Ore 20,00.
Quando la gente normale ha la cena pronta e si accinge a portarla in tavola, con somma gioia di Zzi, che ha pranzato alle 12.00, mi accingo a fare la focaccia con la salvia.
Il procedimento non è complesso, ma ha i suoi tempi. A memoria, mi paredi averne già parlato, ma poiché il motore di ricerca interno non trova niente, eccovi servita la preparazione. Mal che vada, sarà solo un’altra replica estiva.
Ore 20,05.
Radunare l’occorrente (se non altro per verificare che ci sia, vanificando ogni speranza di Zzi di cenare a un’ora decente chiamando la pizza).
Farina
Sale
Lievito
Zucchero
Olio
Salvia
L’ingrediente fondamentale è stato gentilmente fornito dalla mamma; nonostante sia lunedì, nonostante in questa edicola non funzioni niente, nonostante io e CP siamo due lavativi, la mamma è arrivata con la salvia. Fare la focaccia, a questo punto, è un debito d’onore.
Si tritano le foglie lavate della salvia con un cucchiaioo due di farina [altrimenti si impastano] e, volendo, un pizzichino di sale grosso. Non è fondamentale, ma è pratico perché quando le lame del moulinex smettono di fare trin-trin contro il sale, solitamente le foglie hanno raggiunto la finezza giusta. Alternativamente, si guarda.
Si aggiunge tutta la farina, si cambiano le lame del moulinex con le pale da impasto e ci si dà dei deficienti perché era più logico e più facile fare il contrario.
Si dà una giratina a vuoto, tanto per distribuire la salvia nella farina (ma è un’operazione ridondante).
20,15
Ci si scazza di aspettare che il lievito di birra si sviluppo nell’acqua tiepida e gli si dà un aiutino mescolandolo con un cucchiaino. Tipicamente questa cosa inficia irrimediabilmente lo sviluppo del lievito e farà sì che la pasta realizzata con esso non lieviti mai e poi mai. Con un guizzo di responsabilità e senno, si compie lo scellerato gesto con un cucchiaino di plastica perché – lo sanno tutti – con il metallo il lievito si indigna. In pratica è come spalancare il forno mentre il soufflé sta gonfiando, ma in silenzio, per non spaventarlo.
Si unisce ora il frappè tiepido di lievito alla miscela di farina, salvia, sale e zucchero e si impasta tutto con decisione. Se occorre si aggiunge acqua tiepida. Mia madre fa un impasto collosetto e lucido, mettendo quindi un poco più di acqua di me. La sua focaccia è squisita.
Io tengo l’impasto più asciutto, così dopo è più facile metterlo a riposare senza smerdare il canovaccio e il robot si pulisce in un lampo. La mia focaccia è discutibile anche quando non stupro il lievito.
Vedete voi come ritenete sia meglio comportarsi.
20,45
Si fa finta che sia passata mezz’ora da quando l’impasto è stato messo a riposare e lo si stende in una teglia generosamente unta.
Si accende il forno a…bu? Si chiama mia madre per scoprirlo? Giammai! Si velegia fieri verso il fallimento, ma non si ammette l’ignoranza. Si opta per una cosa intermedia fra la torta e il vol-au-vent, e si tara il termostato sui 200 gradi, come la pizza (altra pietanza elementare per la quale sono maledetta).
20,55
Ci si pindola e si legge l’ultimo numero di Fucine
21,05
Si smette di pindolarsi e si mette su un’altra focaccia con la salvia rimasta [la mamma ne porta a fasce] e il cubetto restante di lievito di birra, che nel frattempo s’è scongelato in maniera più naturale. Tutto fa sperare nel meglio.
Faccio prima ad andare a Recco a comprarla pronta :-)
Quella è la focaccia con il formaggio, questa è la focaccia con la salvia.
Fra l’ altro nella preparazione della focaccia di Recco son imbattibile!
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