Un tranquillo weekend dell’orrore – primo tempo: la torta di mele

 

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Questo secondo fine settimana di novembre è stato all’insegna del fallimento su tutti i fronti.
“Rieccola che parla di orienteering” – diranno subito i miei piccoli lettori.
Non avete sbagliato di molto, ma per la disfatta sportiva dobbiamo aspettare domenica 10 e sbattere fino a Conegliano (se non altro, la domenica precedente avevo fatto la consuete figura dello gnocco fritto senza farmi sbrandare prima dell’alba).

Il primo – clamoroso – fallimento del fine settimana si verifica già venerdì sera, su un terreno insospettabile: la cucina. “Minchia L’Erri” – aggiungeranno i miei piccoli lettori – “se cominci a fare cappelle anche ai fornelli siamo spacciati”.

Eh, belin, non ditelo a me!

Un tranquillo weekend dell’orrore – primo tempo

La disfatta della torta di mele

La settimana lavorativa termina alle 17.00. Immaginate con che cuore colmo di letizia esco dall’edicola, dopo aver cominciato a buttar via 20 anni di lavoro. Per fortuna, a cena sono nostri ospiti i Giraffi, che con la loro compagnia mi tireranno su il morale.
Alla cena pensa Zzi, che è maestro nel cucinare il pesce e servirà delle semplici, quanto deliziose, orate al cartoccio.

Io devo fare solo due fili di pasta e una torta di mele.
La torta di mele è una pietanza subdola.

È semplice, nel senso che richiede pochi, comuni ingredienti, ma non è facile, poiché nasconde insospettabili insidie e non è scontato ottenere un buon risultato.
Siccome non la faccio mai, decido di affidarmi alla migliore sulla piazza: prendo la ricetta dal blog della stessa Giraffa.
Ok, è un suicidio, il confronto sarà impietoso in ogni caso; la migliore delle mie torte di mele non potrebbe stare al pari di quella che la Giraffa preparerebbe bendata, ma non importa: non sono competitiva, non voglio cercare di surclassare nessuno, voglio solo portare in tavola un dolce gradevole.
Sono talmente motivata che mi riprometto perfino di seguire la ricetta.
Addirittura, uso lo stesso tipo di mele scelte dalla mia amica.

 

Sono pur sempre Larry, quindi ho in casa due mele anziché tre, ma è ovvio che la cosa non inficerà il risultato; una mela in più potrebbe bagnare troppo l’impasto, ma una in meno, tutt’al più, lo rende meno gustoso.
Per ovviare, aggiungo una manciata di uvetta, che mi degno perfino di mettere a mollo in acqua e marsala (di solito manco la faccio rinvenire).

Mi attengo strettamente alle istruzioni.

Sono tentata di sostituire l’etto di zucchero, necessario a montare le uova, con una parte di zucchero e una parte (minore) di sciroppo d’agave, ma il timore che la diversa consistenza degli edulcoranti non faccia adeguatamente montare le uova mi mantiene aderente al proposito. Aggiungo giusto solo il pizzico di sale canonico, che sono certa ci vada, anche se non è specificato.

 

Poi, profumo con la cannella, “secondo gusto”. A me piace abbondante.

Scrupolosa come un orafo, peso 160 grammi di farina.
Belin, che pochi!

Eh, son proprio pochi 160 grammi di farina.
Magari la bilancia non è abbastanza sensibile a una variazione di peso così piccola, meglio aggiungere una cucchiaiata di farina per sicurezza. Tanto, anche se questi fossero davvero 160 grammi, 40 grammi in più non faranno la differenza…

Alla farina va mischiato il lievito. Non sono una fan del lievito istantaneo per dolci, che tipicamente sostituisco con il bicarbonato; eccezionalmente, decido di impiegarlo, proprio per non discostarmi troppo dalla ricetta. Sulla bustina c’è scritto che è la dose per mezzo chilo di farina.
La Peppa! Io ho meno della metà della farina, non arrivo a mezzo chilo neanche contando il peso di zucchero, uova e mele.
Che fare?
Forse dovrei dimezzare la dose, poiché troppo lievito conferisce un sapore cattivo e danneggia l’impasto, che non resta gonfio, ma si affloscia in cottura.
D’altro canto, probabilmente la ricetta tiene conto del fatto che le bustine di lievito sono tutte per mezzo chilo di farina, anzi, forse sfrutta la maggiore potenza lievitante per compensare il fatto che gli albumi non sono stati montati a neve.
E se invece no?
Il dubbio si impossessa del mio animo.

Dimezzare o non dimezzare? Questo è il dilemma.
Se sia più nobile nella pancia soffrire
i sassi e i colpi di fionda di un non lievitato impasto
o prendere coraggio per un mare di lievito
e, versandolo, tutti i gusti sopire? Ridurre, diminuire…

Mi risolvo per imbelinare tutta la bustina e chi s’è visto s’è visto, almeno, in questo modo, potrò dare la colpa alla ricetta, che non era chiara. Mescolo tutto assieme e verso nello stampo precedentemente imburrato.

 

Sapete tutti che con il burro ho un rapporto al limite del bertolucciano, ma questa torta ne richiede solo 35 grammi (eresia!), da cospargere fusi sulla superficie.
Quel che non sapete è che il mio stampo da ciambella ha la parte lavorata sul fondo; si presume, infatti, che il dolce venga poi ribaltato, rivelando una superficie regolarmente decorata.

