Parla con élja | Fonetica, le vocali [2]

Pare che i friulani (ma dubito solo loro) sostengano che il triestino non sia una lingua (o un dialetto), bensì semplicemente un difetto di pronuncia.

Ad un primo ascolto, in effetti, l’affermazione è condivisibile, specie quando si è di fronte ad una pronuncia molto strascicata e greve sulla bocca di soavi fanciulle (purtroppo la storia che Trieste è piena di figa – perdonate il tecnicismo – è tragicamente vera)  che non dovrebbero andare oltre il francese essendo l’Italiano per i cavalli.

Lasciando da parte le sensazioni personali, si scopre che – prodigio! – anche il triestino ha una fonetica. Claudicante, forse, approssimativa, se volete, ma ce l’ha; e io posso provarlo.

VOCALI

Graficamente rappresentate come 5, le vocali del triestino sono almeno 7, ma io ne ho contate 9, 10 se consideriamo il dittongo.

A – centrale, come l’italiano “pappa”

Ahnj – leggermente arretrata, ma non propriamente una schwa, vagamente nasale e chiusa da un delicatissimo colpo di glottide.

Non ha un corrispondente in italiano ed è un suono che non viene usato nella pronuncia di vocaboli di senso compiuto. Di fatto è una particella enclitica che segue tipicamente “sì” e “no” (più sovente “sì”), ma anche locuzioni più complesse; in origine sembra avesse valore rafforzativo, ma la sua capillare diffusione e l’impiego sistematico lo hanno appannato.
Se nel discorso diretto potrebbe essere in alcuni casi assimilabile al “eh” pleonastico di alcune varietà del nord dell’Italiano (si pensi a scambi come “Ma amore, non mi vuoi bene?” “Ma sì, eh, però quando mi sfasci un fanale in posteggio per la quinta volta mi gira il belino lo stesso”), l’ipotesi cade nel discorso indiretto, ove viene curiosamente spesso mantenuto.

È intuitivo con qualche esempio pratico:

Discorso diretto:

“Te volessi un bicer de vin?” (“Gradiresti un bicchiere di vino?” nb: sui modi verbali ci soffermeremo più avanti)
“Si ahnj” (“Grazie, volentieri”)

“La g’ha de ‘mpizar?” (“Mi scusi, avrebbe forse da accendere?”)
“E no ahnj” (“Purtroppo no, mi spiace”)

“La scusi, che ore son?” (“Chiedo scusa, sa dirmi che ore sono?”)
“Non so ahnj” (“Mi spiace, non lo so”)

Discorso indiretto:

“Te g’ha visto ‘l mato? No’’l dovessi vegnir?” (“Hai notizie del nostro amico? Non sarebbe dovuto venire?”)
“’l me g’ha dito de si ahnj” (“Mi aveva detto di sì”)

“Sta a veder che ora vado da la mula e ghe domando de vegnir fora a zena con mi doman” (“Osserva come mi faccio coraggio e invito a cena quella ragazza”)
“Bon, ti domandighe, ma te vederà che la te dirà de no ahnj” (“La tua intraprendenza è lodevole, ma temo che declinerà”)

E aperta – come in “pesca”

E chiusa –  come in “pesca”

Scelleratamente il triestino inverte con perniciosa regolarità la e aperta con quella chiusa rispetto all’italiano, rischiando di avere gente che pratica un frutto per hobby o che si mangia un’intera attività, con ami, lenze ed esche vive. Dev’essere infernale. Questo non accade solo perché in triestino i due suddetti vocaboli non esistono (Ove possibile, infatti, il triestino predilige l’infinito sostantivato, perciò “’ndemo a pescar” e non “’ndemo a *pesca”. Inotre, il frutto si chiama *persiga; il singolare è andato in disuso, attualmente esiste solo al plurale col vin).

EI dittongo – è la pronuncia di /e/ in alcuni contesti. Si pronuncia [ei:] minimizzando il più possibile il passaggio tra una vocale e l’altra. In pratica è una /e/ chiusa fino al punto oltre il quale non sarebbe più possibile chiamarla /e/.
È il caso dell’articolo determinativo maschile singolare “El”, che in alcune varianti rionali suona “Eilj”  (per la jotazione della liquida alveolare si rimanda al paragrafo sulle consonanti).

