La cena prima del MOV 2012

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Ed eccoci, finalmente, giunti al momento che tutte le Otti aspettavano: la descrizione della serata precedente il MOV2012.

Adempiuto con gioia al dovere di cronaca orientistica (tecnica e pregnante come al solito), passo a soddisfare la curiosità dello zoccolo duro dei miei lettori (Elisa, la Giraffa, Otti e la Nini: la maggioranza, dunque!) e parlo di cibo.

Indovinate dove abbiamo cenato?
Bravi, alla

Taverna San Trovaso (Dorsoduro 1016, Venezia)

“Ma belin!”, diranno subito i miei piccoli lettori “Possibile che non c’abbiate altri posti dove andare a mangiare la sera prima della gara di Venezia?”

L’obiezione, concedo, è ragionevole, anche perché se c’è una cosa che a Venezia non manca sono trattorie e ristoranti. Se hai bisogno di un ferramenta, capace che crepi, ma di trattorie e ristoranti – a Venezia – è pieno ogni angolo.
Tuttavia, la casalinga di Voghera che è in me è timorosa di sperimentare alla cieca altri locali, perché sospetta che possano essere costose trappole per turisti.
Soprattutto, il critico gastronomico che è in me diffida dei ristoranti con il menu con le bandierine e il cameriere che abborda i passanti, di cui Venezia pullula.

I miei genitori mi hanno cresciuta nel sospetto verso le osterie con l’acca davanti. Non ho mai capito quali tremende insidie si nascondessero in questi luoghi negli anni Ottanta, ma buttando la parola in Google, effettivamente, saltano fuori un sacco di posti dove non entrerei, e mi sa che per il momento mi terrò la mia ignoranza.

Un altro tipo di locale che ho sempre temuto è, appunto, il ristorante con il menu con le bandierine. Si noti: non ho problemi con i menu in più lingue, poiché possono dipendere da un’esigenza territoriale (bilinguismo o facilitazione per i turisti), sono proprio le bandierine a darmi in culo. Credo che in parte derivi  dalla convinzione che una lingua non è una nazione; convinzione che, però, capisco dover accantonare in determinati contesti di comunicazione, come, ad esempio, un sito internet, dal quale mi aspetto dei bottoncini coi colori delle bandiere degli stati in cui le lingue sono parlate, così, per poco che capisca chi ci capita, almeno un minimo di familiarità con la bandiera del suo paese (o del paese di una lingua che ha studiato) dovrebbe averla.

Un ristorante che avverta l’esigenza di far vedere, a partire dalle bandierine sul menu affisso all’esterno per legge, che è attrezzato per una clientela internazionale, mi dà l’impressione di puntare proprio alla suddetta clientela internazionale; da qui a inferire – magari erroneamente, ma ormai l’inferenza è fatta – che la cucina sia per palati ignoranti, o quantomeno inesperti, c’è meno di un passo breve.

Capirete, dunque, che faccio una certa fatica ad abbandonare un rodato e gradito ristorante nella città più turistica al mondo, specie se ogni volta che ci torno esco soddisfatta.
Intendiamoci: non è che la Taverna San Trovaso non sia frequentata da turisti, anzi, l’ultima volta ho avuto l’impressione che i parlanti italiano fossero la minoranza, e sulla carta ci sono diversi piatti che non hanno niente a che vedere con la tradizione veneziana, palesemente messi lì per il turista che, venendo da un altro continente, non trova minimamente anomalo che si serva pasta al pesto fra i canali, ma finora è sempre stato buonissimo tutto ciò che abbiamo ordinato, e si sa che io sono una a cui non va mai bene niente di quello che le mettono nel piatto, anche se questo non basta a convincere scettici (ma “simpatici”) sessantenni single a cenare con me.

Finché qualcuno non è pronto a giurare sulla propria vita la bontà e l’ottimo rapporto qualità/prezzo di un altro ristorante veneziano, io vi infliggerò recensioni su recensioni della Taverna San Trovaso.
Ovviamente, si accettano guest-post!

I più accorti avranno notato che, quando parlo di questo locale, specifico sempre che si tratta della Taverna (San Trovaso); lo faccio perché esiste anche un “Ristorante San Trovaso”, la cui gestione è la medesima, che dal sito internet sembra molto invitante, ma anche meno conveniente. Quando questo blog mi avrà resa ricca, o avrà almeno 500 lettori fissi, mi riprometto di testare anche il Ristorante San Trovaso.
Ma veniamo, ora, finalmente alla…

Cena del 10 novembre 2012 alla Taverna San Trovaso.

