Sesta Cena Regionale: il Trentino-Alto Adige. Dessert, Kaiserschmarren (5)

Il Kaiserschmarren non è una faccia nuova per i lettori affezionati.

Tanto tempo fa, quando, se ci fossimo riuniti a tavola, i coperti miei e dei miei Piccoli Lettori sarebbero potuti stare nella stessa lavastoviglie, la mia amica Giraffa, assidua frequentatrice della montagna austriaca, mi aveva iniziata al rito del Kaiserschmarren.

Chi mi conosce sa che non può che essere il mio dolce preferito, data la mia attrazione – al limite del libidinoso – per le uova. Di fatto, il Kaiserschmarren è una frittata dolce, il che è come dire il miglioramento della perfezione, come se Audrey Hepburn avesse avuto i piedi più corti, come se la Bellucci avesse i capelli rossi, come se Springsteen… niente, Springsteen è già alto a sufficienza.

Sebbene il Trentino-Alto Adige sia una terra benedetta da ottimi dolci, la scelta non poteva che ricadere su questo, anche perché ha il vantaggio di dover essere preparato sul momento, il che costituisce un’ottima giustificazione per non aver preparato nulla prima.

Il Kaiserschmarren è un dolce facile da preparare, relativamente veloce, che mi è venuto piuttosto bene perché l’ho fatto con amore, l’amore sconfinato che provo nei confronti dell’uovo, che tratto sempre con le massime cura e devozione.

Vita e miracoli del Kaiserschmarren

Il nome significa più o meno “pasticcio dell’imperatore”, e per pasticcio si intende proprio “casino”, “guaio”, “cosa mal fatta” o “cosa di poco valore”; il traducente migliore di “Schmarren”, secondo me, è il genovese “ravatto”. Attualmente alcuni dizionari danno come significato principale proprio “frittata dolce”.
Secondo Wikipedia, in Trentino è conosciuto anche con il nome di Smorrn, ma la medesima fonte lo dà per diffuso in tutto il territorio dell’ex Impero Austo-Ungarico; ora, non so in Veneto e Slovacchia, ma qui, in Slovenia e Ungheria non è particolarmente diffuso, e a occhio e croce costituiamo un buon 60% dell’Impero, quindi non prendete questa voce come oro colato.

Circa l’origine, come la maggior parte delle ricette tradizionali, leggenda vuole che sia nato per errore, quando il cuoco di Cecco Beppe ruppe una crespella dolce troppo cotta e, non avendo tempo di rifarla, la servì spezzettata e spolverizzata di zucchero a velo.
Oltre che suggestiva, questa storiella è plausibile, poiché non vedo altra ragione di fracassare la frittata a cottura quasi ultimata e occultarne la superficie.
Se fate una ricerca in rete, noterete che la storia e la descrizione di questo dolce vengono riportati da molti siti con le medesime parole.

*Su zingarate.com, una certa Valentina spiega in italiano corretto e gradevole come fare il Kaiserschmarren, e ottiene 47 “mi piace”; Giallozafferano espone il medesimo procedimento dopo un’introduzione generosa di ripetizioni ed errori di ortografia e ne becca 1.500. Poi vi domandate perché sono misantropa. A parziale discolpa di Giallozafferano, va detto che il testo si trova identico – parola per parola, errore per errore – sul sito del rifugio Friedrich August (passo Sella, val di Fassa, sembra pure un bel posto), perciò gli errori potrebbero essere stati fatti da un’altra penna. Non è dato sapere chi abbia copiato chi, né se non esista, magari, una terza fonte; nella migliore delle ipotesi, comunque, ci sono un ignorante e due sciattoni.*
[Fine di un paragrafo inutile, messo qui solo per far vedere che almeno io mi sono accorta degli errori e che non mi accanisco sempre sui soliti blogger]

 

Come si fa il Kaiserschmarren

Anche questa ricetta è pubblicata sul tomo dedicato al Trentino-Alto Adige della collana di ricettari regionali usciti in edicola con Corriere della Sera qualche anno fa, ma non mi è stato necessario seguirla; inoltre, per conto mio riporta delle dosi sballate, e, anche se così non fosse, il Kaiserschmarren è venuto benissimo, quindi vuol dire che le mie dosi andavano bene.

Per farlo come me, dovete procurarvi i seguenti

ingredienti

– 5 uova
–  5 cucchiai di zucchero (io ho usato il Mascobado di Altromercato, ma viene anche con quello bianco)
– 5 cucchiai di farina (io ho usato l’integrale del Molino Moras, ma viene anche con quella bianca)
– una tazza abbondante di latte
– uvetta (ammollata) e pinoli
– burro

 

… e seguire questo

procedimento

Da una parte – possibilmente in una ciotola, perché sul pavimento non è igienico e, soprattutto, non funziona – sbattete i tuorli con lo zucchero e, una volta che saranno spumosi, incorporate la farina, badando a non far formare grumi.
Per non far formare i grumi ci sono svariate scuole di pensiero:

– gli scrupolosi: setacciano la farina prima, in modo che sia una polvere asciutta e ben separata, senza quelle masse che spesso si formano, per effetto dell’umidità,  nel sacchetto, così da assicurarsi che l’ingrediente si amalgami al composto in modo omogeneo. Se non sbaglio, fanno parte di questa corrente la mia amica Elisa e la sua famiglia: gente che ama fare le cose a regola d’arte, ma senza inibire il senso pratico, ottimizzando, cioè, il più possibile il lavoro.