Decido che il mio forno è al di sopra delle leggi della fisica e della chimica, quindi, dopo aver abbondantemente unto di burro fuso lo stampo e aver badato che ne restasse un abbondante strato sul fondo (per farlo ho messo i tocchi di burro nello stampo, l’ho infornato qualche istante e ho, poi, spanto il burro fuso con le dita; se non avete le falangi rese completamente insensibili da decenni di onico-dermatofagia, non fatelo!), ho cosparso lo stampo di zucchero e lamelle di mandorla.
Vale a dire, ingredienti che, per effetto del calore, avrebbero generato una salda colla sul fondo dello stampo, impedendo alla torta di staccarsi.

Sono perfettamente consapevole delle conseguenze, eppure una parte di me ritiene che ci sia una remota possibilità che non avvengano, e tutti i miei io scommettono sul verificarsi di quella lontana – impossibile, per i sani di mente – possibilità in cui la torta si stacca dal fondo.
Non serve che vi dica che io e miei io abbiamo perso.

Non è, però, il mancato distacco della torta dallo stampo il motivo della mia prima disfatta.
Gli ospiti sono amici intimi, non è un problema se la torta viene servita nello stampo e staccata fetta a fetta.
Certo, la Giraffa è una che porta in tavola i suoi deliziosi dolci su raffinate alzatine, ma si sa che noi non viviamo nella casa delle bambole, i Giraffi sono abituati ad accontentarsi di un servizio più ruspante quando vengono da noi.

Il problema è che la torta faceva schifo. Ma “schifo-schifo”, eh!
Non “schifo” come dico io, che trovo tutti i difetti a quello che cucino e poi, però, per fortuna, non ne avanza mai. “Schifo” per davvero, talmente schifo che Bruttino ne ha preso una fetta microscopica – prometteva molto male già alla vista – e non ha fatto il bis.
Nemmeno Zzi, che mi ama più della sua stessa vita, se l’è sentita di rischiarla prendendo un’altra fetta. Solo io ne ho preso due volte, per punirmi.

Per fortuna i Giraffi avevano portato una torta gelato di Zampega (avevano provato ad andare da Toni, ma siccome pioveva, el mato gà serà prima), così abbiamo comunque avuto un fine pasto piacevole, anche perché l’inizio, con gli spaghetti di stoppa, non era stato dei migliori. … Ma sono talmente tante le cose andate storte in questo fine settimana, che sarebbe un peccato soffermarci sulla mia incapacità di cucinare un piatto di pasta… e siamo solo a venerdì sera!

Ecco spiegato perché l’immagine di presentazione di questo post è di una torta gelato e non di una torta di mele!

7 thoughts on “Un tranquillo weekend dell’orrore – primo tempo: la torta di mele

  1. Francy

    Ora che ho visto le foto dei singoli passaggi chiedo: ma quale ingrediente segreto di colore marrone ci hai infilato senza rivelarlo?? Perchè nella mia versione l’impasto viene giallo chiaro, leggermente macchiato della cannella…

    In ogni caso, io al momento della torta ero piacevolmente alticcia, perchè Zzi ha aperto una delle mie Bottiglie Preferite (che lui sa come si chiama e io no) e, visto il mio malcelato entusiamo, ha rinunciato a versarne un secondo bicchiere per sè e per Larry, lasciando il resto della bottiglia a me e (mannaggia) al Giraffo, che abbiamo dato grande soddisfazione. Che sarà mai una torta di mele un po’ legnosetta ma con della gustosissima uvetta??

  2. Larry Post author

    Immaginate, piccoli lettori, che atroce copertone Pirelli doveva essere la torta se perfino Francy “Bon Ton” La Giraffa si azzarda a definirla “legnosetta”.

    L’ingrediente “misterioso” di colore marrone era – come mi pare evidente dalle foto – lo zucchero (anche la farina integrale non ha contribuito a schiarire il composto, comunque).

  3. Francy

    Lo so che tu sei sempre politicamente ed enogastronicamente corretta, ma comincia ad usare farina e zucchero bianchi e vedrai…. Che torta giraffica!! :p

  4. Pillow

    per carità, sicuramente hai ragione tu su tutto.
    ma una cosa fattela dire: non esiste niente di più antisociale, antigola, antiestetico e antipeccato della TORTA GELATO.
    la odio.
    di tutto le cose di cui potrei intossicarmi, questa è esclusa.
    ecco, in una dieta che preveda esclusivamente torta gelato, ne uscirei a 34 chili certi.
    sono nata a luglio, e ricordo ancora che gran cagata era quando, ancora troppo piccola per oppormi, me la ritrovavo con le candeline rosse zeppate dentro.
    tutti i grandi contenti: gelata, spiccia, alcolica.
    io con le pur minuscole palle al pavimento.
    io che volevo panna e fragole e pesche e cioccolato, e cose pandispagnose pure di 16 luglio.
    forse è per quello che la odio.
    e che sceglierò per sempre un polpettone di tonno con le candeline sopra, piuttosto che la torta gelato, per il mio compleanno.

    (ti ho distratta un po’ dalla tragedia alle mele? eh? EH?)

  5. Larry

    Grazie per avermi risollevata dalla tragedia della torta di mele, in effetti la tua infanzia è stata drammatica!

    Questa torta di gelato, in effetti, è un po’ atipica: non c’è niente a parte il gelato, in pratica è gelato venduto, anziché a palline nella confezione di polistirolo, spalmato a strati in un vaschetta rotonda, togliendolo in blocco dalla quale ci si ritrova una tortina nel piatto.
    In altre parole: i triestini hanno scoperto che il gelato si vende a peso e non a numero…

  6. Pingback: Un tranquillo weekend dell’orrore – titoli di coda: l’aperitivo di domenica | LARRYCETTE

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