Tratti accomunanti e distintivi tra il SAL della Giraffa e una gara di orienteering [2]

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4) Siamo un gruppo, ma ognuno va per conto suo.

 

 

4) Siamo un gruppo, ma ognuno va per conto suo.

Non ho notizie di gare fra gruppi di stitchers (questo il nome trendy delle ricamatrici a punto croce, dette anche crocette) o classifiche per appartenenti a questo o quel SAL, tuttavia anche nel punto croce, quando si tratta di SAL, c’è una forma di costituzione di società. Come nell’orienteering, questo contribuisce a creare un positivo e stimolante senso di appartenenza. Inoltre, la maggiore esperienza di alcuni membri può risparmiare ai novizi molte difficoltà, anche se, come in bosco, alla resa dei conti, cioè quando sei solo tu, l’ago e il foglio, sono tutti cazzi tuoi.

Fanno parte, insieme a me, del primo SAL della Giraffa:
le Wonder Stitchers Rosi (che è anche l’autrice della copertina del libro e dell’agenda di Larrycette) e Ilaria, Vale (che ha anche un blog di cucina tutto rosso e degnamente scritto), La LaraMarilenaPaolaFaby e – appena acquisita – Marina.
Sono tutte più esperte di me, ma si fa parecchio presto ad esserlo. Io, in compenso, so tirare un azimut (non seguirlo, solo individuarlo a spanne sul terreno), ma non credo che mi chiederanno mai di mostrare loro come si fa, anche perché è risaputo che mi perdo sistematicamente alla fiera di Vicenza.

 

5) Ci sono mete intermedie da raggiungere.

Come nell’orienteering, nel SAL si completa un percorso (nella fattispecie: una successione di crocette sulla tela) in un ordine ben preciso. La CapoSAL stabilisce delle tappe di lavoro, che rivela una alla volta, affinché chi finisce prima non proceda di testa propria.
Per esempio, la nostra prima tappa ha previsto che ricamassimo il bordo superiore dello schema; il 1° novembre, la Giraffa ci dirà cos’altro ricamare: potrebbe essere la prima torta a sinistra, ma potrebbe anche essere quella al centro, o quella a destra, o il bordo inferiore… non che ci sia realmente questo rischio, ma se mi portassi avanti, mi sgamerebbe subito e mi farebbe disfare. Infatti…

 

6) Ci sono dei punti di controllo

Alla fine di ogni tappa, le partecipanti si mostrano reciprocamente le foto del proprio lavoro, un po’ per farsi i complimenti e commentarsi a vicenda i lavori (le vere crocette vedono differenze fra ricami identici che noi umani non possiamo neanche immaginare), un po’ per far vedere che stanno seguendo il ritmo e il percorso designato dalla CapoSAL – se no, che senso avrebbe ricamare assieme?
Così, nell’orienteering, non è che puoi punzonare le lanterne nell’ordine in cui ti fa più comodo (oddio, tecnicamente puoi, però perdi), ma devi seguire il percorso stabilito da questo personaggio mitologico, metà fauno e metà ocad, che è il tracciatore, il quale – lo ricordiamo – a seconda delle varie leggende orientistiche è ora rappresentato come una creatura mostruosa e maligna (come il famoso poetsch della tradizione lagunare) o come un’entità benevola e foriera di fortune, da onorare e ringraziare (il cris del folklore carsolino, noto anche come Idolo di Gropada).

 

7) Il percorso fra le mete è libero, ma uno solo è più corretto di altri (e dipende dalla situazione).

In entrambe le discipline, per raggiungere una meta intermedia (lanterna o fine della tappa), ciascuno può fare come gli pare.
Io, per esempio, sono andata avanti per righe orizzontali, da sinistra verso destra e ritorno, mettendo giù 148 sbarre in un senso e 148 sbarre nell’altro per cinque volte, lasciando un buco quando dovevo fare la crocetta di un altro colore (forse c’è l’impiccagione, per questo). Nulla, però, mi avrebbe vietato di procedere per colonne, o in diagonale di tre per due come il cavallo degli scacchi, o alla va’ là Peppone.

Allo stesso modo che nell’orienteering, ognuna di queste scelte ha delle conseguenze sulla velocità di percorrenza. Non solo: una scelta di percorso avventata – specie in passaggi più articolati di questo – comporta il rischio di trovarsi bloccati in un punto, senza sapere come venirne fuori se non tornando indietro (disfacendo, perché nel punto croce passare due volte la stessa crocetta è reato).

Pare che esistano diverse metodologie di approccio al percorso/schema, da modulare a seconda delle caratteristiche dello stesso. Io utilizzo, sia nell’orienteering che nel SAL, il metodo universale “proviamo un po’ di qua e vediamo che succede“.

[Continua]

 

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