Caffè Audace, Piazza Unità d’Italia, Trieste [saga del vodka russian, episodio VI]

Eccoci giunti ad un’altra tappa della nostra grande missione. Questa volta vogliamo testare un locale molto stimato e alla moda, uno dei ritrovi top della Trieste da bere. Rotta per il

Caffè Audace, piazza Unità d’Italia, Trieste.

Sono storicamente due i locali che si contendono la piazza [anche se i vicini tavolini del bar dell’Hotel Duchi d’Aosta insidiano questo bipartistimo], l’Audace, grazie a un recente rinnovo, è il più trendy.
Capitiamo in un pomeriggio in cui il locale ospita un evento mondano: una sfilata di bastoni da passeggio [potere del Dottor House]; la nostra sosta è conseguentemente un poco funestata dai preparativi che, per quanto ci ha riguardato, si sono tradotti in un soundcheck estenuante della base musicale su cui una cantante timida provava Moonlight shadow allo sfinimento.
Ora dovete sapere che Moonlight shadow è il mio trauma infantile. La so tutta. Con buona probabilità, è la sola canzone non-di-Springsteen che so. E non posso esimermi dal cantarla. È una specie di sindrome da musical, parte Moonlight shadow e parto anche io. Chiunque mi abbia sentita cantare potrebbe confermare che è uno spettacolo agghiacciante, se ci fosse qualcuno sopravvissuto per raccontarlo, quindi comprenderete che l’atmosfera non ha contribuito alla piacevolezza dell’esperienza; ma questo non ha nulla a che vedere con il servizio e il locale.

Il tavolino che scegliamo è sporco di acqua e di bricioline nere [sembra bratta di caffè, ma sarebbe ben singolare!]. Poco male: quando verranno a prendere l’ordinazione, puliranno.
La cameriera è in nero totale, come una vedova. La sua bellezza e il suo fascino sono accentuati dallo sguardo severo e dai modi alteri, che trasmettono superiorità ad ogni sospiro. Immaginate Patty Pravo col palmare delle ordinazioni. Solo, mora e con i capelli raccolti. Molto raccolti. Il che è positivo, se non fosse che sono tutti arruffati in un mucchietto lanuginoso che chiamare chignon è esagerato. Mi viene in mente Caos Calmo e quel personaggio secondario e meraviglioso, la fidanzata di un collega del protagonista [non si sa bene se sciroccata o lucidamente crudele] che porta all’esaurimento nervoso il compagno dicendo frasi sconvolgenti e negando con terrificante naturalezza di averle mai pronunciate. Attraverso questa figura e un esempio del suo comportamento, Veronesi trasmette al lettore una delle Grandi Verità dell’Universo: “Se una si fa la coda di cavallo vuol dire che ha i capelli lerci”.

Ad essere giusti, la cameriera non dava l’impressione di avere i capelli sporchi. Sembrava piuttosto, anche osservando la pelle del viso brillante e le gote rosa, che fosse appena arrivata dalla spiaggia e che i capelli, semplicemente, non si fossero ancora asciugati del tutto.
Non sarà il massimo della professionalità, ma è pur sempre indice di pulizia.

La lista non usa, non viene neppure ipotizzato di portarne una. Mi adeguo.
Ordino il vodka russian, la cameriera se lo fa ripetere e quando è certa di aver sentito bene dice “Non so cosa sia”. Io – che sono una stronza – ravviso supponenza nel suo tono, ma mi dico che sbaglio e che sicuramente ha voluto ironizzare sulla sua stessa competenza. Dài sì: è stata spiritosa, a modo suo.
Glielo spiego e ricevo in risposta una scrollatina di mento. Non so interpretarla.
Nel frattempo il tavolo resta sporco.

Quando arrivano le ordinazioni, prendo due salviette e mi pulisco da sola il tavolino sotto gli occhi della cameriera, che sta lì impalata ad aspettare i soldi.
Trovo che questo sia perfino peggio degli ossetti sputazzati di venerdì scorso. È già poco professionale che il tavolino sia sporco all’arrivo del cliente, specie considerando il tono e il prestigio che il locale vuole darsi, ma è comprensibile che non si possano avere occhi dappertutto. Non accorgersi dell’inadeguatezza del tavolo al momento [prolungato] dell’ordinazione comincia ad essere grave. Lasciare che sia il cliente a pulire alla bell’e meglio un tavolino che non ha sporcato [perché le ordinazioni sono appena arrivate e, comunque, anche se fosse il cliente ad aver sporcato, è sempre apprezzabile mostrarsi cooperativi] è un comportamento indifendibile.

Anche l’ordinazione di Zzi è un long drink, perciò abbiamo due consumazioni alcoliche all’ora dell’aperitivo. La “ricompensa” in stuzzichini è una coppetta di patatine e una di noccioline.
Scarso, ma il locale è fighetto, non si viene qua per strafogarsi.
Le signore accanto hanno una birra piccola e un succo di frutta. Il loro scontrino, ci scommetto, è di importo inferiore al nostro, ma si vede che hanno indovinato la combinazione vincente perché hanno ricevuto anche una coppetta di salatini e un panino mignon a testa.
Anche i turisti tedeschi dall’altra parte, con una birra [grande] a testa, vincono la terza coppetta [non vedo il contenuto] e il panino mignon.
Si vede che gli stiamo sul culo, perché ci hanno pure dato le patatine vecchie.
Lo so che non sembra possibile che l’Audace serva patatine vecchie, con tutti i clienti che ha, tuttavia erano indubbiamente stantie. Penso semplicemente perché, per praticità, le coppette vengono preparate in anticipo, il che non giova alla croccantezza delle patate. Sempre in considerazione del tipo di locale e del livello di servizio che vuole offrire, rimane una scelta discutibile perché inficia la qualità complessiva offerta alla clientela in virtù di un risparmio di tempo obiettivamente troppo ridotto [e tutto a vantaggio del personale] e poco percepito dal cliente perché il gioco valga la candela.
Anche perché, a questo punto, sorge l’interrogativo: se non puliscono i tavoli, se non scacciano i piccioni [a dire il vero lo fanno, anche pure un lungo bastone per farlo, ma non sono abbastanza tempestivi a sparecchiare e gli uccelli si fiondano come avvoltoi sulle noccioline ancora nelle coppette], se non fanno avanti e indietro con le liste, se non preparano abbastanza panini mignon per tutti e se non consultano il manuale per scoprire cosa sia un vodka russian…cos’altro diamine hanno da fare se non riempire coppette di patatine?

In breve:

Il locale e le cose
Aspetto degli ambienti [nel suo genere]: ?? [è all’aperto, un allestimento come tanti]
Cura e manutenzione degli ambienti:  ? [Non mi pare che pulire il tavolo sia una pretesa fuori dal mondo]
Qualità suppellettili: ??
Cura e pulizia degli oggetti: ??? [Le stoviglie sembran pulite]
Il personale
Competenza: ? [siamo ignoranti e ce ne vantiamo!]
Gentilezza/disponibilità: …ma per piacere…
Cura e pulizia: ?? [in nero e spettinata]
I prodotti somministrati
Bevande:  ??  [e ci sarebbe solo mancato che non ci fosse la bottiglietta a parte! In un posto così è scontata]
Cibi: Scarsi e stantii

Rettifico: adesso ho un punto zero per una futura classifica

2 thoughts on “Caffè Audace, Piazza Unità d’Italia, Trieste [saga del vodka russian, episodio VI]

  1. Larry

    Ovviamente ho ripiegato sul vodka tonic. Se mi arriva un vodka russian stai tranquilla che se ne sentirà l’eco in tutta la regione!

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