Senza Grondona, che Pasqua è?

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Come sapete non sono una fanatica dei dolci delle feste, specie di quelli confezionati (vale anche per i prodotti di pasticceria). Non che abbia mai disdegnato una fetta di panettone, ma preferisco un qualsiasi dolce fatto in casa, tranne, ovviamente, il castagnaccio, che non è un dolce, è una punizione divina.

C’è, però, fra i prodotti da forno comandati industriali, un dolce che si distingue per bontà e piacevolezza: la colomba di Grondona.

Da qualche anno, una generosa genoana ci invia direttamente da Genova il prelibato dolce, cosa per la quale le siamo molto grati.

La Grondona è un’industria dolciaria di Genova (neanche: Pontedecimo) che sforna prodotti tipici della zona: pandolce alto e basso, canestrelli, pinolate e qualche altro biscotto ad alto tasso di burro per palati più internazionali, tipo le lunette, che sono dei biscotti con burro, burro, cocco, burro e gocce di cioccolato, che non si rifanno ad alcuna ricetta tradizionale, ma sono buonissimi (e comunque son 30 anni che li producono: la tradizione è autocostituita).

Non so quanto vasta sia la produzione Grondona; la immaginavo contenuta, ma suppongo di sbagliare perché i prodotti si trovano senza grosse difficoltà anche al di fuori della Liguria. Li riconoscete dal packaging scoraggiante: sfondo turchese con, sul lato,  effigie di panzone anziano (chiaramente il Babbo Natale della Coca Cola in borghese) importunato da Shirley Temple. Lo slogan fa deporre ogni intenzione di acquisto: “dall’infanzia alla vecchiaia”. Dice proprio così “vecchiaia”. Nel 2012 alla Grondona usano ancora sulle confezioni dei prodotti la parola “vecchiaia”, che credo sia stata bandita dal linguaggio del marketing nel 1987. Si vede che in Grondona non investono molto in comunicazione; in compenso, non sono avari di burro, e ciò fa loro onore.

La colomba è buonissima, è soffice, contiene pezzetti di vera arancia candita (non rape colorate e zuccherate, per dire) ed è ricoperta con un sacco di mandorle spellate. Spellate, signorsì.
Inoltre, non ha quel retrogusto di deodorante da autogrill che hanno un sacco di dolci industriali, quell’odorastro vagamente agrumato, a metà tra il limoncello e il mastro lindo. Sa di colomba e basta.

È morbidissima quando la si apre, ma va consumata velocemente perché si asciuga alla svelta (mai stato un problema).

Se vi capita di dover comprare una colomba e siete indecisi, il mio suggerimento è di prendere questa, nonostante l’incarto non sia dei più invitanti. Credo che ne resterete contenti e farete un figurone regalandola.

Infatti noi, ieri, alla Giraffa, ne abbiamo portata un’altra.

 

5 thoughts on “Senza Grondona, che Pasqua è?

  1. Simo la Genoana

    Larry ti lovvo!!!!!!! Sono contenta che la nostra colomba con carta lucida color maglietta del Napoli Vi sia piaciuta provala nel forno con sopra una fetta di uovo di pasqua!

  2. Larry

    Giraffa, mica te la potevo portare aperta. Se volete venire ad assaggiarla, noi facciamo colazione alle sei; è un po’ asciutta, ma pucciata nel caffelatte è ancora buona.

    Susi! Aspettavo che qualcuno notasse il tocco di classe.

    Simo, proverò la tua ricetta, ma devo procacciarmi un uovo di Pasqua (non è che non ce l’avevo, è che l’ho finito)

  3. Pingback: Guida di sopravvivenza al Natale by Larry | LARRYCETTE

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