La formazione al desco si compone così:

Lato muro: Zzi e Livio, che sono maschi, sono composti, hanno il controllo dei loro arti e possono anche stare un po’ nello stretto, senza grandi pericoli.

Lato corridoio: Larry e Otti. La prima è nel posto meno dannoso per ovvi motivi di goffaggine, la seconda non avrebbe bisogno di questi accorgimenti – è l’unica bionda che conosco che guida come un uomo -, ma ha bevuto uno spritz  (suppongo corretto con l’LSD) che le ha leggerissimamente dato alla testa, e pur essendo lucidissima, questa sera è più esuberante del solito (e, se possibile, ancora più divertente).

Capotavola: Brioso Ballerino, detto affettuosamente Zata Marza, per via di un malanno al ginocchio che gli impedisce di correre la gara e lo rende vistosamente zòto.

Io non ho un solo dubbio sull’antipasto: prendo le sarde in saor, che mi piacciono moltissimo e che trovo che qui preparino benissimo. Come ho già avuto modo di dire, sono buonissime, polpose e sode, senza essere stoppose. Da sottolineare anche il fatto che il cuoco non è un avaro e fa ampio uso di pinoli europei (non sono così esperta da dirvi se pisani o no), che sono quelli lunghi, buoni, dolci, tutti bianchi come i vermetti delle castagne, impossibili da confondere con i pinoli asiatici, corti, tozzi, acidi come il vomito e con una specie di anello a un capo, verso i quali nutro un odio viscerale.

I maschi mi seguono nella scelta, Otti – dopo aver tentato, invano, di confondere l’attento cameriere con ordinazioni false – prende l’impepata di cozze (tipico piatto veneziano, come si diceva). Riceve una cuffa di muscoli dietro la quale praticamente sparisce (sia detto che la giovane è minuta, ma non è una pulce), ma dalla quale non si fa minimamente intimidire e che, in pochi minuti, in un tripudio di mugolii entusiastici, trasforma in una catasta di custodie vuote.

Saltiamo i primi per ovvie ragioni di impegni atletici, gusti personali e abbondanza delle porzioni.
La scelta del secondo è, per alcuni, travagliata.

Il Brioso Ballerino non ha dubbi e sceglie il fegato alla veneziana, che sappiamo essere molto buono qui. Il fegato è fonte di ferro e proteine, e io approvo la sua scelta. La approvo e basta, però: non la sposo, perché il fegato mi stufa dopo tre bocconi. Livio e Otti dibattono a lungo sull’opportunità di prendere la frittura. Assicuriamo loro che sia buona e per niente unta, ma la loro remora è opposta: basterà una porzione in due, dopo l’abbondante antipasto? Otti pensa di sì, Livio dice di no, io – per non vederli litigare – mi immolo  e li persuado a ordinare due porzioni, rendendomi disponibile, con grande sacrificio, a non sprecare l’eventuale avanzo.

Zzi temporeggia più del consueto, e alla fine ordina un’altra pietanza tipicamente lagunare: l’ossobuco con i funghi.

Nel frattempo, io sono dilaniata dal dubbio: gli scampi alla griglia, gustosi e ricchi di omega tre, ma anche di colesterolo, o l’orata ai ferri, più delicata, ma più leggera? E soprattutto, hanno più proteine gli scampi o l’orata?
E mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte, o se non vengo affatto?
Probabilmente gli scampi contengono in percentuale più proteine dell’orata, ma, come osserva giustamente Livio, gli scampi hanno un’elevata percentuale di scarto, perciò, dal computo dei nutrienti forniti dalla porzione che effettivamente consumerò, l’orata esce vincente.

Stupisco i commensali pulendola da sola, come una bimba grande. Non so cosa mi trattenga dall’urlare di orrore, però, quando, nel trasferire lisca e testa nel piatto degli scarti, accidentalmente tocco la seconda con due dita. Ora che ci penso, forse, a trattenermi è stata la mano di Zzi prontamente premuta con forza sulla mia bocca.

La mia orata è ottima, ma concedo che la sua preparazione non richieda anni di stage gastronomici in Francia: se la materia prima è di qualità e la cottura è giusta, è matematico che venga buona. I complimenti, quindi, vanno, sì, al cuoco, che ne ha fermato la cottura al momento giusto, ma soprattutto al garzone che ha fatto la spesa.

