Il marinaio e la balena alla volta del Profeta [9]

Nella seconda parte dello spettacolo concede brani più popolari, però è inutile che poi si lamenti di essere perseguitato da Che coss’è l’amor se poi è lui il primo che la ripropone [sebbene originalmente riarrangiata] escludendo – si senta il rancore nel constatarlo – brani a mio avviso pertinentissimi con l’atmosfera marittimo-letteraria del disco, per esempio Bardamù [se non fossi ciaro, me ruga de cagarse che el no g’ha fato Bardamù, se el me tornassi zinque euri fossi quasi più giusto]. Durante le esecuzioni più energiche e spensierate, qualche spettatore si alza in piedi e saltella sul posto. Immagino la gioia di quelli dietro. A guardare bene le sagome, sono solo spettatrici, in apparenza tutte delle alternative con i riccioli scarmigliati alla Julie Corrençon [ma che non hanno un decimo della personalità dell’appendice di Julie Corrençon] che tengono la sciarpa di cotone – che fa trendy, ma intelletuale – anche al chiuso. Mi rivolgo anche a voi, perché siete grandi, avete più di trent’anni, è bene che sappiate certe cose: tanto non ve lo dà. È inutile che saltiate come delle indiavolate, che battiate le mani sopra la testa e che facciate tintinnare i vostre bracciali etnici: tanto non ve lo dà. Quindi fareste una cosa a tutti gradita se voleste essere così gentili da tornare a sedervi e permettere anche a coloro che occupano le poltrone dietro alle vostre di godere dello spettacolo, per il quale hanno pagato come voi e al quale hanno il vostro medesimo diritto di assistere. Assistere, non partecipare. Date le comparse e gli effetti scenici impiegati, credo di poter affermare che se Capossela avesse voluto delle ballerine ormonate a far da contorno alla sua esibizione, le avrebbe ingaggiate e fatte esibire sul palco. La vostra performance, quindi, non si integra nello spettacolo e vi saremmo tutti grati se voleste cessarla. Tanto non ha scopo, perché non ve lo dà. Innanzitutto chiariamo subito che dal palco non si vede la sala. La si sente, questo sì, perciò è probabile che il vostro rumoroso agitarvi disturbi chi si sta esibendo, ma non la si vede, perché la platea è troppo distante e troppo buia perché ciò che vi accade sia distinto da occhi immersi nella luce. In secondo luogo, Vinicio ha sì, un po’ l’aria di quello che è facilmente allegro e non escluderei che, complice qualche birra, se proprio una gliela offre su un piatto d’argento, capace che non va tanto per il sottile e non declina, ma, per contro, non ha per niente l’aria di quello che, concentrato nell’esibizione, si distrae e s’incapriccia di una sagoma tarantolata al punto da ricordarla e sedurla a spettacolo concluso. In ultimo, vorrei far notare che egli è sì un artista, un poeta, un viveur e un bohemien, ma mica per questo è un fesso. Anzi, proprio per questo sospetto che respinga la gnocca con lo spazzaneve e magari è anche già servito. Per esempio, io una volta l’ho visto per la strada con una sventola bionda e magra di un metro e ottanta. Non sta a me indagare o speculare sulla natura del loro rapporto, però io, al posto della sventola, lo precederei di un passo con il lanciafiamme spianato finché, volente o nolente, il rapporto diventa della natura che desidero. Quindi, non è gradito e non ha scopo il vostro zompettare eccitate. Riassumendo: siete delle sfigate e delle maleducate.

Il concerto di conclude con un ultimo brano al pianoforte, eseguito quando proprio si temeva che lo spettacolo fosse concluso, così che esclamo “Thunder Road”, andando ad allargare le fila degli sfigati maleducati. Usciamo sfiniti, ma felici, accesi d’amore e infusi delle parole del Profeta.

Stremati dalla lunghezza della prestazione, decliniamo a malincuore la proposta di tornare da Alan [Alan, dannazione, Alan] e torniamo ad apprezzare il sostegno adamantino del materasso dell’albergo.

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *

This site uses Akismet to reduce spam. Learn how your comment data is processed.