Bubo Cup – Stage 2 | Postojnska Jama (Grotte di Postumia)

“Larrycette… Larrycette… Bene Larrycette, mi parli di Taylor!”
“Taylor?”
“Taylor!”
“Taylor di Beautiful? Tipo Taylor e Brooke?”
“Non esattamente, signorina. Ma ci sta andando vicino”
“… ehm, in questo momento, francamente…”
“Brook Taylor, matematico inglese del diciottesimo secolo che enunciò…”
“… Il teorema di Taylor!”
“Esattamente. Forza, prosegua”
“Dunque, Brook Taylor, famoso matematico inglese nato ad Edmonton nel 1715, è famoso anche per la serie di Taylor…”
“Signorina, mi sembra che ci stiamo un po’ girando intorno. Cerchi di non divagare, eravamo al teorema di Taylor”
“(“non divagare”… è una parola) Sì, eravamo al teorema di Taylor… che dice che…”

Questa, in estrema sintesi, la mia gara di sabato 20 luglio alla Bubo Cup, neonata – ma già gettonatissima – manifestazione di orienteering avente luogo nella ridente Slovenia. Ho avuto l’ardire di prendere parte alla seconda tappa, nei boschi letteralmente sopra le grotte di Postumia.
È stata una pessima idea, ma ci tengo a specificare che non l’ho avuta io; partiamo dall’inizio.


Bubo Cup 2013 (1a edizione).
Giorno 2, Grotte di Postumia.

L’inizio-inizio risale a diversi mesi fa, quando Zzi ha iniziato, come ogni anno, a pianificare le sue fughe estive con i suoi ori-fidanzati, tipicamente il Celere Capellone e il Previdente Presidente.
Il Celere è quello che più lo asseconda nella sua passione per le impestate carte d’oltre cortina, e anche la scorsa primavera la strana coppia della nostra giovane, ma rispettabile società, ha attentamente stilato il piano-ferie affinché saltasse fuori qualche fine settimana lungo per prendere parte alle “più-giorni” slovene e croate.

Non so bene a quale punto del film, mi viene chiesto se voglio andarci e viene messo a verbale che ho risposto di sì.
Tutt’ora non ci credo e sono certa che il consenso mi sia stato estorto con l’inganno.

La mattina del 20 luglio, l’appuntamento col Celere Capellone è al quadrivio di Opicina alle 9:15; poiché abitiamo a dieci minuti di macchina da tale quadrivio, ci alziamo alle 6:00: ci piace fare le cose con calma.
Poi, per movimentare la giornata, io impiego sei ore a mettermi una lente a contatto (perché prima delle dieci del mattino ho gli occhi chiusi come i gattini neonati) e usciamo trafelatissimi, secondo consuetudine.
Venti metri fuori dal portone, appena Zzi apre il bagagliaio, mi accorgo che ho dimenticato il PC in casa. Di tornare su non se ne parla, e mi gira già il belino. Sicuro che sulla strada per Postumia mi viene l’ispirazione per il più grande bestseller di tutti i tempi dopo la Bibbia e la perdo perché non ho il PC.

Troviamo il nostro amico già sul luogo dell’appuntamento; quando Zzi riapre il bagagliaio per metterci la borsa del Celere, mi sovviene che sono anche senza marsupio. Il marsupio serve a metterci il cellulare con il GPS. Sicuro che faccio la gara della vita e non posso vedere con che precisione chirurgica ero arrivata sui punti.
Ho paura di scoprire cos’altro ho dimenticato, la prossima volta che Zzi aprirà il bagagliaio.

Giungiamo sul posto con demenziale anticipo, ma ci piace fare le cose con calma.
Il tempo, oltretutto, passa veloce grazie al simpatico banchetto di Sportvogl, che ci intrattiene con una mezza dozzina di modelli di scarpe, tutti desiderabili. Tra essi spiccano delle Salomon rosse a ottanta euro che gridano “portaci via con te, siamo bellissime”, ma le Salomon nere coi profili bianchi e rosa da novanta euro che ho ai piedi gridano più forte “non provarci nemmeno, ci hai messe tre volte; e poi, guarda come siamo eleganti!”
Quando è il momento di passare davanti alle Inov ultraleggere da gara, con i tacchetti lunghi come i chiodi della Croce, nere e arancioni, mi premo con forza gli indici nei condotti uditivi e ripeto il mantra “sono un uomo, non ho bisogno di un altro paio di scarpa; sono un uomo e non ho bisogno di un altro paio di scarpe”.

A mezz’ora dalla partenza, con venti minuti al passo per raggiungerla, sono vestita, calzata, pettinata, lentacontattata e so addirittura dove sono bussola e si-card. Cinque minuti servono per cercare la descrizione punti, subito smarrita nella borsa, otto se ne vanno via per fissarsela sul braccio con sedici metri di nastro adesivo autoarricciante, sotto lo sguardo inizialmente divertito, poi visibilmente spazientito dei miei compagni di società.

