Terza cena regionale: la Liguria. Dessert: latte dolce al cioccolato (5)

Siccome non siamo andati a vedere Springsteen a Milano e facciamo finta di non patirci neanche, cambiamo completamente discorso e parliamo di cibo, che non si sbaglia mai.
Nel frattempo, ho dato il tormento a Zzi affinché apportasse una piccola modifica al layout della pagina. Ve lo dico in caso non l’aveste notata, discreta com’è (sbizzarritevi pure nei commenti).

Nel disperato tentativo di non far passare un mese intero tra una portata e l’altra, si diceva, vi racconto in extremis cosa ho servito come dessert alla Regina della Bussola e al suo Principe Consorte: o læte douce.

Terza cena regionale: la Liguria. Dessert: latte dolce al cioccolato

Il latte dolce, nonostante la somiglianza del nome, non ha niente a che vedere con il dulce de leche, l’esotica e dolcissima crema di origine argentina simile al mou.
Il latte dolce, molto più genuinamente, è budino o – con un termine comune ai dialetti ligure e piemontese (sebbene non indichi precisamente la stessa cosa) – bonetto.

Io me li immagino, i genovesi emigrati in Sudamerica, partiti senza una palanca, da trent’anni, forse anche più, che con fatica avevano messo da parte i soldi per tornare su e farsi la casa indipendente col giardinetto, il rampicante, la cantina con il vino, l’amaca tirata a un albero a mo’ di letto, per farci un riposino alla sera e al mattino, con il figlio che dice “non ci pensare, cosa vuoi tornare a Genova”, e quelli che rispondono che, se ci pensano, allora rivedono il mare, i loro monti, piazza della Nunziata, vedono il monte Righi e gli si stringe il cuore, la lanterna, la cava e – in lontananza – il molo; vedono la sera, Genova illuminata, rivedono la foce del Bisagno e sentono il rumore dei flutti che si frangono sulla riva e sperano ancora di poter tornare nella terra d’origine, me li immagino  – dicevo – in Sudamerica che sentono dire “dulce de leche” e pensano che sia laete doce, ma anziché la morbida crema a base di uovo viene somministrata loro la bavosa emulsione di latte e zucchero caramellando. Per forza che poi, senza fare tanti discorsi, nonostante il figlio – che, del resto, è un parlante nativo spagnolo e non sente nostalgia – sconsigli la traversata transoceanica in età avanzata, pigliano su e tornano a Genova.

 

 

Il latte dolce, questo sconosciuto: cos’è e come si fa

La massima espressione del latte dolce è il latte dolce fritto.
Si prepara con un poco più di farina di quella che si usa per mangiarlo al cucchiaio e lo si lascia cuocere qualche minuto in più, in modo che risulti molto sodo e compatto.

Quando è cotto, lo si versa su un ripiano liscio e pulito, che può essere una teglia umida, o il piano di lavoro della cucina, o un tagliere, proprio come fosse polenta, e lo si livella affinché abbia lo stesso spessore.

Una volta divenuto freddo e rassodato, lo si taglia a losanghette, che vengono poi impanate e fritte.

Budino fritto!
Non esistono etnie superiori, ma dovete convenire con me che, di fronte ad un’espressione di civiltà tanto elevata come il budino fritto, è difficile non asserire che quello genovese sia un popolo evolutissimo.

Il latte dolce, però, può anche essere gustato al cucchiaio; in questo caso lo si lascia più morbido e si prepara così:

Ingredienti

Farina
Zucchero
Uovo
Latte
Scorza grattugiata di limone

Dosi

Rigorosamente a occhio, ma facciamo due cucchiai di farina, due di zucchero, un uovo, la scorza di mezzo limone e mezzo litro di latte, via.

Preparazione

Mescolare bene farina, zucchero, scorza e uovo, stemperando poi il composto con il latte, che va aggiunto gradatamente per evitare grumi.

Quando avrete aggiunto tutto il late, mettete sul fuoco e portate ad ebollizione, continuando a mescolare, finché non si sarà addensato a sufficienza.
Tenete presente che a questa temperatura si presenta più fluido di come, poi, sarà da freddo.

Versatelo in una fondina umida e lasciatelo raffreddare, poi riponetelo in frigorifero.
Se volete accelerare il raffreddamento, quando la fondina è tiepida potete metterla con il culo a bagno nell’acqua fredda: dovreste guadagnare circa un’ora e poter mettere il dolce in frigo prima, ma dipende molto – ovviamente – dalla temperatura dell’ambiente.