I – anteriore alta, come l’italiano “pizza”

Non dà particolari problemi, salvo il fatto di venire allungata in alcuni contesti, non facilmente categorizzabili.
Poiché, comunque, la quantità di questa vocale non determina variazioni di significato, possiamo – per semplificare – considerare che esista una sola /i/

O aperta – come in “botte”

O chiusa – come in “botte”

Anche in questo caso, si rischia di ricevere percosse anziché litri di vino, ma nonostante questo, il triestino impavido persevera nell’aprire e chiudere le vocali al contrario, a sfregio.

Il vocabolo che meglio esemplifica le differenze fonetiche tra queste vocali tra italiano e triestino è:
ascensore
: tutte chiuse in italiano, tutte aperte in triestino.

Si noti, per inciso, che in questo vocabolo emerge anche l’anarchia fonetica sul tratto [+/- sonoro] della /s/: sorda in italiano, sonora in triestino, perciò avremo:
it.: [a ?e?sore]
ts.:[a
???z?r?]

U anteriore bassa, come la U dell’italiano “zuppa”. Se accentata si distingue ancora per quantità:

U breve: anteriore bassa, con accento breve ascendente – come nell’inglese “full”
U lunga
: anteriore bassa, con accento lungo discendente – come nell’italiano “duro”
I puristi sostengono che vi siano contesti in cui il variare della quantità di questa vocale determini variazione di significato:

“cul” (culo) è un sostantivo ed è anche un aggettivo (indica qualcosa “di cattiva qualità” / “di scarso valore”)

“Ciò, varda che no te la g’ha pe’l cul” (sostantivo, /u/ lunga. Lett: “Ehi, guarda che non ti presta attenzione”)

“Ciò, g’ho comprà un telefonìn de ventinove euro, ma’l me par un po’ cul” (aggettivo in posizione predicativa, /u/ breve. Lett.: ”Ho acquistato un cellulare per 29 euro, ma mi pare abbia funzionalità limitate”)

In genere il contesto esclude equivoci e la conversazione non è inficiata da eventuali inesattezze nella pronuncia.

I neofiti non si scoraggino: tanto il triestino medio è istintivamente ostile verso chi gli si rivolge “in lingua”, tanto ha simpatia per chi si sforza di riprodurne l’idioma, perciò non preoccupatevi se la vostra pronuncia non è perfetta.

Certo, non appena volterete le spalle vi sparlerà dietro e vi taccerà di “foresto”, ma lo farà con leggera benevolenza.

?

About Larry

Un giorno Bruce Springsteen mi porterà via con sé, nel frattempo vivo avventure rocambolesche ogni volta che mi avvicino a un fornello e sottopongo ad attenta analisi tutti i locali nei quali vado a mangiare. Una volta ho incontrato un orientista e l'ho sposato senza comprendere la portata della tragedia. Il lamento dell'orientamento è su Larryetsitalia.net

6 thoughts on “Parla con élja | Fonetica, le vocali [2]

  1. Pingback: Tweets that mention LARRYCETTE » Blog Archive » Parla con élja | Fonetica, le vocali [2] -- Topsy.com

  2. markogts

    No, speta un poco. Alora: no son un accademico, ma secondo mi (“si sbalio corigetemi”) in triestin se ga de scriver:

    “go” e non “g’ho”
    “persigo” e non “persiga” (da cui vin coi persighi, non co le persighe)
    “La scusi, che ora xe?” e non “La scusi, che ore son” (o al limite “che ore xe”, ma el plurale no lo go mai sentido, sona tanto “talian”)

    Per el resto: xe do ore che ripeto davanti el monitor “ascensore” “assscenssssore” “ascensore” “ascenzore” e no capisso cossa che te vol dirme… E la cosa xe interessante, perché me par de capir che sia la stessa roba che zercava de spiegarme anche mia moie (che la xe mezza milanese), e no ghe rivavo gnanca all’epoca. Bon, me conterè dal vivo.

    PS Più che foresto, el vero triestin te dirà che te son “talian”. Ma in genere la roba comincia a dar fastidio solo co un esagera. Tipo el napoletan che in stentato triestino el fa: “ciò mi cco torno giù a Napoli non me capissci più nessun, che parl con sto accento triestinnn” . Te me farà sentir el tuo triestin e te saverò dir se te fa la figura de “taliana”.

  3. markogts

    (purtroppo la storia che Trieste è piena di figa – perdonate il tecnicismo – è tragicamente vera)

    Te disi? Te me conterà che giri che te frequenti, AHNJ…

  4. Pingback: LARRYCETTE » Blog Archive » Parla con élja [2] – Errata corrige

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *

This site uses Akismet to reduce spam. Learn how your comment data is processed.