Terza cena regionale: la Liguria. Primo: Trofiette con il pesto (3.1)

Il pesto

Il pesto, non serve che lo dica io, è la cifra distintiva della cucina genovese.
Si tratta, a pensarci bene, di una salsa piuttosto particolare, diventata di moda da relativamente poco tempo, e subito rivisitata dai vari creativi dei fornelli, attraverso l’uso di ingredienti stronzi, tipo la rucola.

Senza nulla voler togliere (ok, un pochettino sì) agli altri condimenti fatti in un mortaio – o in un frullatore – il pesto alla genovese è uno e uno solo, e si fa con pochi, costosissimi, ma semplici ingredienti:

– basilico di Prà, o almeno ligure
– pinoli
– olio extra vergine d’oliva
– sale se serve
– parmigiano reggiano
– aglio

La ricetta tradizionale prevede di sostituire metà del parmigiano con pecorino sardo; a mio gusto, il risultato ha un sapore un po’ forte, e preferisco la versione per fighette, con solo parmigiano. In compenso, sono una fautrice dell’aglio e disapprovo la versione senza di esso.

Si fa così: si frulla tutto assieme finché non risulta una pasta morbida.
Si può anche fare nel mortaio, con il pestello, ma è una fatica immensa e se ne riesce a preparare solo una piccola quantità per volta: molto meglio il frullatore.

Avrete sicuramente sentito dire che il bicchiere del frullatore va messo in frigo per evitare che il basilico si “cuocia” e perda aroma a causa del calore sviluppato dal motore del frullatore. Avrete anche sentito dire che quando mio cuggino si è tolto il cashco, mio cuggino s’è aperta la teshta, il che dovrebbe dirvela lunga sul’opinione che ho sul raffreddare il frullatore.
Il frullatore scalda, è un dato di fatto, tuttavia, il pesto di mia madre è sublime e non ha mai messo il frullatore da nessuna parte: sarò complottista, ma, secondo me, il segreto è tutto nella bontà degli ingredienti.

Per inciso, anche la suocera di mia madre (quindi mia nonna paterna) faceva il pesto nel frullatore. Sfatiamo questo mito del cazzo che le cose sono migliori se fatte all’antica: ci sono cose che lo sono e cose che non lo sono; il pesto viene benissimo col frullatore, anzi, se non sapete usare il pestello, non aspettatevi di ottenere un pesto ben fatto solo perché avete dato la vita nel mortaio.

Che caratteristiche devono avere, allora, gli ingredienti di un pesto alla genovese fatto come si deve? – Diranno subito i miei Piccoli Lettori…

Gli ingredienti del pesto alla genovese

 

Il basilico

Il basilico ideale per fare il pesto è quello di Prà, squisito e aromatico, in mancanza del quale si ottengono ottimi risultati anche con basilico genovese – o ligure – di altra provenienza.
L’importante è non usare basilico dell’entroterra, in particolare va evitato quel bellissimo basilico che cresce in Veneto, con grandi foglie scure e carnose, dal forte aroma di menta; con quello, potete farci il mojito. Il pesto va fatto con il basilico scricchito, con le foglie piccole, tonde e chiare, che cresce in Liguria.

 

I pinoli

Quello che penso dei pinoli cinesi, e come si fa ad essere certi di acquistare pinoli pisani, ho già avuto modo di esporlo.

 

Olio extra vergine di oliva

L’olio di olive taggiasche – che è delizioso – è una tipica produzione della Riviera di Ponente, e poiché la Liguria non è famosa per le sue fertili terre sterminate, fatico a credere che anticamente se ne producesse ed esportasse tanto, nell’imperiese, da soddisfare il fabbisogno di tutta la regione. Suppongo, piuttosto, che ognuno facesse il pesto con l’olio dei suoi ulivi, della varietà diffusa in questa o quella zona (in Lunigiana, ad esempio, cresce il leccino, che è una cultivar tipicamente toscana). L’importante è non ammazzare l’aroma del basilico con un olio troppo forte, tipo quello del meridione, che è buonissimo sui legumi e sul pane, ma che nel pesto non c’entra un cazzo.

 

Sale

Da che mondo è mondo ci si è sempre messo il sale che c’era, non è il caso di farselo arrivare da Trapani o dall’Himalaya per fare il pesto. Quello che si compra dal tabaccante andrà più che bene.
A Genova, infatti, e, credo, in tutta la Liguria, i tabacchi, il sale e i valori bollati si comprano dal tabaccante. Il tabaccaio e il tabacchino esistono, ma sono foresti.