Dopo qualche ora in frigo, il latte dolce è sodo come le tette di Rosie Huntington. A questo punto potete ribaltare la fondina e porzionarlo a spicchi.

“Ma come?
Così, alla brutta Eva?” – diranno subito i miei Piccoli Lettori.

Ebbene sì: il latte dolce è un dessert semplice e sbrigativo, in linea con la propria personalità genovese, schietto al limite dello spiccio, che no cerca atri belin feua de lì.

Avendo ospiti e volendo proporne una versione con ingredienti integrali, mi sono concessa una variazione sul tema. “Rivisitazione” direbbero gli chef alla moda.
Io detesto la parola “rivisitazione” e tutta la sua famiglia semantica quando ha a che fare con i fornelli, e rivendico la dignità della mia variante estemporanea, rigorosamente non attestata da nessuna parte, nata perché “se devo fare una pasta al pomodoro, come minimo in casa non c’è il pomodoro” e non avevo limoni, ma arance a biondo dio, e finora irripetuta.

 

Come ho fatto io il latte dolce al cioccolato

Ingredienti


Farina integrale
Zucchero integrale (Mascobado)
Uovo (biologico, di dodo, a giudicare dal prezzo)
Scorza grattugiata di un’arancia piccola
Cioccolato 83% cacao
Latte

Procedimento

In una terrina con l’interno bianco affinché le foto venissero un po’ meglio, ho mescolato con la frusta tutti gli ingredienti tranne il latte e il cioccolato.

 

 

Non so se dipenda dalla grana più grossa, ma secondo me la farina integrale fa meno grumi rispetto a quella raffinata; certo, è di per sé tutta un groppoletto, quindi dal punto di vista della sensazione sul palato non ci guadagniamo.

 

Ho aggiunto il latte a filo, sempre per scongiurare la formazione di grumi.
Lo zucchero integrale e la farina conferiscono al composto un simpatico color nutria scarsamente invitante, ma io procedo imperterrita, piena di fiducia nella bontà del risultato finale, che vincerà ogni scetticismo.

 

Cuocio sul fornello come consueto e nel frattempo, con il coltello, riduco in scaglie il cioccolato fondente, rimettendoci qualche unghia nella foga, ma rimuovendola con accuratezza dal tagliere.

 

Sprezzante delle leggi della fisica, a fine cottura ho aggiunto le scaglie di cioccolato, affinché ne venisse fuori una specie di stracciatella.
Ovviamente, il cioccolato, che – lo ricordiamo – si chiama “fondente” per una ragione, a contatto con la lava d’uovo si è squagliato come me di fronte a Springsteen[*]; a quel punto, ho mandato tutto in mona e ho mescolato energicamente, affinché il cioccolato fosse almeno distribuito omogeneamente nel composto.

 

 

Per fare la figa, ho distribuito il latte dolce nelle coppette individuali del servizio buono, e ho guarnito con un bollino di cioccolato fondente, immaginando che si sarebbe squagliato sulla sommità della crema, dando luogo a una sofisticata decorazione.
La temperatura del latte dolce, già considerevolmente più bassa di quella che il composto aveva nella pentola, e la maggiore massa del pezzo di cioccolato hanno reso il mio piano irrealizzabile e l’effetto finale è stato quello di una cucchiaiata di budino con un quadretto di cioccolato sopra, sciolto ma non troppo.

 

Poi, ovviamente, il dolce aveva anche dei difetti organolettici: era troppo dolce, o forse non era abbastanza dolce.
Ora come ora non ricordo, ma sicuramente li aveva!

[*]
Io che mi squaglio di fronte a Springsteen:

5 thoughts on “Terza cena regionale: la Liguria. Dessert: latte dolce al cioccolato (5)

  1. Larry Post author

    Suggerisco di iniziare con la versione base, per permettere all’uovo di esprimersi al suo meglio.

    E, naturalmente, di provarlo fritto, se te la senti.

  2. Pingback: Gelaterie a Trieste | LARRYCETTE

  3. Pingback: Kaiserschmarren: ricetta e storia del tipico dolce altoatesino | Larrycette

  4. amara

    latte dolce fritto, meglio col semolino e scorze di limone intere da togliere mentre si taglia
    lo adoro :)

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