Lipica Open 2014 [7] – mercoledì 10 marzo

Non sono in ritardo: ci tenevo a chiudere la saga a più di due mesi dagli eventi.

È l’ultimo giorno, e noi siamo di nuovo orfani di Zzi, che, mentre noi ci accingiamo a prendere parte all’ultima gara sulla carta di Kazlje-Tomaj (praticamente Dutovlje), si macera in ufficio al pensiero di saltare la giornata più bella.
Il più paziente orientista del mondo, infatti, è stato fregato da un cambio di programma dell’organizzazione, che ha invertito le ultime due tappe della cinque giorni dopo che aveva già preso ferie.

CP giunge di buon mattino a prelevare, da una delle più gettonate locande per orientisti del nordest, me, rem e il tifoideo (che è sempre una serpe in seno, anche se sono trascorse settimane), e si avvia sicuro verso il campo gara.
CP non è uno che lascia le cose al caso e ha guardato su internet dove bisogna andare.
Meno male che lo ha fatto lui, perché io me ne sono altamente battuta il cazzo; la cosa non stupisce, ma se consideriamo che sono io che ho voluto fare tutta la cinque giorni e che gli ho rotto il belino affinché la facesse anche lui, affinché si rendesse conto di cosa fosse l’orienteering e bla e bla e bla, non ci ho fatto una gran bella figura.

Il tempo è stupendo, è caldo già al mattino e il sole splende. Posteggiamo secondo le indicazioni e ci dirigiamo a piedi verso l’arrivo, giusto un prato più in là.
Il prato dell’arrivo è vastissimo, e c’è una grande e profonda dolina dove hanno sistemato il traguardo, suppongo per proteggere il gonfiabile dal vento.

Vediamo la cento all’estrema sinistra del nostro campo visivo, proprio sul bordo del prato, e la fettuccia che delimita la tratta per il finish che si srotola davanti a noi. E che continua a srotolarsi. Noi giriamo la testa verso destra, e ancora vediamo la fettuccia tesa a formare il corridoio per il traguardo, il corridoio in cui, in teoria fai lo sprintone alla Geometra (non più) Giallo, tanto è finita. Finita un cazzo, saranno duecento metri di sprint, fino all’estremità opposta del prato, più la curva davanti ai cessi e la discesa nella dolina.
Gli organizzatori sono dei sadici, l’alternativa è fra il crepare di sforzo nel correre a più non posso un corridoio d’arrivo su cui si potrebbero fare i 3000 siepi e il fare una figura di merda davanti a tutti sfilando mentre si annaspa senza dignità.

A conferma del sadismo degli organizzatori, il banco con le descrizioni punti è stato collocato – anch’esso – in fondo alla dolina, così si fa subito un po’ di dislivello gratis per andarsele a prendere.

Mi fanno scegliere dove sistemarci per evitare di darmi motivi per cui lagnarmi in seguito; io non reggo la pressione della responsabilità di una simile decisione e crollo nel punto in cui sono, determinando così la collocazione del nostro accampamento. Non c’è un filo d’ombra, la luce mi dà già fastidio, e non posso neanche mugugnare.
Prendo lo Speaker e vado in partenza.

La partenza è esattamente dall’altra parte del posteggio: basta tornare indietro e percorrere più o meno altrettanta strada nella stessa direzione una volta superata l’automobile, ma gli organizzatori – che ormai sappiamo essere sadici, quindi non ci meravigliamo – hanno fettucciato un percorso lunghissimo, che, prima di condurci all’orologio del via, si allontana di molto dalla zona, sfiora Nova Gorica, fa un pezzo in Italia e finalmente si riavvicina al terreno di gara.

Dal punto di vista del risultato sono in un’ottima posizione: sono ultima, ad anni luce dalla penultima. Significa che non corro il rischio di peggiorare la mia posizione, venendo presa da una dietro, né quello infinitamente più remoto di mandare tutto all’aria per la smania agonistica di prendere quella davanti.
Il successo, comunque, non è garantito. Infatti, potrei ancora

– fare PM
– fare PE
– passare dove non si deve e farmi squalificare
– andare fuori tempo massimo
ritirarmi perché ho paura di ammazzarmi
ammazzarmi perché non ho avuto abbastanza paura
morire comunque perché qualcuno mi ha attaccato il cimurro, infatti la sera prima stavo male di merda, e pure ora non è che stia tanto bene

Siccome io sono una che tutto sommato, quando serve, ha un culo pazzesco anche in senso metaforico (e se pensate al matrimonio che ho fatto, a parte giusto l’effetto collaterale dell’orienteering, non occorrerà dimostrare l’assunto), il terreno di gara sarebbe adatto ai campionati toddler, così non solo resto in vita, ma addirittura non mi passa neanche per l’anticamera del cervello di ritirarmi, non mi spavento praticamente mai, mi ricordo di controllare bene i codici delle lanterne, non ne salto neanche una, concludo il percorso entro il tempo previsto.

