Parla con élja. Un’introduzione

      3 Comments on Parla con élja. Un’introduzione

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Il confine tra lingua e dialetto è da sempre oggetto di controversie.
A molti dialetti piace farsi chiamare “lingua”, a molte lingue piace distinguersi al loro interno.

La definizione che preferisco è che “una lingua è un dialetto con un esercito e una marina”, che la dice lunga sull’arbitrarietà del prestigio assegnato ad una parlata (Max Weinrich. Weinrich, bestie, non Weinberg!).

Un criterio oggettivo tipicamente diffuso per valutare se una parlata è la varietà di una lingua (o, meglio,  se due dialetti sono due varietà di una stessa parlata, indipendentemente dal fatto che sia essa assurta a lingua ufficiale) è quello della reciproca comprensione.
Funziona con l’Inglese di Londra e quello di Los Angeles.
Funziona con il Tedesco di Berlino e di Berna.
Funziona – per quanto ce la mettano tutta a sostenere il contrario – con il Serbo – Croato di Belgrado e di Banja Luka.
È uno dei motivi per cui si dice che il Friulano e il Sardo siano lingue.
Permette comunque di giustificare il rapporto imbarazzante tra Genovese e Portoghese con la storia  dell’eccezione che conferma la regola.

Insomma, per quanto campanilisti ci si sforzi di essere, per quanto la cadenza locale possa essere di ostacolo sulle prime, per quanto alcuni vocaboli differiscano, in linea di massima, con un po’ di impegno, di orecchio e tanta pazienza dell’interlocutore, all’interno dei confini nazionali ci si comprende sempre.
Proprio perché – però – oggettivamente, di primo acchito, ciascuna parlata locale può risultare di difficile comprensione ad un forestiero, esiste la lingua ufficiale. Grazie ad essa tutti coloro che appartengono alla stessa nazionalità o che condividono un territorio possono interagire. Sociologicamente parlando, la lingua e il suo uso è un formidabile fattore di coesione e – contemporaneamente – un mezzo di implacabile categorizzazione della popolazione.

Uno straniero che parla la lingua della terra che lo ha accolto si integra meglio nel nuovo tessuto sociale e spesso è proprio la dimestichezza con la nuova lingua a determinare la qualità della nuova vita.

Il Triestino – pur essendo un dialetto di comprensione piuttosto facile per un parlante italiano – fa una selezione spietata.

Subdolo, è più facilmente comprensibile a livello fonologico [per esempio io del friulano non distinguo neanche dove finisce una parola e comincia quella successiva] e morfo-sintattico, ma solo in apparenza semantico.
Il Triestino usa significanti dell’italiano in relazione a significati imprevedibili.

Se dovete a tutti i costi integrarvi nel tessuto sociale del capoluogo giuliano ecco una piccola guida di sopravvivenza quotidiana.

Alcuni degli argomenti che affronteremo:

1)  La fonetica:
…..1.1: Sette vocali e neanche una al posto giusto
…..1.2: Tra tutti i posti che ci sono per articolare la L, proprio questo qui?

2) Il genere dei sostantivi: l”autobus è diventato femminile perché è tram-sessuale?

3) Significati imprevedibili: meno male che Frege è già morto, altrimenti sarebbe andato insieme sentendo certe espressioni

…e – naturalmente – molto altro ancora.
Mi raccomando, applicatevi perché alla fine interrogo.

3 thoughts on “Parla con élja. Un’introduzione

  1. markogts

    “Articolare la L”? Ma te intendi co disemo “ecol(j)o”*? E sto Frege, pol esser che lo go visto sulla 36 che andava al bagno?

    *”Ecolo” xe uno dei nani triestini, quel pronto.

  2. Fed

    L’erri, dillo che l’hai fatto per me :)
    Trasloco ufficiale previsto per questo sabato!

  3. Larry Post author

    Sto preparando il capitolo sulla fonetica.
    Mi bolle il sangue.

    A voi decidere se sto implicando una relazione causale fra le due affermazioni o se siano in successione casuale.

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