Parla come mangi [e non mangiare schifezze!]

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La senilità acuisce le fissazioni, quindi perdonerete se riprendo uno delle mie tematiche tipiche, ovvero “Il fatto che le lingue siano in evoluzione non ci autorizza a portarle precipitosamente all’estinzione“.
Oltre al già deprecato uso della “K”, allo stupro dei congiuntivi e altre violenze al “corpo” della lingua, bisognerebbe guardarsi anche dai plagi al suo “spirito”, ovvero dall’esprimere i concetti con strutture formalmente corrette, ma che non sono aderenti al vero uso della lingua.
Faccio un esempio tipico.
Se dovete dire, in Inglese, Non vedo l’ora di sentirti, non dite “I don’t see the hour to hear you”, bensì I’m looking forward to hear from you; non fate una traduzione automatica della singola parola, ma esprimete il concetto secondo l’ “uso” della lingua di arrivo. Insomma, dite quasi la stessa cosa [giusto per scomodare Eco senza motivo].

E allora, che bisogno c’è di fare queste forzature all’Italiano?

Il bisogno, credetemi, non c’è, al massimo c’è la volontà di dire le cose velatamente, di evadere le domande, di comunicare senza informare. Un esempio banale e già citato – ma che mi irrita sempre – è sostituire “problema” con “situazione da risolvere”, per minimizzare la gravità della cosa [postulando, quindi, che l’interlocutore sia un idiota].

Qualche giorno fa mi sono imbattuta in un nuovo, formidabile esempio di questa pratica, che se da un lato dà la misura del decadimento dei nostri tempi, dall’altro è proprio ridicolo.

Si avvisa la gentile clientela che,  nella stagione estiva, il negozio osserverà un periodo di chiusura straordinaria, dal 10 al 17 agosto.

…Mmm….Come dire?….

Chiuso per ferie????

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