Quinta cena regionale, la Lombardia – Portata principale: ossobuco con risotto alla milanese (3)

Risotto alla milanese

Il risotto alla milanese è risotto allo zafferano.
Siccome ai milanesi piace sentirsi protagonisti, chiamano “alla milanese” un po’ qualsiasi cosa si metta nel piatto, dal risotto alla cotoletta, ma ci piacciono così.

Fare il risotto è facile, e si fa praticamente sempre allo stesso modo: si fa il soffritto, si tosta il riso, si aggiunge il brodo e alla fine si manteca. Nel mezzo, si mette l’ingrediente caratterizzante.

Ci sono due scuole di pensiero per la preparazione del risotto:

i fighi, che sanno esattamente quanto tempo il riso ci metterà a cuocere, calcolando a occhio la temperatura della pentola, quella del brodo, il coefficiente di assorbimento dei chicchi e infinite altre variabili, conoscendo le quali possono mettere subito tutto il brodo nella pentola, non toccare niente per venti minuti e trovare il risotto morbido e cotto a puntino al loro ritorno.
le mezze seghe, che tengono sempre la fiamma a un livello diverso, e quindi non sono in grado di capire a che temperatura arriverà la pentola, che usano sempre una qualità o marca di riso diversa e non hanno idea di quanto ci impiegherà realmente a cuocere (e che non ce l’avrebbero neanche se usassero sempre lo stesso riso, perché mica si ricordano da una volta all’altra), che fanno il brodo alla cazzomanaggia, sempre troppo presto o troppo tardi, ignorandone la temperatura, e che di conseguenza sorvegliano il risotto come il sonno di un neonato e devono aggiungere il brodo gradatamente.

Vi lascio indovinare di che gruppo faccio parte…

 

Risotto allo zafferano (alla milanese)

Senza sorprendermi particolarmente, il manuale del Corriere della Sera dice che il risotto giallo alla milanese si fa così

Ingredienti per 4 persone che poi non so mica se mangiano anche qualcos’altro

320 gr. di riso Carnaroli
1 bustina di zafferano
1/2 cucc.no di stimmi di zafferano
50 gr.di midollo di bue
1 cipolla
70 gr. di burro
vino bianco secco
brodo di carne
Grana Padano grattugiato
sale

Procedimento

Si mettono gli stimmi di zafferano ad ammollare in poco brodo, poi si fa il risotto come ho illustrato in precedenza, seguendo il sistema delle mezze seghe (meno male!).
Più precisamente: si fa fondere circa la metà del burro e ci si stempera dentro il midollo, ci si fa cuocere la cipolla e tostare il riso.
Poi si sfuma col vino, si bagna con un mestolo di brodo caldo e si aggiunge brodo alla bisogna, fino a cottura ultimata.

Qualche minuti prima di finire la cottura, si aggiunge lo zafferano, sia in polvere che in pistilli, e si manteca a fuoco spento con il grana e il restante burro.

Come io ho fatto il risotto alla milanese con lo zafferano

Non per vantarmi, ma sul risotto sono abbastanza ferrata; diciamo pure che quando distribuivano la capacità di fare la pizza, io stavo facendo il secondo giro per la capacità di fare il risotto. Ne deriva che ho dato un’occhiata di sfuggita alla ricetta, per controllare che non ci fosse qualche particolarità prettamente regionale a me ignota, e poi ho fatto il risotto giallo come l’ho sempre fatto.

A dirla tutta, la “particolarità prettamente regionale a me ignota” c’era eccome, il midollo di bue, ma in casa mia non lo abbiamo mai messo, quindi “non ci va”.
Possiamo discutere sul senso di verificare l’esistenza di una procedura diversa per il puro gusto di rinnegarla, ma scordatevi che metta il midollo di bue nel mio risotto alla milanese.
Probabilmente ci va, come l’aglio va nel pesto.
Anzi, chissà com’è buono il risotto alla milanese fatto con il midollo di bue, ma io non so neanche come sia fatto il midollo di bue, a giudicare dal nome è una cosa che mi fa impressione e mi vergogno ad entrare in macelleria e chiedere mezz’etto di roba, quindi non ce l’ho messo; per giunta, ho sempre fatto benissimo senza.
Milanesi, inorridite quanto vi pare.

