altra ora a fuoco basso, poi aggiungete i fagioli interi, lasciate che si scaldino e servite, disponendo il pane tostato sul fondo delle zuppiere.

Se lo fate coi fagioli in scatola, aggiungete alla zuppa, dopo la prima ora di cottura, il contenuto di una scatola frullato in un litro d’acqua leggermente salato (io ci ho messo un cucchiaio di salsa di soia, che dà a tutti i piatti quel buon gustino di arrosto di vitello!), e poco prima di spegnere, il contenuto, lasciato intero, dell’altra.
La terza scatola si è rivelata superflua.

Siccome a me il pane toscano non piace, perché è insipido – toscani, offendetevi finché vi pare: insipido è e insipido resta! – ho usato il mio solito pane integrale fatto con UBO, e ci stava benissimo.

In conclusione, a me la ribollita è piaciuta, anche se non posso dire di averla finalmente assaggiata perché la ricetta non rispettava del tutto l’originale. Spero l’abbiano gradita anche i nostri amici, che sul momento hanno fatto mostra di apprezzare.

LARRY-TIP: preparatene un bulacco e surgelate l’avanzo, alle zuppe giova “star là”, e voi vi trovate il pranzo pronto quando tornate semi-ibernati da una gara del CIOC.

SUPERLARRY-TIP: verze, cavolo cappuccio e cavolo nero si prestano benissimo all’essiccazione. Fatene incetta finché è stagione, ed essiccateli già tagliati a listarelle. Poi riponeteli già mescolati al misto per brodo (che è lo stesso del soffritto) e a qualche pomodoro (secco, ovviamente!). Nelle due ore di cottura, le verdure rinvengono perfettamente, e la zuppa è più leggera perché non c’è il soffritto (i fagioli vanno comunque ammollati e cotti a parte perché hanno tempi molto diversi).

4 thoughts on “Ottava cena regionale: la Toscana. Primo piatto, la Ribollita

  1. Pingback: Toscana: riepilogo del menu di piatti tipici | LARRYCETTE

  2. fabio

    Grandissima Larry! La ribollita è sempre stat un mio pallino, ma finora non mi ci ero mai cimentato, un po’ perchè gli ingredienti sono effettivamente un po’ esotici se non vivi in Toscana, ma soprattutto perchè a detta di molti conoscenti toscani, “tu, la vera ribollita, ‘un la poi fare!”.
    Il tuo successo (perchè è inutile nasconderlo, sei una donna di successo!) mi spinge a tentare l’impresa. Sarò un tuo emulo, al grido di “piccoli lettori di Larrycette crescono” !

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