Izlet v Ljubljiano – 25.04.2012. Promozionale di orienteering centro storico a Lubiana | 2.2 – La gara, part two

… Segue

Cerco di stare concentrata e di far bene la gara, tanto non è che gioco per fare chissà che risultato, gioco perché conta come attività sportiva settimanale e per cinque o sei giorni Zzi non mi tormenterà per andare a correre. Far bene la gara è importantissimo perché meno sbaglio, meno strada faccio.

Esco dignitosamente dal punto e prendo una strada qualunque nella giusta direzione. Mi par già una mossa positiva.

Nel frattempo sono anche riuscita a far partire la musica (muta fino a questo momento); c’è un sole che spacca le pietre, ma ripensando a come stavo due ore prima, non ho il coraggio di lamentarmi neanche fra me e me. Guardo la carta e capisco il tragitto. Dopo il ponte giro a sinistra. La lanterna non c’è.
Con inusitato senso della scala, del quale io stessa mi compiaccio, mi rendo conto che non può essere più avanti, quindi torno qualche passo indietro e guardo meglio. Macché, niente.

Controllo bene che non sia oltre le colonnette del parapetto, magari appesa verso l’esterno, per carognata degli organizzatori o del vento. Non c’è. Sotto i tavoli, niente; sull’albero, niente. “Eppure deve essere qui”, penso, “come la cartina conferm… un cazzo, ho sbagliato traversa”: dovevo girare dopo. “Inusitato senso della scala, si diceva”.

Imbocco la strada giusta e la lanterna c’è.
Vedo che la strada per la successiva è dritta e inequivocabile per un bel pezzo, quindi, mentre corro lungo un viale pedonale largo, luminoso e con fondo regolare, provo a fare come Zzi e a leggere i punti successivi, in modo da poter riflettere un poco di più in caso le scelte successive siano meno ovvie. Individuo la strada migliore per uscire dalla quarta e arrivare alla quinta, stimo come pressappoco equivalenti (per il mio livello) le scelte possibile tra a quinta e la sesta, ritengo di capire dove stia la gabola per la settima. Mi rallegro, perché di teoria non vado così male, se stessi un pelino più attenta e fossi leggermente più veloce della luna a muovermi, non dico che fare una buona gara, ma mi incazzerei certamente di meno.

Comincio a sentire la fatica, perché giro con una zavorra di cinquanta chili di solo culo, e mi pento amaramente di non essermi allenata per tutto l’inverno, la seconda metà dell’autunno e il periodo già trascorso di primavera. Me ne pento ogni volta che corro, e ogni volta che ho l’opportunità di andare ad allenarmi, non lo faccio, così come mi pentivo di non aver studiato bene greco ogni volta che non riuscivo a fare il compito in classe, ma facevo sistematicamente altro quando avrei dovuto studiarlo.

Mi consolo quando raggiungo il ponte, la quarta lanterna è vicina.
La quarta.
E la terza? Quando ho punzonato la terza?
Cerco brevemente di ingannarmi di averla punzonata, tutt’al più scoprirò allo scarico di averla saltata… capita anche ai migliori. Anzi, è proprio ai migliori, ai più veloci, a quelli concentrati sul’obiettivo sucessivo, che capita di saltare una lanterna. Zompetto non curante verso la quarta, e vedo la faccia delusa di Zzi quando si scoprirà che ho fatto PM. Provo a scacciare l’immagine dalla mente, ma mi tormenta il senso di colpa per aver fatto PM consapevolmente, solo per non tornare indietro e rifare la strada. Cerco di appellarmi al fatto che la corsa l’ho fatta, che ci sono passata, dal punto di vista dell’esercizio fisico vale lo stesso, ma non c’è niente da fare, le Erinni mi circondano e torno indietro a punzonare la 3.

Siccome la strada è dritta e ho un scazzo che non vi dico per dover rifare la tratta, non ci penso troppo su e cerco di darci una botta, facendo il mio miglior tempo. Quando finalmente punzono la quarta lanterna, torno in me e sono stanca, lenta, ho caldo, ho sete, mi fanno male le anche, mi dolgono le chiappe, mi tirano i polpacci, mi bruciano gli occhi, ho male a un fianco (è la colite) e mi prudono le ginocchia.

La strada che ho scelto per raggiungere la quinta lanterna, però, è quella giusta: c’è un traffico di orientisti visto solo alla micidiale farfalla di Poetsch di Venezia 2009.

(Continua…)

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