Il bosco che si rivela agli atleti che si dirigono in partenza è di invitante splendore.
Sul serio: alberi maestosi, rilievi e avvallamenti di mille forme, rocce coperte di muschio e fronde ombrose compongono un panorama di bellezza innegabile perfino per me, che ho ancora le suole sull’amico asfalto e posso apprezzare le meraviglie della natura con la stessa spavalda sicurezza di chi osserva gli squali all’acquario. Immagino che gli orientisti, a una simile vista, siano andati in estasi.
Già che ho con me il cellulare (alla fine l’ho messo nella tasca della tuta assicurandolo con le spille da balia, se cado di pancia sono fottuta, però) e che – tanto – il GPS non prende, faccio una foto per i miei piccoli lettori:

ne faccio un’altra un po’ più avanti, ché il paesaggio mi pare ancora più bello:

Risparmio batteria e vi risparmio il sentiero per la partenza metro per metro.

Ce n’è abbastanza – lo vedete – per abbandonarsi alla contemplazione del sublime, ma il treppete-treppete delle scarpe da orienteering sull’asfalto mi riporta alla dura realtà.

I Piccoli Lettori che hanno la fortuna di non subire l’orienteering sappiano, a questo punto, che gli orientisti più competitivi – o semplicemente più convinti – montano delle calzature speciali.
La corsa, o quantomeno la deambulazione, fuori strada comporta, in effetti, l’uso di scarpe con precisi requisiti di aderenza al terreno e stabilità. Anche se siete delle pippe come me (o soprattutto se siete delle pippe come me), almeno una scarpa con un abbozzo di carrarmato nella suola dovete metterla, se non volete fare tutte le discese sulle gengive.
Gli orientisti convinti hanno scarpette speciali, simili, in apparenza, agli scarpini da calcio, ma più protettive, leggere, generalmente impermeabili e con i tacchetti in gomma; alcuni modelli sono predisposti per l’inserimento di tacchetti di metallo, ma a meno che non siate provetti pattinatori, è meglio lasciarli a casa sui terreni carsici, dove – invece – il tacchetto in gomma si comporta egregiamente perché tiene sullo sterrato e non fa scivolare sui massi.
Per via della relativa durezza della gomma dei tacchetti e della sua flessibilità intrinseca, l’orientista che corre sull’asfalto per riscaldarsi mentre va in partenza produce il tipico, inconfondibile treppete-treppete. A seconda che si tratti di un’agile e leggera W20 o di un solido e aggressivo M50, il suono può variare da trèp-pette-trèp-pette a treppeteeh-treppeteeh, ma sempre quel cazzo di treppete-treppete resta, che più che il rumore di una scarpa su una strada è un coro gospel al matrimonio della tua ex: l’irritante manifestazione di una gioia incondivisibile, eppure sfacciatamente condivisa da tutti i presenti, che ti ricorda che quello al posto sbagliato sei tu.

Dalla descrizione punti apprendo che la mia categoria – una prudente Open B – ha il medesimo percorso delle W21 A Long.
E vaffanculo.
E allora facevo la W21 A, che cazzo.
Uno si iscrive nella Open B perché vuole andare a fare un giro su una carta fighissima, ma allo stesso tempo trovare pure qualche lanterna ogni tanto, con lo stesso spirito con cui da piccoli si fanno le parole crociate semplificate: non c’è niente di lodevole, ma almeno ci si fa un’idea del meccanismo, altrimenti, partendo dal Bartezzaghi di pagina 41, non si capisce niente e se ne sa sempre tanta quanto prima.

Invece, mi trovo davanti il Bartezzaghi di pagina 41.
In pratica, come dicevo in apertura, è stato come presentarsi, con le competenze della quarta ginnasio, all’esame di Analisi Matematica di Ingegneria.

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Lo struggente audiopost della seconda parte – drammaticamente interpretato dal mio divano di dolore, con i punti in bocca e il ghiaccio sulla faccia – sarà disponibile per gli iscritti alla newsletter non appena sarò riuscita a convertirlo in formato mp3.
Ora come ora, le mie preoccupazioni principali sono riuscire a prendere sonno e “quanto Toradol posso assumere in un giorno?”, ma confido di mandarvi l’e-mail in settimana.
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6 thoughts on “Bubo Cup – Stage 2 | Postojnska Jama (Grotte di Postumia)

  1. Pingback: Bubo Cup stage 2: Larry VS carta “Postojnska Jama”, 20.07.2013 – Open B « Larry, Tsitalia e l' orienteering

  2. Quello sempre al posto sbagliato...

    Trèppete-Trèppete vale solo per a) quelli che corrono per andare in partenza b) quelli che non hanno ai piedi le Inov-8 numero 50 (il cui modello con i tacchetti non viene prodotto).
    Evidentemente Larry corre per andare in partenza!
    Vale anche per quelli che fanno tonf-tonf (pant-puff)-tonf-tonf-(chimelohaff-fattofa!)-tonf-tonf ?

  3. Larry Post author

    Io non faccio treppete-treppete, io faccio strumpe-tump strumpe-tump, e di certo non lo faccio andando in partenza.

    Andando in partenza, a seconda dell’umore, faccio “Ti prego, non farmi andare, lasciami qua, dammi le chiavi della macchina, per favore, sarò buona, posso imparare a stirare, ti scongiuro, non mandarmici, per favore” o “Porcalatuaputtanafrusta, giuro che è l’ultima volta che lo faccio, col cazzo che mi ci trascini un’altra volta, vaffanculo, accoltellami come tutti i mariti normali, di’ pure al Presidente che l’anno prossimo non mi tessero, mi sono rotta la minchia di questo gioco di merda, guarda dove cazzo siamo, è l’ultima volta che mi tormenti con ‘sta menata. E stai zitto quando parli con me!”

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