Settima Cena Regionale: la Sardegna. Dessert: Pardulas (5)

Dove eravamo rimasti?
Sono passate più di due settimane dall’ultimo post relativo alla cena con i piatti tipici della Sardegna, abbiamo digerito il maiale col finocchio e gli Europe ci hanno finalmente dato tregua.
Che c’entrano gli Europe? Ma è ovvio, è per via del…

… CAAAA-AAA-RRIE…
Merda, di nuovo!

Insieme ai miei ospiti-complici, avrei realizzato anche il video che testimonia la preparazione delle pardulas, delle barchette di pasta ripiene di ricotta profumata con lo zafferano.
Prima di iniziare le riprese, abbiamo concordato come procedere, e mi sono raccomandata di badare di non pronunciare il mio vero nome (con il quale – curiosamente – alcune persone ancora mi chiamano), perché ci tengo a mantenere la mia reputazione… di Larrycette: se si scoprisse la mia identità, perderei tutto il mio appeal, come lo perderebbe Superman se si venisse a sapere che è quel giornalista sfigato di un Clark Kent.

Tempo tre minuti di riprese, ed ecco che Elisa fa nomi e cognomi di metà delle persone nella stanza.
Io resto interdetta con il mestolo a mezz’aria e la faccia da “mi stai prendendo per il culo, vero?”.
Lei realizza e si fa prendere dal nescione.
Non ho cazzi di girare di nuovo, anche perché non siamo una produzione hollywoodiana, non possiamo fare pardulas finché non viene bene la scena.
A Zzi, quindi, il compito di scoprire come si mettono i “biiiip” nell’audio di un filmato, per coprire le parti che non si vogliono far ascoltare. Non temete: non censureremo il mio turpiloquio, altrimenti il filmato sembrerebbe doppiato in morse. Siccome non lo abbiamo ancora scoperto (Zzi ha fatto altro: anche se ha sposato me, non è completamente abelinato), facciamo senza video, eh? Ché mi sa che siete contenti lo stesso…
Volete sapere come si fanno le pardulas? Ma soprattutto: non siete sardi e volete sapere che cazzo sono?

Settima Cena Regionale: la Sardegna.

Dessert: Pardulas

Le pardulas, come detto, sono dei dolcetti tipici della Sardegna, formati da una barchetta di pasta e un ripieno a base di ricotta. Gnam! Già così promettono molto bene. Più specificamente, sono corazzate di strutto nate per sfondare le ultime difese della vostra dieta.

Per la pasta:

Ingredienti:
4 etti di farina
80 grammi di burro o strutto fuso
olio e.v.o.
sale

Procedimento:
“Impastate, sulla spianatoia, la farina con una presa di sale e l’acqua tiepida necessaria fino ad ottenere un impasto sodo“.
E che cazzo, però, Corriere! Quanto sodo? Sodo che se lo premo con le nocche mi scrocchio le dita? Dammi un’idea indicativa dell’acqua che ci vuole, altrimenti sono capace di mettercene sei gocce e far venire ugualmente l’impasto usando il sudore uscito per lo sforzo dalle mani. Che schifo!
In ogni caso, quando si hanno le scatole piene di impastare, si aggiunge il grasso fuso, che può benissimo essere burro, ma è meglio se è strutto.
“Chi ce l’ha, in casa, lo strutto?” era riuscita a commentare Elisa, un attimo prima che io aprissi il frigo e, con fare normale, ne estraessi il vaso dello strutto, lasciandola a bocca aperta.

Lo strutto fuso non è la cosa più invitante del mondo e ricorda da vicino certi fluidi corporei, ma noi cercheremo di non pensarci e impasteremo con coraggio. Non è male. È talmente unto che, dopo i primi movimenti, le mani restano pulite. Anzi – sono sorprendentemente soffici e idratate, bisognerebbe rivalutare l’impiego dello strutto in cosmetica: tanto il porco muore lo stesso, non è che faremo stragi di maiali per far pardulas e creme per la mani, no? A questo punto, la pasta va lasciata riposare mezz’ora, durante la quale ci dedicheremo al ripieno, ancora più facile da preparare.

Per la farcia

Ingredienti:
4 etti di ricotta
4 uova
2 etti di zucchero
80 g di farina
mezza bustina di zafferano di Sardegna
un limone (la ricetta specifica “non trattato”: se usate limoni non biologici nei dolci, vuol dire che vi volete suicidare, e io non ve lo posso impedire)

Procedimento:
Si mettono tutti gli ingredienti in un contenitore consono e si mischiano.
Io, ovviamente, non avevo lo squallido zafferano delle bustine, bensì il prezioso zafferano in pistilli usato anche nei malloreddus (ne avevo due grammi: dodici euro di zafferano, come a dire che, nello stesso posto, ci compravo una birra Baladin da 75, ma non fatemici pensare!)

Composizione delle pardulas

A questo punto, si stende la pasta, la si taglia in cerchi un po’ più piccoli di un CD, si mette al centro la farcia e si alzano i bordi. Facile, no? Una cazzata, dai.

Peccato che la farcia sia troppo fluida, per non dire liquida, probabilmente a causa del fatto che ho usato una cazzo di ricotta di merda del supermercato, perché non mi sono organizzata per andare dal casaro, e il Caciottaro de Muja – il mio spacciatore di formaggi al mercato di Ponterosso – non tiene latticini freschi.

Non ho gli ingredienti giusti, ma ho un’amica preziosa che sventa la tragedia: Elisa prende la situazione in mano e, soprattutto, prende la teglia dei muffin, dispone i dischi di pasta negli appositi alloggi e li riempie con la farcia fluida, che ovviamente non va da nessuna parte, sorretta dalle pareti della teglia.
Dopo venti minuti a 150 gradi, la casa è pervasa da profumo di pardulas con lo zafferano e io posso togliermi la corda dal collo e scendere dal tavolo.

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