 

100% parmigiano o parmigiano e sardo?

Come dicevo, pare che la ricetta originale preveda l’uso di formaggio sardo. Il sospetto è d’obbligo, perché, quando si parla di una ricetta tradizionale molto antica, ci sono sempre molteplici versioni, tutte autentiche.
Sebbene nella mia famiglia abbiamo sempre usato solo parmigiano reggiano, l’impiego del formaggio sardo è risaputo e attestato. È un po’ più acidulo e saporito del parmigiano, quindi quando si condisce la pasta, che è calda, sprigiona un aroma di formaggio molto intesto, che a mio gusto sbilancia l’equilibrio del pesto.
Va riconosciuto che il mio giudizio è condizionato dall’imprinting e scommetto che là fuori è pieno di gente cresciuta col pesto col sardo pronta a giurare che sia migliore. Se volete fare outing…

 

Aglio

Ci va.
Il pesto senza aglio è buono, ma il pesto con l’aglio è più buono.
La cosa migliore, però, non è frullare l’aglio con il resto degli ingredienti, a meno che non consumiate subito il pesto preparato, bensì spremerlo fresco nel pesto al momento di condire la pasta. Se vi è indigesto, potete infilzare un paio di spicchi in uno stuzzicadenti, condire la pasta mescolando bene e togliere l’aglio (che senza stecchino non trovereste mai) prima di servire, così vi assicurate il profumo, senza il mattone.
… Ma non fate la belinata di non mettercelo affatto: ci va, ci vuole!
È a questo punto che mia madre dice “Guarda che quello che mangi qui è fatto senz’aglio” e io resto con la bocca semiaperta e l’espressione da pirla, convinta che ci fosse sempre stato (perché c’era il passaggio su stuzzicadenti).

Ho servito ai miei ospiti pesto comprato nell’ottimo pastificio Danielli di via Galata (a Genova; lo riconoscete perché è quello con la gente in coda all’appello come a un concerto di Springsteen), sia perché è molto buono, sia perché se mi fossi portata a Trieste i mazzetti di basilico genovese per fare il pesto con le mie manine, avrei, dopo sei ore di viaggio, ottenuto salsa di fieno.

[Continua, ma non amo abusare della vostra pazienza]

 

9 thoughts on “Terza cena regionale: la Liguria. Primo: Trofiette con il pesto (3.1)

  1. rudi

    mi permetto ,in qualità di genovese, di sottoscrivere ogni riga e in particolare sull’uso del frullatore e dell’aglio!!!!…..
    anch’io vado da danielli a fare il rifornimento (e la focaccia la prendo in piazza colombo)…..sono i must di ogni gita a genova!!!

  2. Otti

    No adesso mi spieghi cos’è che c’hai te contro il mio basilico veneto. Vero che ha foglie atte al paracadutismo estremo, ma giuro che non sa di menta. Quella cresce giù in orto e ti aspetta per il mojto di benvenuto.

  3. Larry Post author

    Sa da menta, sa da menta, fidati. Rispetto al nostro sa da menta.

    Giulio, non cadrò nella tua provocazione.

    Rudi, anche io prendo la focaccia in piazza Colombo, dove hanno anche dei buonissimi brasiliani, anche se ogni tanto vado anche da Mario in via SanVi, che ha anche quella secca tipo Volti, mentre mi pare che Sattanino (in quella via parallela a via Cesarea che oramai è troppo tardi per imparare come si chiama), che faceva una focaccia con le olive talmente piena di olive che dovevi comprare anche una striscia di focaccia normale per compensare, abbia chiuso.
    Ma tu, nel pesto, ce lo metti il sardo?

  4. rudi

    no, niente sardo…..in compenso mia madre mette talmente tanto aglio che quasi non si sente il basilico!!!!…….sono io quello di I Cirulla ;)

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  6. Larry Post author

    Ne ero certa, io lo devo ancora incontrare un genovese che ci mette il sardo… secondo me è una leggenda metropolitana, secondo me l’abbiamo messa in giro noi ai tempi delle repubbliche marinare, così, se i pisani (che avevano i pinoli) provavano a fare il pesto, ci veniva grammo.

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