Croce e mestizia a Vipavski Kriz

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Intanto, buon 2020; poi oggi, 27 gennaio, facciamo gli auguri a mezza FISO, che ha compiuto 21 anni.

Tra questi – oltre a Zzi, che preferirebbe di gran lunga studiassi, anziché minchiare sul blog – una Pikkola Lettrice (ki sarà? Mah, ki lo sa?) che di recente ha sapientemente blandito il mio ego, invogliandomi a raccontarvi della mia sfolgorante gara a Vipavski Kriz. Vipavski Kriz si scrive con la stresica sulla z, ma non è tra i caratteri disponibili con questo WordPress. Anche stresica si scrive con la stresica… fanculo, parliamo di orienteering!

La ridente Vipavski Kriz

E VENIAMO ALLA GARA DI DOMENICA 26!

Il clima è quello consueto degli appuntamenti di orienteering.

“Ah, un’atmosfera semplice e gioiosa, in cui trionfano i valori sportivi dell’impegno e del rispetto dell’avversario” – diranno subito i miei Piccoli Lettori.

No, no; parlo proprio del clima atmosferico: il solito tempo di mmerda che accompagna tutte le gare.

Vipavski Kriz è un minuscolo borgo arroccato su un collinozzo nella Valle del Vipacco.

Pittoresco, assai curato e con una roccaforte ben conservata, è – anche grazie alla relativa vicinanza con Zemono, dove si trova un noto ristorante gourmet, e con le sorgenti dell’Hublj, e dell’omonima gostilna dove mangiare il decuplo per un decimo – una graziosa meta per chi si trova nei paraggi, una località che merita senz’altro una sosta sulla via di Ajdovscina (ci sarebbero delle strscice) o di Gorizia.

Mo, francamente, farci una gara di orienteering mi pare eccessivo.

Ricordatene le succitate peculiarità: minuscolo; arrocato su un collinozzo.

La prima ci dice che il centro urbano non basta a tracciare neanche una sprint, neanche con cambio carta; la seconda suggerisce pendenza da ogni lato.

Unite, ora, queste peculiarità al tipico clima dell’orienteering.

Risultato: discese nel fango.

Personalmente estorco alla classifica un irripetibile decimo posto pur essendo più di dieci in categoria, grazie a una fortunata combinazione di punzonature mancanti e suicidi di massa delle avversarie, combinazione che non si ripeterà mai più ma che, in condizioni diverse (tipo in salita e sull’asciutto, ma senza pioggia sarebbe un altro sport), mi avrebbe tranquillamente mandata a podio, nonostante io stessa non abbia perso l’occasione di raggranellare qualche chicca per la mia collezione di oriminchiate.

 

Ecco le prime oriminchiate del 2020, tutte in soli due chilometri:

Eccesso di Decoubertinismo, per cui in griglia mi piazzo dietro al nugolo di bambini grassi, che stanno tre ore a prender la cartina, impedendomi di raggiungere la mia: cinque o sei secondi dritti giù dal cesso senza manco aver ancora visto la carta; totalmente irrilevanti ai fini della classifica, ma  sufficienti a darmi della mona.

Eccesso di Larrycettismo, per cui parto per la sprint in centro storico coi guanti da forno, e via altri cinque o sei secondi per prelevare l’agognata cartina dalla cassetta e circa altri venti per piegarla almeno a metà.

Cioè: non ho ancora trovato il triangolo in carta e devo già recuperare mezzo minuto.

Dislessia simbolica, cioè l’incapacità di comprendere il significato delle rappresentazioni grafiche delle indicazioni, che puntualmente mi fa trovare dal lato sbagliato del punto, perché io a quisquilie come “lato nord” e “lato sud” non bado; la cosa può risultare poco rilevante finché si tratta di fare il giro di un alberello, rompe decisamente di più i coglioni quando non hai manco guardato se è “angolo interno” o “esterno” e finisci sistematicamente dal lato sbagliato del muraglione.

Discalculia logica, in altri termini: semplice stupidità. Capita di leggere male, capita di non vedere bene, capita di avere il dubbio, provare ad andare a culo e finire nel posto sbagliato. A quel punto si ricalcola il percorso e si procede da lì. Io no, io non ricalcolo un belino, io torno indietro e faccio la strada che nel frattempo ho compreso essere stata la scelta giusta, anche se mi sarebbe bastato, a quel punto, svoltare ancora solo un altro angolo.

– Conservazionismo esemplare, sia nel senso di “massima espressione di conservazionismo”, sia nel senso di “istinto di conservazione dell’esemplare” (e affanculo la specie). Miro, cioè, a sopravvivere evitando tutte quelle azioni le cui conseguenze possono potenzialmente compromettere la mia salute fisica, tra cui – a titolo esemplificativo, ma non esaustivo – camminare.

 

Come prova generale prima di Venezia mette i brividi.

Si sa, infatti, che la prova generale va sempre al contrario della rappresentazione, per questo si spera segretamente che la generale faccia schifo.

Qua abbiamo una prestazione discutibile con un piazzamento dignitoso: alla VeNotte mi aspetta un piazzamento discutibile nonostante una gara dignitosa, quindi.

Possiamo comunque scegliere di non credere a queste superstizioni da baraccone: guardare i tempi, i tracciati e andare a piangere sommessamente in un angolo.

Vada come vada, sabato invocherò le attenuanti generiche:

sono una W40, ormai.

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