– i paranoici: setacciano la farina gradatamente, versandola nel composto “minuto per minuto” mentre continuano a mescolarlo. Negli anni, hanno sviluppato una corteccia motoria grande come un broccolo, che fa di loro gli eredi morali di Jeff Porcaro e conferisce loro la portentosa abilità – per me al limite del paranormale – di setacciare con una mano e sbattere con l’altra. I paranoici scoordinati usano il Kitchen Aid. Una seguace della cucina paranoica è la Giraffa, i cui risultati sono sublimi, ma richiedono un livello di perfezionismo al limite della devozione.

– Larrycette: pesco la farina a manciate dal sacco sotto il tavolo e la imbelino direttamente nel composto, senza manco farla passare il piatto della bilancia. Se non ci sono masse agglomerate, le formo io, stringendo la polvere nel pugno (e spargendone comunque un buon 30% sul pavimento). Per evitare grumi nel composto, li disfo con le fruste mentre mescolo, ingaggiando una caccia  spietata al groppoletto, sul quale, poi, mi accanisco con inaudita violenza.
Di solito, questo processo richiede il doppio del tempo e della fatica necessari a setacciare la farina prima, ma io sono convinta di fare molto presto, saltando un passaggio.

Una volta che avrete montato tuorli, zucchero e farina, aggiungete il latte, stemperando il composto gradatamente, quindi, in un’altra ciotola, di capacità abbondante, montate gli albumi a neve ben ferma.

Solitamente io monto tutto con la frusta a mano, sia per sparagnare corrente sia perché nella mia mente bacata sono convinta che venga meglio (in effetti, soprattutto gli albumi, hanno bisogno di tempo per incorporare aria, e difficilmente la velocità delle fruste ne concede a sufficienza); questa volta, però, poiché non potevo far aspettare troppo gli ospiti, mi sono piegata allo sbattitore elettrico.
Non fidandomi dell’elettrodomestico del demonio, ho barato e ho aggiunto un pizzico di sale e due gocce di limone, che su Essiccare ho appreso essere la pozione magica per far montare gli albumi; Essiccare, per fortuna, non sbagliava!

A questo punto, la ricetta direbbe di incorporare gli albumi al composto di tuorli, con l’attenzione di un artificiere, per evitare che gli albumi si smontino.
Non fatelo.
Non fatelo mai, neanche quando si tratta di preparare torte o altre pietanze che richiedono i bianchi d’uovo a neve. Fate il contrario.

Con attenzione, ma almeno concedendovi di respirare, e gradatamente, incorporate il comporto di tuorli agli albumi: è molto più sicuro, per l’incolumità dei bianchi, e semplice. Naturalmente, per riuscirci avrete dovuto darmi retta e aver montato gli albumi in un ciotola più capace del necessario.

Sarà il caso di aggiungere anche uvetta e pinoli; meglio sarebbe unirli al composto di tuorli, ma, se ve li siete dimenticati (come io ho fatto), arrivati a questo punto, siete ancora in tempo.

Non appena tutti gli ingredienti saranno amalgamati, fate sciogliere un pezzo generoso di burro in una padella.
Il Kaiserschmarren dev’essere spesso (altrimenti non sarebbe servito rompersi i coglioni con gli albumi a neve), quindi non tirate fuori il padellone di Camogli. Una padella normale, da 26/28 centimetri di diametro dovrebbe fare al caso nostro. La quantità di burro dev’essere commisurata. Non fate i taccagni, non fate i salutisti e non fate metà burro e metà olio, ché non funziona sempre.

Se avete un complice, potete fargli mettere su la padella in lieve anticipo, mentre voi finite di amalgamare il composto, in modo da poterlo versare subito nel burro caldo sfrigolante (ma non friggente e fumante!). Non affidate l’amalgama ad altri: è comunque un’operazione delicata, che potrebbe andare storta: non è il caso di creare cause di attrito in famiglia per una frittata.

Cuocete, quindi, il composto in padella, facendo molta attenzione a romperlo nel rivoltarlo.
Proprio così, non mi sono mangiata un “non” mentre scrivevo: il Kaiserschmarren si deve rompere, tant’è vero che – per assicurarsi comunque una cottura omogenea e parti abbastanza regolari – si è soliti inciderlo con la paletta, per essere certi di rivoltarlo a pezzi.

La leggenda dice che l’archetipo del Kaiserschmarren, oltre ad essersi rotto, è stato anche cotto troppo, e pertanto è stato cosparso di zucchero a velo per nasconderne il colore non proprio rassicurante.

