Package holiday #2 – Rigoli Mulino Bianco

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Come è finita in casa mia una confezione di biscotti Rigoli del Mulino Bianco?

È presto detto: veniva data in omaggio, nel supermercato vicino a casa nostra, acquistando altri due prodotti del Mulino Bianco.
La promozione ha avuto talmente tanto successo che c’era un esubero di confezioni omaggio, così alla fine le hanno regalate a chiunque facesse la spesa, e una di questi “chiunque” era mia madre, che è tornata a casa tutta contenta.

Io, alla vista dell’odioso marchio, un po’ meno.

Oh, intendiamoci: so che i residui organici (peli di ratto, insetti…), che i test di Altroconsumo hanno trovato anni fa nella pasta Barilla, sono normalmente presenti nella farina e altrettanto innocui, e probabilmente anche la farina biologica che compro nel piccolo mulino friulano ne contiene, tant’è che la testata era stata costretta a correggere la definizione con “impurità” (si tratta di un articolo di alcuni anni fa, che non ho più; qualcosa di analogo è riportato sul Fatto Alimentare, che spiega perché i dati di Altroconsumo non devono allarmare).
So anche che la Barilla non è americana – almeno: non lo è più stata da quando sono al mondo io – e che non ci sono prove o dati certi sulla presunta eccessiva presenza di micotossine nel grano duro utilizzato per i propri prodotti, che secondo alcuni proverrebbe dall’Ucraina ( = Chernobyl), a tutto svantaggio dell’economia nazionale e della salute.
Sul suo blog, anzi, Paolo Attivissimo smonta diversi luoghi comuni sull’azienda, mentre in un commento ai suoi articoli si legge di un’inchiesta dell’Espresso (2006, credo) che ha scoperto l’importazione e l’inserimento nel ciclo produttivo dell’azienda (che non fa mistero di approvvigionarsi anche dal Nord America, viste le ingenti quantità di materia prima necessaria) di grano canadese contaminato da ocratossina; la vicenda è sintetizzata su Paperblog.
Val la pena ricordare che, nel 2009, la Barilla era stata multata dall’Antitrust per aver fatto cartello con altri produttori di pasta al fine di aumentarne il prezzo.

 

A me il Mulino Bianco sta sul culo per ragioni molto meno nobili, più o meno da quando è andata ad abitarlo l’odiosissima Famiglia Cuore di Famagosta – quella con il papà giornalista (è o non è miglior sosia di questo signore?) bloccato nel traffico, il nonno che fa traslochi abusivi e i bambini che non distinguono dei parrocchetti da un cane – protagonista di quello spot che al giorno d’oggi verrebbe bocciato da qualsiasi agenzia di comunicazione perché sembra che reclamizzi un’immobiliare:

Forse, però, mi stava sul culo da prima, dai tempi del mostruoso Piccolo Mugnaio Bianco e dell’orrenda Clementina, figuriamoci ora con Banderas l’eremita che fa tutto da solo e i soli rapporti che ha sono con una gallina (poi fanno tanto casino perché sono per “la famiglia tradizionale”).

Insomma, sebbene da sempre affidata alle menti più brillanti e indubbiamente radicata nell’immaginario collettivo italiano, a me la comunicazione del Mulino Bianco non è mai piaciuta (mentre quella dei prodotti Barilla sì che mi piaceva; c’è un bell’excursus su Fuori Corso) e pure il packaging mi fa incazzare.
C’è dietro un gran lavoro di marketing, però, e va riconosciuto.

 

Package holiday #2

I Rigoli Mulino Bianco

Negli anni, le confezioni dei prodotti Mulino Bianco sono cambiate poco e gradatamente, in modo da non disorientare il consumatore e restare per tutti i rassicuranti prodotti consumati fin dall’infanzia.

fronte

Sul davanti vediamo sullo sfondo il familiare edificio, ormai più riconoscibile del Colosseo.
Noto che alle sue spalle è cresciuto un frutteto – del resto, da dove viene, se no, la marmellata dei Saccottini? – e, al di qua del fiume che fa girare la ruota del mulino, raggiungibili sono a nuoto, due arnie.

