L’unica volta che vidi Parigi [1]

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Miracoli dell’estate: su Larrycette si torna a parlare di viaggi, nonostante il pesante fiato dell’orienteering sul collo.
Salutiamo QuelloLì, che ha compiuto 21 anni, ma la data esatta era ieri. Delle scaletta di Springsteen a Limerick, invece, non voglio parlare.

Parigi, giorno 1, parte I

The flying triestinis volano, questa volta, separati, ma si recano insieme in aeroporto di buonissimo mattino.
Slonc arriverà a Parigi con voli Alitalia ed AirFrance, via Roma; noi con AirDolomiti e Lufthansa, via Monaco.
Io adoro volare Lufthansa/AirDolomiti.
Okay, io odio volare, fondamentalmente perché ho paura di morire, quindi lo faccio pochissimo; memorabili restano quella volta che Zzi mi portò in Olanda in macchina (rischiando molto più la vita in autostrada che in aria, razionalmente ne convengo) e quella che organizzò un viaggio intermodale via mare, treno e pullman per portarmi da Dublino a Londra senza farmi staccare da terra (sebbene la morte per annegamento, in caso di disastro marittimo, sembri assai più atroce che quella di schianto con l’aereo, continua a parermi meno probabile – forse, quando volerò come nuoto, cambierò idea).

Uno dei motivi per cui preferisco AirDolomiti è che, in realtà, stare per aria mi piace tanto, perché i velivoli che collegano Trieste a Monaco viaggiano talmente bassi, sulle Alpi, che a momenti soffiano via la neve dalle cime, e c’è un panorama mozzafiato. Se avete mai visto i monti dall’alto, sapete di cosa parlo: sono talmente belli che sembrano il mare.

L’altro motivo è la merenda.
Sui voli RyanAir non ti danno neanche un pacchetto di grissini vecchi (e va benissimo così, non costando un cazzo), mentre le altre compagnie ti intrattengono con un sacco di puttanezzi, che in genere – se di “genere” posso parlare io, che ho volato due volte in vita mia – fanno schifo, ma costituiscono un’ottima fonte di ispirazione se hai un blog demenziale con una forchetta nell’header.


In volo da Trieste a Monaco

Quando siamo andati a Helsinki, ci hanno dato il muffin ai mirtilli più dolce del mondo. Stavolta è andata leggermente meglio.
Le eleganti hostess AirDolomiti (hanno delle longuette anni Quaranta a vita alta che mi farebbero sembrare Gloria di Madagascar -ma meno sexy – e che, invece, a loro stanno benissimo, nonostante la scarpa con il tacco basso) spingono un carrello dal quale distribuiscono merendine Paluani. Sono banalissime brioches con la marmellata di ciliegie, troppo dolce, come la pasta, del resto, che è anche troppo unta.
So di non doverlo fare, ma lo faccio. È che in fondo, a me, piace il brivido.
Leggo la lista degli ingredienti; quando l’ho finita stiamo per atterrare, e molte delle cose elencate mi sono del tutto ignote, ma ho la consapevolezza che sia meglio così.
Sul succo di frutta non ho niente da ridire.

L’aeroporto di Monaco di Baviera è luogo di perdizione.
Non solo scintilla di vetrine traboccanti delle ultime creazioni dei più prestigiosi stilisti (fra cui spiccava una borsa di Ferragamo arancione, grande come il mio culo, che pareva fatta apposta per distogliere l’attenzione da esso, una volta messa sul mio braccio), non solo l’offerta gastronomica è ampia e variegata e il duty free shop ti tira dietro la mia marca di gin preferita, è dotato, per giunta, di macchinette che distribuiscono gratuitamente le bevande calde, accanto alle quali un florilegio di quotidiani tedeschi e internazionali si offre ai passeggeri come la Minetti a Berlusconi.
Non perché sia gratis (ok, forse anche per quello), ma perché in vacanza Zzi mi lascia mangiare di tutto, la cioccolata calda della macchinetta è irrinunciabile, anche se, come tutte le bevande sintetiche dei distributori, fa oggettivamente anguscia; ma quando mi ricapita?
Per farlo contento, prendo anche un giornale in tedesco, così può illudersi che abbia imparato qualcosa. Scelgo quello con più figure, in caso dopo mi interroghi.

… e da Monaco a Parigi


Vista dall’alto, l’Europa centrale è un po’ tutta uguale: campi arati e coltivati di ogni sfumatura di verde e marrone, strade, agglomerati urbani la cui architettura non si distingue, ma che non lascia presagire niente di eccezionale, strade, corsi d’acqua dello stesso colore delle strade, altri campi arati di tutti i colori, altre strade, altri agglomerati urbani che sono l’uno la riproduzione in scala dell’altro, e tutto intorno campi arati.
Dormirei, ma non è ancora passata la merenda e non me la vorrei perdere… dato che Zzi in aereo non prende sonno (e non so come faccia, dato che io non riesco a tenere gli occhi aperti, il che, essendo difficile quando si è terrorizzati, può significare solo che l’aereo ha un potere soporifero incontrastabile), lo prego di chiamarmi quando passa il carrello.

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