Ho, dunque, fatto appassire il porro nel burro – perché se non avevo cipolla per gli ossibuchi, non l’avevo neppure per il risotto! – e fatto tostare il riso.

Manco a dirlo, ho usato riso integrale (biologico), che è squisito e profumato come un biscottino, ma impiega a cuocere il tempo che io impiego a trovare una lanterna in Slovenia, quindi il tempo trascorso a vegliare il risotto nella pentola si è spaventosamente dilatato.
Soprattutto se usate una varietà di riso inconsueta, non vergognatevi ad applicare il metodo mezze seghe.

E fu sera e fu mattino.

Ho gradatamente aggiunto il brodo, anzi: ho aggiunto “dado da brodo” nella quantità confacente al riso usato e acqua calda secondo necessità; in questo modo non mi è avanzato brodo pronto e non ho sprecato un granello di “dado” (che ovviamente è sempre la mia miscela di verdure essiccate con Biosec e polverizzate).

E fu sera e fu mattino.

E il riso integrale ancora non era cotto. Per fortuna ero molto indietro anche con la cottura degli ossibuchi.
Intanto, ho sminuzzato a coltello i pistilli di zafferano che La Mamma aveva portato a me e a CP quando era stata da non mi ricordo che cliente in centro Italia.
Era uno zafferano pregiatissimo e intensamente aromatico, di cui bastava mezzo pizzico per condire un risotto per due persone. Noi eravamo in quattro, quindi ce ne voleva un pizzico intero, che poi era tutto il contenuto del vasetto.

Costava più della cocaina e andava maneggiato con maggior cura, ma era anche infinitamente più raffinato ed intenso dello zafferano che avevo usato fino ad allora. Vero anche che avevo sempre usato lo zafferano Tre Cuochi/Leprotto (sono due marchi della stessa azienda, mi pare, o due distributori dello zafferano di medesima provenienza… la fonte è un mio ex, perciò non so quanto fosse attendibile), ma usare questo zafferano in pistilli è stato come mangiare del frutto proibito.

E fu sera e fu mattino

E a un certo punto ho deciso che il riso integrale era cotto, anche se non lo era e i chicchi si potevano usare come pallini da schioppo per la caccia al tordo.

Ho aggiunto il mistico zafferano in pistilli – che non colora di giallo come quello in polvere, ma fidatevi che non è determinate – ho ultimato la cottura con la fantasia e ho mantecato.

Ho usato Parmigiano Reggiano e non Grana Padano, perché a me il Grana Padano non piace.
Non che se me lo date da mangiare ve lo sputi in faccia, anzi, ma preferisco mille volte il Parmigiano Reggiano, quindi compro Parmigiano, e, quando apro il frigo per prendere un pezzetto di formaggio da grattugiare per mantecare il risotto, c’è solo Parmigiano.
A parte il fatto che non sarei mai e poi mai in grado di ricordarmene, non sta né in cielo né in terra che vada appositamente a comprare del Grana Padano per metterne due cucchiai nel risotto, che poi mi resta in frigo l’avanzo che mi guarda per farsi mangiare, mentre io continuo a prendere il Parmigiano lasciando il Grana a morire di freddo. Non esiste proprio.

Ovviamente è venuto buonissimo, perché io sono l’imperatrice del risotto e perché abbiamo aspettato talmente a lungo che il riso fosse pronto che avremmo mangiato qualsiasi cosa trovandola buona, ma sarebbe venuto meglio se avessi avuto a disposizione ancora un paio di settimane per ultimare la cottura.

 

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