Zzi fa a tutti noi una “testa così” elogiando la bontà dell’ossobuco. Ne è entusiasta, e non smette di magnificarlo. Riporto il suo commento per intero: “È buonissimo”. Sentendo ben cinque sillabe provenire dalle labbra di Zzi, Livio – che lo aveva sentito parlare l’ultima volta nel 2006, quando Zzi aveva dovuto dire “Sì” davanti all’ufficiale del comune che ci ha sposati – si fa cadere le posate. Otti rovescia il bicchiere.
Io avverto forte la tentazione di farmi preparare una porzione da asporto del miracoloso ossobuco che ha fatto proferire a Zzi una proposizione compiuta, da tenere in congelatore e somministrargli all’occorrenza, in caso un domani mi venisse mal di gola e volessi sentire cosa ha da dire mio marito riguardo un qualsiasi argomento.

Le porzioni sono, anche questa volta, generose, e non riusciamo ad assaggiare il dolce, ma mi riprometto di testarne uno per voi a gennaio; devo solo trovare una compagnia di gente abbastanza fogna da non lasciarmi sola nell’ordinarlo, perché – suppongo non occorra specificarlo – già questa volta io non avrei avuto alcuna difficoltà a farmelo stare nello stomaco.

8 thoughts on “La cena prima del MOV 2012

  1. Otti

    chiarirei un paio di punti: non era affatto questo il resoconto che attendevo! Qui c’ero, per quanto ubriaca, me ne ricordo, a me serviva la perfetta cronaca della gara, che già ci hai regalato.

    A seguire: non ero “più esuberante del solito (e, se possibile, ancora più divertente)”, i giornalisti o sedicenti tali dovrebbero offrire dati reali, non pillole indorate per accaparrarsi la benevolenza di chi citano nei propri articoli. Ma ho apprezzato la discrezione e la cortesia che ti hanno impedito di informare i tuoi piccoli lettori riguardo la mia ilarità molesta, i miei sproloqui, la logorrea fulminante, la goffaggine concentrata (tutta quella di un anno in una sola serata) e l’imbarazzo diffuso che inevitabilmente si prova a condividere con me il desco in simili circostanze. Sospetto perchè ai tuoi piccoli lettori non gliene frega na cippa, ma vabbè, grazie lo stesso.

    Da ultimo: non ho AFFATTO ordinato le cozze, come antipasto! Non mi sarei MAI privata delle sarde in saor, ma che scherziamo! Ho infatti smezzato la porzione col marito. Parimenti mugolando. E nemmeno di questo ai lettori frega un accidenti, ma lo segno qui in nota per me e te e le nostre serate di nonnine senza denti, quando novantenni ricorderemo insieme le serate deliranti in giro per venezia.

  2. Larry Post author

    Ah no?
    Non si lusingano le persone citate?
    Ah beh, allora, ecco come sono andate le cose: Otti e Livio, nell’attesa che arrivassimo con il treno successivo al previsto per via dell’organizzazione non proprio impeccabile della gara di Palmanova, si sono intrattenuti bevendo uno spritz in un localino sofisticato, talmente sofisticato che quella nel tavolino dietro di loro tirava di coca.
    Forse suggestionata, forse semplicemente ubriaca di alcoloperché è secca come un chiodo e non può reggere chissà che, più probabilmente su di giri per la mia presenza, Otti era pacata e discreta come un petardo, ha iniziato quattordici conversazioni in dieci minuti e le ha condotte tutte in parallelo, ha assaggiato tutto quello che le passava davanti e dietro, a un certo punto ho temuto che piantasse la forchetta nel piatto dei tedeschi al nostro fianco. O nel fianco dei tedeschi accanto al suo piatto.
    Però è stata uno spasso, questo sì, e sulle ordinazioni non possiamo che fare affidamento su quel che dice, perché ha fatto un casino tale che ho dei dubbi su quello che ho ordinato io.

  3. Giulio GMDB

    In genere anch’io quando trovo un locale che mi soddisfa difficilmente cambio. Anche perchè non vado a mangiare fuori ogni sera e neppure ogni settimana, quindi prima di aver assaggiato le varie specialità di un singolo locale in genere possono pure passare anni ;-)

  4. Otti

    ecco, così va decisamente meglio. Ma tengo a precisare che la cocainomane stava nel sedile del treno dietro al nostro, non al bar :P
    E poi, pacatezza, discrezione… che roba è?! Si mangia?

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