Gelateria Bellamia, via Genova 11/C – Guida alle gelaterie di Trieste [1]

Lo dico subito: il mio giudizio è inficiato dal fatto che non mi piace l’immagine di questo franchising di gelaterie.
In generale, mi indispone moltissimo il look anni Cinquanta che da qualche tempo impazza ovunque nella comunicazione. Intendiamoci: dal punto di vista estetico mi piace parecchio e ne sono la prima vittima, ma proprio perché è dappertutto e piace a tutti lo trovo troppo modaiolo e “troppo facile”.

Il finto-semplice, un po’ “minimal-alla-Apple“, un po’ “rustico-alla-country patchwork” da casalinga di Voghera 2.0, con un pizzico di “patinato-alla-Happy-Days” mi ha stracciato le palle: pare che non si possa più comunicare niente se non sta scritto in corsivo (magari in PilGi), in colori pastello su sfondo neutro, o – al massimo dell’innovazione – con l’effetto della scritta a mano con la biro o col gesso.
Non so voi, ma io so ancora leggere l’Arial nero.

… Per non parlare del nome: chiaramente fatto per comunicare “italianità” all’estero, dove quel che è noto è che il gelato è un’invenzione del Belpaese, “Bella” è sicuramente una parola italiana, l’espressione “Bella mia” è semplice e colloquiale, quindi il prodotto deve essere genuino e preparato secondo la migliore tradizione italiana.
Testa di cazzo come sono, non ci metterei piede solo per far vedere che non ci casco, anche se non ho elementi per supporre che il prodotto non sia genuino, buono o ben confezionato.

Con tutte le buone gelaterie che ci sono a Trieste, dunque, non avevo proprio motivo di entrare qui, ma il negozio Bellamia di Trieste ha – almeno per me – una storia così misteriosa che, quando ha aperto, proprio non potevo più fare a meno di provarlo.

 

Questa foto è tratta dal sito ufficiale delle Gelaterie Bellamia, dalla pagina dedicata al punto vendita di Trieste.

 

Gelateria Bellamia, via Genova 11/c, Trieste

Sulle serrande chiuse di un negozio che presumo essere stato falciato dalla crisi e che non ricordo neppure cosa fosse, diverso tempo fa sono apparse le graziose insegne Bellamia.
Siccome io non sono una che per hobby si tiene informata sui franchising di gelaterie nel mondo, quando ho visto un’insegna viola con una coccinella, non ho capito subito che fosse roba da mangiare. Ho pensato, credo, a una profumeria.

A lungo, però, non ci sono stati movimenti apparenti nei locali, e pareva che l’unica novità di questo nuovo esercizio commerciale fossero le insegne, che per tanto tempo hanno adornato le saracinesche chiuse.

Tra la fine del 2012 e l’inizio del 2013, come non è raro in inverno da queste parti, Trieste è stata investita da violente raffiche di bora e le insegne sono volate in mezzo alla strada.
Ci sono rimaste un giorno, forse due (ora non ricordo più), e poco dopo le serrande si sono leggermente dischiuse.
Io ho pensato che il padrone del negozio si fosse dimenticato di averlo, fosse stato contattato dal comune perché era volata via l’insegna, e si fosse, solo allora, ricordato di avere qualcosa da fare.

Altre settimane trascorrono. Per un po’ non ci sono più neanche le insegne, poi ricompaiono e – con esse – un cartello scritto con il pennarello che annuncia che la gelateria riaprirà, dopo le ferie, il 20 febbraio.
Ferie?
Quindi adesso è chiuso per ferie?
E quand’è che aveva aperto? Maledizione! Passo di qua tutti i giorni, due volte al giorno, e me lo sono perso…
Va beh, intanto ho scoperto che è una gelateria.

Dopo il 20 febbraio, l’apertura, in effetti, c’è stata. Non so esattamente quando, direi almeno qualche giorno dopo la data annunciata, comunque, ma mi sembra di ricordare che in marzo l’esercizio fosse operativo.
Poi è stato chiuso per un po’.
Poi ha riaperto.
Sono stata un po’ a vedere che stesse aperto sul serio, perché visti i ritmi di chiusura avevo paura di restarci chiusa dentro, e mi sono decisa, a giugno, a provare questo gelato, nonostante l’irritante comunicazione aziendale.

 

Il gelato di Bellamia (Trieste)

L’ambiente è in linea con l’immagine dell’azienda (grazie al cazzo, è un franchising): gran vanto della qualità degli ingredienti (e ci mancherebbe altro!), della selezione delle materie prime più pregiate e di origine prestigiosa, del rispetto della stagionalità delle stesse e cose così, tutto condito con disegni di mucche il cui latte è squisito perché vivono serene e si fanno fare i massaggi.
Se volete approfondire l’apologia degli ingredienti Bellamia, questa è la pagina dedicata alle creme, questa quella ai gusti di frutta; io non mi soffermo, perché sarebbe troppo lunga, ma chiedo un minuto di silenzio per la punteggiatura.