Faccio, cioè, tutte le cose che per le persone normali sono scontate, ma che per me sono grandi conquiste.
Tutti si congratulano con me per essere riuscita a fare una cosa normale, confermando il mio sospetto che mi reputino una minorata.

La mia prima esperienza alla Lipica Open si conclude, comunque, in modo positivo. Finalmente, infatti, posso anche io assaggiare la lepinja con la pleskavica di Sarajevo ’84, ché son cinque giorni che la lumo e non la riesco mai a mangiare.
Dopo qualche minuto di fila sotto l’infernale sole di marzo, finalmente mi posso accomodare con il mio panino caldo all’ombra tendone, insieme ai miei amici, e abboffarmi di trigliceridi e carboidrati senza ritegno, godendo della carnazza appena tolta dalla griglia, fumante e ancora sfrigolante nel suo grasso.
Per alcuni è una cosa disgustosa, immorale e malsana, per me lo è sempre più volte, ma in alcuni momenti la mia coscienza del terzo millennio soccombe alla mia indole preistorica, e alla vista della carne non mi tiene più niente.
Mmm… carne…

Premiazioni.
Uff, ho lasciato la macchina fotografica nello zaino, è tardi per andare a prenderla. Faccio giusto in tempo a dare a CP la mia maglia del GUD, così ce l’ha nelle foto.
È un momento perfetto: i miei amici sul podio, io che me li guardo comodamente seduta all’ombra, con il mio panino caldo fra le mani, senza interrompermi neanche per fotografare, tanto ci pensa lo Speaker.
Che meraviglia! Che svacco!
Ho ajvar fin sulle orecchie. Chissenefrega.

– “Larry, premiazioni!”
– “Eh, ho capito.”
– “…”
– “Ah, merda!”
Sono ultima su tre, che letto al contrario vuol dire terza.

Terza vuol dire che bisogna lasciare lì la lepinja con la pleskavica, levarsi l’ajvar dalla faccia in fretta e furia, localizzare le patacche di unto sul maglione in modo da coprirle con le braccia al momento della foto e fiondarsi sul podio vicino a CP, cercando di non fare la faccia da “sbrighiamoci, mi si raffredda il panino”.


[immagine tratta da Weekendnotes.com]

Alla fine ho portato a casa una medaglietta di plastica e un vasetto di miele del Carso, e la sensazione che con i cinquanta sacchi dell’iscrizione potevo comprarmi una vasca olimpionica di miele del Carso.
… E un sacco di pleskavice calde!

I più morbosi possono consultare carta, percorso e scelte su larryetsitalia.net, gli altri interrompano qui lettura e ascolto!

4 thoughts on “Lipica Open 2014 [7] – mercoledì 10 marzo

  1. The Speaker

    Io un volta ho vinto la gara Elite a Villazzano, il giorno dei Campionati Italiani.
    Che non si disputavano lì.
    Però c’era tantissima gente in gara.
    Nelle altre categorie.

  2. Pillow

    a me quel mostro ripieno di marrone fa oscenamente gola…
    tipo che ho delle allucinazioni olfattive…
    ma lo sai che è una settimana che sto senza zuccheri e lieviti ed ho perso un chilo senza fare una sega (in senso autentico: nemmeno quella, mi son concessa)?
    penso che continuerò. come al solito, fin quando non cominciano a cadermi i capelli.
    allora rimangerò normalmente e prenderò quel mezzo chilo fisiologicamente impossibile da togliermi. e sarò triste. quindi o mi punirò con estenuanti sedute di qualche disciplina, o sprofonderò nel baratro opposto, comprandomi il vaso da cinque chili di nutella.
    farotti sapere.

  3. Pingback: Macchina del pane Unold Backmeister, istruzioni in italiano | LARRYCETTE

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