In primo piano, la foto del biscotto a grandezza naturale, un’altra arnia e api che svolazzano reggendo un’insegna:

Miele 100% italiano

1. Grazie per non aver scritto “italiano” con la maiuscola, solo per dargli risalto. Grazie di cuore.

2. Embè? Perché me lo dici come se fosse un pregio?
Per carità: mi fa piacere che la Barilla sostenga l’economia locale approvvigionandosi da produttori del territorio (basta che poi non mi mandi il miele di Sondrio allo stabilimento di Melfi), ci mancherebbe altro, ma non so… ci sento puzza di greenwashing.

In basso a sinistra, bello grande, il nome del prodotto e al centro, la mia parte preferita della confezione: la storia.

Da un po’ di tempo, il marketing ha capito (e Barilla fra i primi) che non deve vendere prodotti, deve vendere storie, e allora tutti giù a fare storytelling, tutti i guru della comunicazione a pontificare di narrare, raccontare, emozionare…
Sulla confezione dei Rigoli, Mulino Bianco detta il trend così

C’erano tutti, compreso il miele.
Come ai bei vecchi tempi, pensò.

Sembra una cagata, ma è un capolavoro. Cioè: è un capolavoro, pur essendo fondamentalmente una cagata.

La sintassi spezzata – flagello della scrittura moderna da Büchner in poi – assicura ai creativi di Mulino Bianco (più probabilmente un’agenzia esterna, ma va be’) che anche gli utenti Facebook – notoriamente incapaci di esprimere pause, incisi e relazioni se non con una profusione di puntini di sospensione – riescano a leggerlo con la giusta espressività da comprenderlo.

La vetta è “pensò”.
Il verbo è al passato remoto, come nei racconti, ma non è che un’ulteriore raffinatezza.

Quel “pensò” contiene tutta la storia: dice che c’è una persona che pensa.
Sesso, età, religione e ceto sociale non sono specificati: chiunque si può immedesimare ed essere il soggetto del “pensò”.

E a che cosa pensa? Ai bei vecchi tempi.
Sul potere evocativo dei bei vecchi tempi e del si stava meglio quando si stava peggio non mi soffermo.

“C’erano tutti, compreso il miele” può essere interpretato sia come dato di fatto che fa scaturire la riflessione sui bei vecchi tempi, sia come parte del pensiero stesso: l’individuo cogitabondo di cui mi stanno raccontando prende atto della presenza di tutti gli ingredienti, è credibile e affidabile come Montalbano che procede nell’indagine.

Sappiamo che si parla degli ingredienti dei biscotti perché si cita il miele, sbandierato poco prima, ma l’espressione “C’erano tutti” rimanda in prima istanza a un’adunata di persone, magari una famiglia: trasmette aggregazione, sicurezza, accoglienza, allegria.

Applausi al copy che s’è inventato ‘sta confezione.
Scarsa stima per l’azienda che la usa per conquistare fette di mercato, non potendo, vien da supporre, far leva su altre qualità del prodotto.
Pessima considerazione del consumatore che compra i Rigoli perché sedotto dalla confezione.

Ci sono ancora un sacco di cose da dire sul packaging dei Rigoli, ma me le tengo per un altro post!

4 thoughts on “Package holiday #2 – Rigoli Mulino Bianco

  1. Pingback: Package holiday 2.2 – Rigoli Mulino Bianco, seconda parte | Larrycette

  2. Giraffa

    Per qualche riga ho temuto che mi volessi demolire anche la Famiglia Cuore Baci e Abbracci, che avevo (ed adoravo) da bambina (a casa mia non sono mai arrivati i nonni, sigh!). NON è un’idea per un altro post!!!

  3. Larry Post author

    No, tranquilla, non saprei cosa dire a riguardo; io avevo la Barbie, dozzine di Barbie.
    Le mie bambole facevano shopping, andavano dal parrucchiere, si cambiavano d’abito e abitavano in appartamenti con l’ascensore, dai quali partivano su macchine sportive per andare nella casa di campagna con il colonnato (non so perché non ci stessero sempre, dato non avevano un lavoro al quale recarsi in città), non avevano tempo di stare dietro a degli stupidi marmocchi.

    Ad ogni modo, penso lo facessero di notte, tipo Toy Story, perché io non ci giocavo e non facevo fare loro niente di tutto questo.

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