Cosa vedere a Trieste: Guida per gli atleti di Gropada 2012 [2]

Mamma mia, ma ci pensate?

giorni a Gropada 2012

… E io non ho neanche ancora fatto la spesa!

Il tempo stringe e ci sono ancora un sacco di cose che dovete sapere su Trieste. Anche se la gara in sé merita la trasfera, vale la pena approfittarne per godersi una delle città più sottovalutate e misconosciute d’Europa.

Oggi vi propongo un altro percorso per i martiri delle ferrovie. Dicevamo…

 

 

Guida a Trieste.

Cosa vedere se sei un/un’orientista in arrivo per Gropada 2012

 [CONTINUA DA QUI]

Se arrivate in treno

Itinerario 2 – L’altra Trieste

[Il Tram di Opicina nella foto di Wikipedia]

Uscite dalla stazione e recatevi sul marciapiedi opposto. Non occorre che vi buttiate in mezzo alla strada: a est dovreste vedere un pratico sottopassaggio che vi porterà dall’altra parte incolumi. Fate i gradini con cautela: mancano ancora quasi due mesi a Venezia.
Al semaforo imboccate la strada che vedete un po’ a sinistra davanti a voi (il senso di marcia dei veicoli  è opposto al vostro) e percorretela (va in direzione est-sud-est). L’edificio basso con la ricca facciata è Palazzo Rittmeyer, sede del Conservatorio; di sabato è aperto, perciò non dovreste avere problemi a entrare per ammirare la scala a pianta esagonale. Dovrebbe anche esserci una targa che ricorda i partigiani impiccati qui dai tedeschi il 23 aprile del 1944.

Proseguite verso est e giungete in piazza Dalmazia, poi piegate un po’ verso sud e arrivate in piazza Oberdan. La riconoscete perché c’è la stazione del Tram per Opicina, la linea che collega il centro della città con l’altopiano dal 1902, che però, al momento, è in riparazione. Ci sono ottime probabilità, però, che vediate una delle  vetture parcheggiata qui. Il tram è davvero caratteristico e converrete con me che con un gioiellino del genere, San Francisco e Lisbona ci fanno una pippa.

Da piazza Oberdan proseguite ancora verso est. Quel bel palazzo che vi trovate di fronte è il tribunale. Giratevi di novanta gradi a destra (dovremmo essere in direzione sud, se non mi sono ubriacata nel frattempo) e proseguite dritti, attraversando la strada e imboccando una via il cui senso di marcia dei veicoli è nuovamente opposto al vostro. Potrebbe esservi d’aiuto sapere che si chiama via Zanetti.

Quando la strada si allarga e vi ritrovate in una sorta di posteggio, siete in piazza Giotti.

Ammirate, alla vostra destra, la splendida sinagoga, che, però, escludo sia visitabile di sabato. Passate davanti all’ingresso principale, poi girate di nuovo a sud in via Donizetti.
Vi faccio passare di qua perché penso vi interessi dare un’occhiata alla Libreria San Marco, una piccola – ma stipatissima – libreria indipendente, che ha una serie di titoli poco diffusi, fra cui le edizioni Asterios. A Trieste è un piccolo polo culturale e il libraio è un signore adorabile.

Terminata via Donizetti, alla vostra sinistra non potrete non notare lo storico Caffé San Marco.
Questo locale ha i prezzi leggermente più alti della media dei bar, ma non fatevi impressionare dalla ricchezza dell’ambiente: è molto più abbordabile dei caffè storici del Veneto e potete rilassarvi al tavolo quanto vi pare, che nessuno vi manda via; anzi, non è raro vedere avventori che leggono, giocano a scacchi, danno ripetizioni o scrivono libri. Diciamo che, se vi fermate per un’acqua tonica, potreste avere l’impressione di aver pagato un calice di vino, ma vi resteranno i soldi per la gara e per il biglietto del ritorno (Venezia e Padova, ci fate una pippa).
Se volete prendere un caffè, non perdetevi la mia guida al caffè a Trieste, di imminente pubblicazione sul vostro schermo.

Usciti dal caffè San Marco, dirigetevi a nord-est; presto vedrete una rigogliosa area verde (diciamo verde-uno, con sentieri, semiaperti, recinzioni non valicabili e corsi d’acqua): il Giardino Pubblico Tommasini, noto a tutta Trieste come El Giardin Pùblico. Sebbene di dimensione decisamente contenute, il Giardino Pubblico è una piccola istituzione in città: qui si impara da piccoli ad andare in bicicletta, si viene a infrattarsi (si fa per dire) con la morosa delle medie, si gioca a ping-pong tra il liceo e l’università, si va al cinema all’aperto con la fidanzata o con la famiglia, si passeggia con la badante… insomma: non c’è età di triestino che non viva il Giardino Pubblico.
È qui che si svolge quella parte di Senilità in cui Emilio esce la sera con Angiolina e il Balli.

Dal cancello ovest (sud-ovest, per i trailoisti) del Giardino Pubblico, attraversate la strada in direzione sud (sud-sud-est) e imboccate via Rossetti. Non temete: non dovete fare la salita! Al secondo incrocio, girate a sinistra (ovest) e ammirate il principale teatro di prosa, il Rossetti.

Voltatevi di centottanta gradi e percorrete tutto Viale XX Settembre, il tranquillo e alberato viale pedonale in discesa.
Fate finta di non vedere l’inquietante maschera di Giano Bifronte che sta ai piedi del viale e passate sotto i Portici di Chiozza. Potreste sentirli chiamare anche “Portici di Chioggia”: è un errore, tipico caso di ipercorrettismo. Non hanno nulla a che fare, infatti, con la cittadina del rosso radicchio, bensì sono intitolati a un industriale triestino, il signor Chiozza Luigi, chimico, alla cui famiglia un tempo apparteneva tutto il palazzo.

