✎ [Repost] Caffè di Piazza Verdi, piazza Giuseppe Verdi, Trieste [saga del vodka russian, episodio VII]

Cari piccoli lettori,
mi sono accorta adesso che questo post non era completo.
Siccome amo le cose fatte con cura [spostatevi, o il mio naso allungato bucherà lo schermo e vi si pianterà in un occhio], lo ripubblico completo.
Dài, su: che il prossimo esce domani!

°°°°°°

Con le pive nel sacco ci alziamo dal Caffè Audace e ci dirigiamo mesti verso casa, tuttavia la mia voglia di aperitivo non è placata. L’aperitivo, come tutti i pasti, non è mera soddisfazione gastrorganolettica, bensì è un piccolo rituale che – se non eseguito con tutti i crismi – non è abbastanza soddisfacente. Un aperitivo in un locale in cui ci si trva a disagio è più o meno l’equivalente di un pranzo da soli alla mensa aziendale: non che non sfami, ma la domenica in famiglia coi tortelli e le pastine è tutta un’altra storia.

Quindi, da vera grande artista, compenso l’insoddisfazione sentimentale lasciatami dalla fredda esperienza precedente con una dose aggiuntiva di alcol, che decidiamo di assumere al

Caffè di Piazza Verdi, piazza Giuseppe Verdi, Trieste.

Si tratta di un bar palesemente diurno, spudoratamente impostato su colazioni e pause pranzo,  trendy quanto una longuette antracite. Già mi sta simpatico. Il locale è ben nascosto sotto le impalcature del Tergesteo, ma la gragnuola di tavolini deserti davanti all’ingresso del Verdi ne denuncia sfacciatamente la presenza. Se si eccettuano i giorni di spettacoli, la clientela è composta in prevalenza – in barba alla posizione strafighetta tra piazza Unità, piazza della Borsa e il teatro dell’opera – dagli operai del cantiere e da altre genti meccaniche e di piccol affare. Insomma, gente normale che il caffè lo ordina allungato con la grappa, non con l’acqua calda. Già lo adoro.
Inoltre, è visibilmente ristrutturato da poco e l’arredamento è semplice, ma scelto con attenzione. Piccola chicca: le coppette in cui vengono serviti i salatini non sono le solite ciotoline colorate dell’Ikea, abbinate ad minchiam anche nei locali più costosi, sono quelle di Guzzini, verde acido e arancione, coordinate con discreto criterio ai tovagliolini.
Non ci vuole molto, osserveranno giustamente i miei piccoli lettori, e non costituisce un vero vantaggio per il cliente. Vero, ma proprio perché non ci vuole niente, perché è tanto difficile, altrove, trovare persone che lavorano con cura?

Sappiamo, per pregresse frequentazioni preoperistiche, che non viene effettuato il servizio al tavolo, perciò ci dirigiamo sicuri al banco e ordiniamo. C’è un ragazzo che, a farlo vecchio, avrà 23 anni, ben rasato, con i capelli corti, gli occhiali di Clark Kent e la camicia bianca e in ordine come i suoi denti. L’ho notato perché – troppa grazia – sorride sempre.
Sorride anche quando la culona gli chiede il vodka russian e lui è innegabilmente carente; non ha la schweppes russian, solo tonica, lemon e ginger ale, mi spiega. Scelgo di nuovo la tonica [per non mischiare!] e Superman ci invita ad accomodarci: non c’è nessun altro e siamo così i fortunati vincitori del servizio al tavolo.

Fuori si sta da Dio. Non vola una mosca, cinquanta metri alle nostre spalle la gente sgomita per farsi vedere con uno spritz annacquato [credo, ma verificherò a breve] in mano e rosicchia pane raffermo avanzato dai piccioni [questo si vede passando]. Noi siamo spalmati su un tavolino sufficientemente grande per pranzare, c’è una bella luce, una bella facciata da ammirare e sbancando le aiuole delle rive si vedrebbe il mare anche da seduti.
Il mio nuovo supereoe mi conquista definitivamente portandomi una cuffa di olive nere condite, a occhio e croce due etti, che a comprarla in gastronomia ci devo pensare quattro volte, più patatine e noccioline d’ordinanza.
Si dimentica i tovagliolini, è vero, non è perfetto neppure lui, ma recupera portandoli con il secondo giro di stuzzichini, quando ci serve la pasta fredda.
Per il vodka tonic non lo so, mi sono dimenticata di assaggiare, ma per il gin tonic ha usato Beefeater.
E ha voluto due euro di meno della contessa-che-non-si-abbassa-a-pulire-i-tavoli.

In breve [La parte che mancava]

Il locale e le cose
Aspetto degli ambienti [nel suo genere]: ??? [la mobilia è nuova, non innovativa, ma moderna e funzionale]
Cura e manutenzione degli ambienti:  ????
Qualità suppellettili: ????? [specie in rapporto a locali più pretenziosi]
Cura e pulizia degli oggetti: ????
Il personale
Competenza: ??? [la sapeva, era solo emozionato!]
Gentilezza/disponibilità: ???? [di più diventa imbarazzante]
Cura e pulizia: ????? [visto che non servono miracoli per prendere voti alti]
I prodotti somministrati
Bevande:  ????  [perché ci ha fatto scegliere il gin]
Cibi: ??? [freschi e abbondanti, anche se forse poco vari]

Bene: abbiamo trovato la squadra da battere.

3 thoughts on “✎ [Repost] Caffè di Piazza Verdi, piazza Giuseppe Verdi, Trieste [saga del vodka russian, episodio VII]

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