Slavonija e Baranja Open 2013 • Cosa si mangia in Croazia (e Serbia) – 1

Mentre voi poltrivate sotto il tiepido sole romano infilando una crocetta dietro l’altra, o raschiavate palate di freddo nel fango dei boschi del nord, Zzi e io siamo andati alle gare di orienteering della Slavonija & Baranja Open.
[Che culo, diranno subito i miei Piccoli Lettori]

Zzi ha già pubblicato le cartine di Osijek e di Našice, e io non mancherò di relazionarvi come si deve sulla mia gara… una sola, sì: col cazzo che ho fatto anche la seconda nel bosco! Due passi nel centro storico di Osijek il sabato pomeriggio, e ce n’è cresciuto e avanzato.
A proposito di larryetsitalia.net: vorrei aprire un dibattito sulla nuova grafica. Per essere pulito, l’aspetto del sito, è pulito, ma a me pare poco personalizzato, senza neanche un logo, un pupolo, un disegnino demenziale… voi che ne dite?

Non era di questo che volevo parlarvi, ovviamente, però: oggi intendo soffermarmi sull’aspetto positivo di questa trasferta di orientistica.


Diranno subito i miei Piccoli Lettori

No (ok: non solo), bensì le cucine serba e della Slavonia (slavòna? slavonica? slavoniese?), che ho molto gradito durante la nostra troppo breve permanenza.

Il principale tratto accomunante fra le tradizioni gastronomiche di Serbia e Croazia è costituito dalle dosi: mastodontiche – che, detto da me, assume contorni angoscianti.
Un altro elemento che avvicina i piatti tipici di questi paesi è la caratteristica leggerezza: le cotture sono brevi, e l’uso di condimenti è parsimonioso e per lo più effettuato a crudo.
A-ah. Come no, almeno finché  si confrontano queste pietanze con lo stufato di Taun-Taun impanato nei ciccioli e fritto nello strutto di facocero.

Queste le prime delizie che ho potuto gustare durante il nostro soggiorno.

Venerdì 23 marzo: Belgrado


“Larry, sei andata un po’ lunga?” – diranno ancora i miei petulantissimi lettori – “Cosa ci facevi a Belgrado per la Slavonija & Baranja Open?”:
Ve l’ho detto: ho approfittato del buon cuore di Zzi e l’ho ricattato, barattando la mia partecipazione a una gara con la visita alla capitale serba, che, per inciso, meritava la deviazione.
Giunti a Belgrado alle 13, e posteggiato alle 15 a causa del sistema non esattamente intuitivo di sensi unici, ci precipitiamo a visitare la città, facendo uno spuntino in  pekarna (panetteria), tanto per sopravvivere fino a cena – nel senso che Zzi, per sopravvivere e non farsi divorare da me, mi ha ingozzata della prima cosa che abbiamo trovato.

Spuntino pomeridiano

Zzi ha preso una via di mezzo tra un panino e un grissino con sale grosso e cumino; non era una roba mai vista, si trova un po’ in tutto l’Impero.

Io ho preso un bombolotto salato, consistenza plumcake – gusto pane, “con il formaggio” (sa sirom), rimanendoci molto male quando ho capito – solo una volta giunta all’ultimo boccone, perché sono un’ottimista e nutro un’incrollabile fiducia nel futuro anche contro ogni fosca previsione –  che il formaggio era nell’impasto, e non costituiva alcuna farcitura.

Investigando, ho scoperto trattarsi di “puter pužići (sa sirom)“, che letteralmente vuol dire “chiocciola di burro con il formaggio”. A parte l’evidente leggerezza della preparazione, che palesa già dal suo nome la scelta di ingredienti ipocalorici e fedeli alleati nella lotta al colesterolo, è chiaro che il mio destino è mangiare lumache.
Noto mentre scrivo (leggasi: mentre cerco disperatamente il vecchio post da linkare) che non vi ho mai raccontato di quella volta che la mia competenza, pari a zero, della lingua tedesca ha fatto sì che mi ritrovassi nel piatto zuppa con le lumache (che ho pure mangiato, perché sono una donna tutta d’un pezzo e il cibo non si butta, e perché – grazie al cielo – erano a pezzetti)… eppure ero convinta di averlo fatto… si vede che avevo avuto pudore. Era il 2011, Springsteen ci stava lasciando in pace ed eravamo andati in ferie nel ridente Baden-Württemberg. Meno male che, poi, Bruce ci ha salvati, conducendoci in luoghi più ameni, tipo… Colonia.

BUREK

Suppongo che tutti conosciate il borek, ossia quella sorta di chiocciola di pasta (tipo) sfoglia farcita con i ripieni più disparati servita nei chioschi di kebab. Il burek non è affatto la stessa cosa.
Il burek è una chiocciola di pasta (tipo) sfoglia farcita con i ripieni più disparati, state bene attenti a non confondere le cose, perché ciascuna cultura tiene molto alla paternità della propria pietanza, la cui somiglianza tassonomica dobbiamo – di conseguenza – imputare a una curiosa coincidenza.

La differenza sostanziale che ho riscontrato io è, in realtà, nelle dimensioni. Il borek è monoporzione (anche se suppongo sia un espediente di marketing, per renderlo al contempo più pratico e appetibile per il consumatore “da asporto”), il burek si fa in una teglia enorme e si taglia a fette.
A Mostar (BiH) avevo visto una teglia di burek al formaggio grande come il padellone di Camogli.

Nella pekarna di Belgrado, la teglia del burek alle mele adocchiato da Zzi ha un diametro di una quarantina di centimetri ed è vuota per tre quarti. Ne chiediamo una porzione. Io sono tutta intenta a leggere i cartellini delle cose, che un po’ mi deludono perché sono scritti in alfabeto latino, Zzi paga e ce ne andiamo.
Schiaffeggiata da un vento che mi spalma innumerevoli briciole unte sulla faccia e sull’impermeabile nuovo, rifletto profondamente su questa versione dolce del burek, che non sapevo esistesse.
Immaginavo, in effetti, che anche in Serbia riempissero la pasta con le mele, come qualsiasi cucina propria di una latitudine in cui crescono mele, o ragionevolmente prossima ad essa, fa, ma pensavo che anche qui vigesse l’usanza di dare un nome diverso alle pietanze a seconda che siano dolci o salate, come da noi siamo soliti chiamare “torta pasqualina” la pasta sfoglia ripiena di formaggio e verdure e “strudel” quella farcita con mele e pinoli (ad eccezione dei triestini, che chiamano tutto “strucoljo”).

Quando Zzi estrae la porzione di burek dal sacchetto, capiamo come mai pesasse tanto: è il restante quarto di teglia.

Dato che per Zzi è troppo e poi gli resta indigesto, mi sacrifico e ne mangio alcuni morsi, giusto per avere le energie necessarie a raggiungere l’estremità del Kalemegdan e da lì osservare la confluenza della Sava nel Danubio.

Fa talmente freddo che poco dopo Zzi acconsentirà a una seconda merenda in una caffetteria.

È il giorno più bello della mia vita.

5 thoughts on “Slavonija e Baranja Open 2013 • Cosa si mangia in Croazia (e Serbia) – 1

  1. Francy

    Quando hai raccontata di esserti strafogata pensavo avessi esagerato, ma mi sa che è l’opposto….e non è che la prima puntata!!

  2. Larry Post author

    Per far su quattro chili e mezzo in tre giorni bisogna, sì, avere una certa attitudine personale, ma occorre pure mettersi di buona lena!

  3. Pingback: Cucina serba: recensione Dva Jelena, Skadarska 32, Belgrado | LARRYCETTE

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