Ho preso un cono con pistacchio e fior di latte, che da Bellamia si chiama Cuore di panna. A me l’espressione “Cuore di panna” ricorda il cornetto Algida, e se il piano era trasmettere il concetto di “artigianale” e “non industriale”, mi pare tanto un’autorete.

Il pistacchio non è particolarmente di mio gusto, perché ha una sapore un po’ “diluito”. Sono abituata al pistacchio di Toni e a quello di Zampolli, entrambi di gusto più concentrato e meno cremosi. Questo sembra gelato fatto con metà gelato al pistacchio di Zampolli e metà gelato al fior di latte; questo non significa affatto che sia cattivo, solo, per il mio palato, poco gustoso.
È pur vero che la maggior parte dei gelati al pistacchio che si mangiano altrove sono più simili a questo, quindi, dal punto di vista della tradizione non c’è nulla da eccepire.

Il fior di latte/cuore di panna non è male. Io non vado pazza per questo gusto, l’ho scelto perché da come una gelateria produce il fior di latte si capisce molto di come lavora, perché non c’è molto margine per barare.
Il sapore è buono; non è buono come quello di Toni, in cui si sente il profumo del miele di Settimi (già, perché anche se le catene di gelaterie la sbandierano solo adesso, sono anni che i gelatai artigiani selezionano le migliori materie prime locali senza fare tanto casino, perché è normale farlo), ma si difende dignitosamente nonostante la nota di zucchero raffinato difficile da ignorare.

Di questo gelato non mi piace la consistenza: troppo cremosa, direi quasi “burrosa”. È un gelato molto ricco e, al palato, più grasso di quelli cui sono abituata. Non so se dipenda dal fatto che non è prodotto in loco, ma che arriva, quasi pronto, dallo stabilimento di Reggio Emilia ai vari punti vendita, che effettuano solo il processo di mantecatura, ma non credo; credo che la miscela di origine sia più “pannosa” di altre, il che suppongo che per alcuni non sia un difetto.

Apprezzo, invece, il fatto che non sia eccessivamente dolce.

Il cono è di cialda ed è fragrante; questo, forse, mi è sembrato leggermente più dolce del solito, ma potrei sbagliare.

Il personale era cortese e l’ambiente molto pulito.

 

Anche questa immagine è tratta dalla pagina dedicata al punto vendita di Trieste del sito dell’azienda.

Se per un attimo dissocio l’azienda dalla mia esperienza di gelato (aiuto, parlo già come loro, forse c’era qualcosa di contagioso nel cono!), devo riconoscere che è positiva. Il gelato nel complesso è gradevole e il punto vendita pulito e piacevole.
Non mi è sembrato, però, un gelato “buono da stracciarsi le vesti”, uno per cui valga la pena ingrassare o anche solo uscire di casa per andare a comprarlo.
Se dovessi trovarmi in una delle numerose città estere (il progetto nasce per esportare il gelato italiano all’estero e, a giudicare dal sito, in Italia il marchio si direbbe giunto di riflesso) in cui Bellamia è presente e fossi colta da improvvisa voglia di gelato sulla soglia di questa gelateria, di certo non la scarterei, ma non prevedo di avere occasione di tornare nel negozio di Trieste, vista l’agguerrita concorrenza che si ritrova.

Le valutazione sono espresse in palline di gelato, da una a sei, secondo una scala che ritroveremo presto:

1 = atroce

2 = scarso

3 = passabile

4 = buono

5 = ottimo

6 = spettacolare

Immagine: 2 palle (perché è pur sempre assai curata e uno studio c’è pur stato, e in effetti il concetto di “franchising per stranieri” passa bene).
Ambiente: 4 palle (è pulito e accogliente; personalmente mi fa cagare, ma in senso assoluto è pulito, accogliente, grazioso, curato e ospitale; l’essere un franchising lo rende, però, privo di una sua identità – ho già detto che è pulito e accogliente?).
Varietà di gusti: 4 palle (mi pare che fossero una dozzina, il giorno in cui ci siamo andati)
Materie prime: 3 palle (nonostante la ricercatezza delle materie prime illustrata sul sito internet, sarei più tranquilla se mi assicurassero che per fare il gelato alla banana non sono morti coltivatori e sindacalisti, anziché ribadire le note proprietà del frutto; e francamente, l’eccellenza è il minimo che mi aspetto, al giorno d’oggi)
Sapore e consistenza del gelato (a mio gusto): 2 palle

VALUTAZIONE COMPLESSIVA:


3/6 Passabile

Il che, visti i presupposti, mi pare un grande risultato.

Qualcuno di voi (tipo: Giulio!), miei Piccoli Lettori, c’è stato?
Che gusti avete scelto?
Come vi siete trovati?


 

E ora, che siamo nel 2015, com’è questa gelateria?

Non lo so, non so neppure se sia ancora aperta: quando passo, vedo la serranda chiusa, ma potrebbe essere solo una coincidenza.

Informazioni più aggiornate sui locali e le attrazioni di Trieste sono nella mia guida

2(0.000) passi a Trieste è stata revisionata da non molto ed è disponibile qui

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