Io ho – ehm – rispettato la ricetta originale facendolo bruciacchiare, ma poi non ci ho messo lo zucchero a velo perché non volevo coprire il sublime sapore delle uova!

 

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Aggiornamento di febbraio 2014

Se sei un Piccolo Lettore Capitato per Caso e hai tenuto duro fin qui… be’, complimenti per la tenacia!
Forse lo hai fatto perché cercavi proprio questa ricetta, o forse stavi cercando un dessert facile da preparare, che piaccia a tutti…
In questo blog ho descritto la preparazione di molti dolci, con un paio di click trovi tutto attraverso le tag nella barra laterale o facendo una ricerca per parola chiave con il motore interno (in alto a destra).

Per premiare la tua resistenza, eccoti di seguito qualche link a miei post a tema “dessert”.
Non sono i più letti né i più cercati (per quelli ci sono i sistemi automatici): sono semplicemente i miei preferiti e quelli che mi sono sembrati più facili da fare; spero ti siano utili.

Cioccolata calda

Partiamo dalle basi!
Non è una vera e propria pietanza, non possiamo servirla agli ospiti come dessert, ma ha un ruolo fondamentale nella qualità della vita di ciascuno. Prepararla bene vuol dire vivere bene!

 

Latte dolce (budino genovese fatto in casa)

Se si riesce a fare una cioccolata calda, si riesce a fare anche il latte dolce. Inoltre, è pieno di uova (come il Kaiserschmarren)!

 

Linzer Torte

Torniamo a un dessert germanofono. Si tratta, fondamentalmente, di una crostata, quindi il livello di difficoltà della preparazione sale solo leggermente. Mi raccomando: ci vuole una selezione spietata degli ingredienti.

 

Biscotti integrali con frutta secca ed essiccata

Io vado pazza per i dolci “con i semini”, vale a dire con semi oleosi come quelli di lino, sesamo e girasole, magari “sostenuti” da qualche frutto secco come noci o nocciole, così ho creato questi biscottini: sono poco dolci perché sono dolcificati con (poco) miele, in modo da apprezzare la dolcezza naturale della frutta essiccata (uvetta, mele, albicocche).
Certo, non sono “dietetici”, perché – tra semi e burro – sono ipercalorici, ma sono genuini e piuttosto salubri.

 

Barrette energetiche con cereali e frutta fatte in casa (da portarsi dietro a correre)

Ecco una cosa che non è proprio un dolce, è piuttosto una specie di “merendina da supereroi”.
Te lo dico subito: per farle ci vuole un essiccatore. Può essere che vengano anche facendole asciugare nel forno aperto, se non hai un essiccatore e hai voglia di provarci lo stesso, in questo post trovi qualche idea per farle. Poi, se vuoi, fammi sapere com’è andata (mi riferisco alla preparazione delle barrette, ma se vuoi parlarmi delle tue gesta sportive, ti ascolto ugualmente volentieri).

 

Infine, due dolci non facilissimi (ma che sono riuscita a fare, quindi che non richiedono neanche capacità fenomenali), che segnalo perché ne sono molto fiera e ci tengo a salvarli dall’oblio:

La CP torta: ciliegie e panna (in un mare di cioccolato) per il compleanno di CP
La struggente storia di un capolavoro di cake design che fece una tragica fine.

La rigojanci
La specialità ungherese, il dolce preferito di Zzi, una mousse al cioccolato racchiusa fra due sottili strati di pan di spagna al cioccolato. Scioglievolezza ante litteram, insomma.

5 thoughts on “Sesta Cena Regionale: il Trentino-Alto Adige. Dessert, Kaiserschmarren (5)

  1. Giulio GMDB

    Mi è bastato leggere il titolo per cominciare a sbavare peggio di Homer :-)
    Ricordo ancora la prima volta che ho conosciuto questo fantastico dessert: eravamo in 10 amici in vacanza a Golling, paesino nei pressi di Salisburgo. Dopo una lauta cena, vediamo nella lista dei dolci questo strano nome e decidiamo di provare. Ci portano una grossa ciotola di composta di susine a testa. Boh, pensiamo noi, che strano tipo di dessert… No, era solo l’accompagnamento per dei giganteschi vassoi colmi di pezzettoni di crepes gonfiate. Ottimo, anche se solo quello sarebbe stato una cena. Siamo usciti rotolando…

  2. Francy

    Ora che ci penso bene è davvero troppo tempo che Bruttino ed io non ci esibiamo in una Kaisersmarrata. Rimedieremo!

    P.S. Pinoli?????

  3. Pillow

    è bene che tu sappia che ti amo, dopo ciò.
    ed è anche bene che tu sappia che con una marmellata aspra è da pippa, il Kaiserschmarren (qui rigorosamente copincollato, per citartelo. aho, so’ quasi le sette de sera, c’ho l’occhi a pixel, sto ancora a lavoro e devo ancora fare la cacca. sarò padrone di abbracciare commisurati stratagemmi al fine di risparmiare tempo, no?)

  4. Pingback: Piatti tipici Sicilia: menu cena regionale | Larrycette

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