Proseguite dritti, giungendo, così, nuovamente alle spalle dela chiesa di Sant’Antonio Nuovo, una delle ultime tappe del nostro precedente itinerario.
Stavolta dirigetevi a sud (sud-sud-ovest… daje) e prendete la vivace via San Lazzaro, crivellata di bar e vetrine. Questa via, le sue parallele e le perpendicolari che le congiungono sono la zona triestina dello shopping, il cui fulcro è la vicina Corso Italia, dove arriverete proseguendo sempre dritti. 

Di questa zona e di Corso Italia in particolare vi invito ad ammirare i palazzi, specie quello che  si trova ora alla vostra sinistra, una traversa più in su (est), sormontato da due statue con delle tette da urlo.

Imboccate Corso Italia in discesa, in direzione ovest, e percorretelo tutto, fino ad arrivare in Piazza della Borsa, in cui ora vi lascio passeggiare con calma, fra – in ordine sparso – il palazzo detto “della Borsa Vecchia” (quello con le colonne; immaginate che è qui che il cognato di Zeno ha perso tutto prima di inscenare suicidio erroneamente riuscito); Casa Bartoli (il palazzo verde con la bella facciata decorata);  la fontana del Nettuno (Roma, Firenze, Bologna, Trento: ci fate una pippa!) recentemente tornata qui dopo un secolo scarso trascorsoin piazza Venezia, perché i triestini spostano i monumenti con sorprendente disinvoltura; la colonna con la statua di Leopoldo I d’Austria (è della metà del Seicento,  nell’Ottocento i triestini hanno pensato bene di spostarla e metterla qui); il palazzo Tergesteo.

Seguendo l’andamento della strada (sud ovest) si arriva di nuovo in piazza Unità d’Italia. Alla vostra destra Palazzo Modello, le cui statue vedrete scolpite nell’atto di sorreggersi la tunica e non – contrariamente a come ho letto sulla bozza di una guida fortunatamente mai pubblicata – intente a grattarsi scaramanticamente le balle.
L’aspetto di piazza Unità che preferisco è che è esageratamente ampia, così si può camminare guardando il panorama del mare senza sbattere nel prossimo. Io percorro questo tratto col collo torto tutte le mattine e, a parte un po’ di cervicale, non ho mai avuto problemi.

Costeggiate il palazzo del Comune, attraversate la strada (Largo Pitteri, se “largo” lo possiamo definire) e addentratevi in una delle zone più caratteristiche di Trieste: Cavana.

Recentemente riqualificata grazie al restauro di molti edifici e all’apertura di nuovi esercizi commerciali, Cavana conserva il fascino selvaggio del caruggiame a ridosso del mare e l’atmosfera elettrizzante del posto malfamato che fu. Oggi ricorda un po’ Boccadasse, un po’ Sottoripa, eppure riesce a conservare una sua identità molto precisa. Genova, ci fai una pippa.

Più o meno di fronte alla farmacia con le dottoresse più belle del mondo (giuro: andate a comprare una scatola di cerotti e ditemi se non ho ragione) c’è un vicolo che sale verso est. Imboccatelo e percorretelo tutto: si allarga e si restringe, sale e aumenta la pendenza, ma voi non lasciate la strada principale finché la via non si chiude di nuovo fra due file di case e piega lievemente verso sud-est. Non appena vi trovate delle case perpendicolarmente, girate a destra: dovreste vedere l’Arco di Riccardo.
Poi continuate a sud e prendere la prima a destra (via della Corte), che vi riporta in Cavana. Dopo il secondo sottoportego, all’angolo con l’edicola,  svoltate a sinistra, attraversate la strada e continuate dritto.

Attraversate tutta Cavana e giungete in piazza Hortis; attraversate anche questa e percorrete tutta via Torino, fino a piazza Venezia.
Se avete tempo ed è aperto, in via Torino c’è il Museo della Civiltà istriana, fiumana e dalmata: lo spazio espositivo è contenuto, ma ci sono sempre delle mostre interessanti sulla storia di Trieste e dintorni e non è difficile capitare durante la visita guidata. In genere ingresso e visita sono gratuiti.

Giunti in Piazza Venezia, finalmente potete tornare verso la stazione: girate a nord-ovest e andate sulle Rive. Sì, lo so, è sconcertante: in questo tratto, Trieste ha praticamente il mare a nord – convengo con voi che sia contro natura, e che sia impossibile orientarsi in una città con il mare a-nord-ma-non-sempre.

Lo splendido edificio in mattoni dalla parte opposta della strada è il Salone degli Incanti, meglio noto come ex Pescheria, oggi spazio espositivo. Leggenda dice che le scene de Il Padrino parte II in cui il piccolo Vito Andolini sbarca negli Stati Uniti siano state girate qui (Cinecittà, ci fai una pippa).
La stazione è a nord, quindi girate a destra e andate sempre dritti, ammirando ancora una volta i sontuosi palazzi che si affacciano sul mare, pensando che, in effetti, Budapest ci fa una pippa.

 Avete percorso circa 3,4km, con un dislivello che ipotizzo aggirarsi sui 30 metri (margine di errore +/- 100mt!).

 

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“Patiscici! Io vado a Gropada 2012. Brasile 2014 ci fa una pippa!”

 

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