Uno più uno fa tre – San Leonardo 19 maggio 2013, campionato sprint FVG

 

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A causa del fatto che siamo fra i pochi atleti (per modo di dire) ad abitare in centro città, da un paio di trasferte a questa parte, la Zzimobile, con i suoi occupanti, si sta sottraendo al teatrino delle automobili che la nostra giovane ma rispettabile società allestisce al quadrivio di Opicina ogni volta che si va in trasferta da qualche parte.

Normalmente funziona che tutti gli iscritti alla gara si recano con la propria vettura sul luogo dell’appuntamento; lì, ci si conta (come se non avessimo inviato le iscrizioni alla società organizzatrice di turno e non sapessimo da giorni chi c’è e chi non c’è) e ci si ridistribuisce nei vari mezzi, al fine di ottimizzarli, includendo nella “valutazione per la distribuzione delle risorse umane” le variabili date da griglie di partenza, previsioni di podio e progetti per il futuro:
Alòr, steme un momento a sentir… Chi che se ferma a magnar vadi con Zzi, chi che vol tornar zo subito vadi con la Webmistress… no, ma speta, voi quanti xé? No, alora, femo cussì, ti che te son forte va’ col Celere che tanto se devi fermar ale premiaziòni, ti… ti fa’ una roba, lassa tua moglie in màchina con lori e vien con nòi, anzi, speta, va’ anche ti con lori e dighe al muléto de vegnir de qua, cussì non ve separé” (continua).
Per prendere l’autostrada alle otto, ci vediamo al quadrivio alle cinque e un quarto, poi ci diamo appuntamento per colazione in un autogrill che non capiamo e ci ritroviamo solo sul luogo della gara, morti di fame e di pipì; ma ci divertiamo tanto tanto.

Il viaggio verso San Leonardo

Anche questa volta, però, Zzi e io non abbiamo purtroppo preso parte alla quadriglia, perché ci siamo recati a San Leonardo insieme ai coniugi K, riempiendo tutti i posti disponibili della Zzimobile. Ok, in teoria ce ne sarebbe stato ancora uno, ma poiché al ritorno avremmo ricondotto a casa la Regina della Bussola, non ce la siamo sentita di aumentare il coefficiente di casino della distribuzione degli atleti nelle macchine e abbiamo dato appuntamento al resto della giovane, ma rispettabile, società nelle ridenti valli del Natisone.

Quando salgono in auto, i coniugi K sono di umore stranamente lieto.
Marko con la K, a dire il vero, è sempre un interlocutore brillante e faceto, ma Madame K, talvolta, vede il suo altrimenti sempre radioso umore lievemente offuscato dai gravi disagi che stoicamente sopporta, tipo non aver fatto colazione o essersi alzata prima del sole. Mi preme ricordare che è colei che sacrificò il suo compleanno sull’altare di Gropada.
A Villach avevamo portato SuperGiovane perché Madame K aveva da poco tempo fatto un esame clinico e non se la sentiva di gareggiare; non so di cosa si trattasse nello specifico, perché quando ti dicono così non è carino chiedere… neanche sputtanare sul blog a distanza di tre settimane, ora che ci penso… ad ogni modo, l’altra domenica ero contenta che fosse venuta.
L’ho trovata proprio in forma, con il viso disteso e lo sguardo felice. Non faccio uno più uno, ma meglio così!

Noto, oltretutto, che si sta lasciando crescere i capelli castani, e appoggio la scelta.
Dovete sapere, infatti, che Madame K è un’ex-bionda naturale: dagli occhi e dalla pelle si vede che è la classica bionda divenuta castana allo scoccare dei diciott’anni, che torna color grano al primo raggio di sole. Solitamente conserva questa luminosità con qualche colpo di sole del parrucchiere, mentre ora vedo che si sta lasciando crescere i capelli del suo colore naturale, che è un po’ più scuro di quello con cui ero abituata a vederla; trovo fighissime le more con gli occhi verdi: approvo e spero le restino scuri.

Non faccio uno più uno.

Durante il viaggio, l’ori-gossip impazza.
Marko, messo in minoranza (sarebbe in patta, ma Zzi è muto e non conta), non può che rassegnarsi a chilometri e chilometri di “quella sta con quello” e “quello è il marito di quella e il fratello di quell’altra, che ha sposato il cognato di quel terzo”.
Che regione movimentata, il FVG, dal punto di vista dell’ori-gossip, diranno subito i miei Piccoli Lettori: ogni volta che hai in auto Madame K il pettegolezzo si scatena.
Ahimé, la realtà è assai meno succulenta di così: siccome tolti i miei compagni di società e quattro lettori in croce, io non conosco un orientista che sia uno, e ho la memoria sorprendentemente corta per le cose che non mi riguardano direttamente, ogni volta Madame K cerca di darmi qualche ragguaglio sul who’s who regionale, ricominciando sistematicamente da capo, con il disperato scopo di non farmi stare in partenza col sorrisetto tirato e lo sguardo atterrito di quella che “li ha già visti da qualche parte”, sa che li dovrebbe conoscere, adesso magari si fa coraggio e li saluta pure, ma non si ricorda il nome e si vergogna come una ladra.

Girandomi ripetutamente per dialogare con la mia istruttrice, noto che ha un modo strano di stare seduta, a causa del quale sembra che abbia il ventre un po’ teso. Secondo me così si sta scomodi da morire e viene un mal di schiena cane, ma contenta lei…

Non faccio uno più uno.

Il viaggio continua e Madame K non cambia posizione; cerco di fare uno più uno e deduco che probabilmente è stata colpita dalla maledizione di Falloppio, e quindi sta così perché ha già mal di schiena e di pancia, e forse il suo ventre è un po’ teso davvero. Ha tutta la mia solidarietà e sono ammirata del fatto che non sia tesa lei.

Durante il viaggio piove a intermittenza, ma solo per il gusto di illuderci che non ne prenderemo.
Man mano che ci avviciniamo al luogo della gara, è chiaro che ci stiamo dirigendo nella valle su cui incombe una nube nera, talmente minacciosa e opprimente che sembra il disco volante di Independence Day.
La valle accanto, invece, è dietro un muro biancastro di pioggia che cade, che probabilmente si sposterà su San Leonardo al nostro arrivo in loco.

Posteggiamo consapevoli che, come nella migliore tradizione orientistica, ci aspetta un’altra uscita a spinta, e notiamo che c’è un sacco di gente, ma nessuna, o quasi, faccia conosciuta. Notiamo anche che tutti indossano aderenti tutine ultratecniche e girano in bicicletta; forse non sono qui per lo stesso nostro motivo.
“Si vede che non sono orientisti, però” – commentiamo Madame K e io mentre portiamo i nostri effetti sulle panche sotto la tenda, riempiendo le scarpe di fango entro il sesto passo – “hanno un’aria più…” – “Atletica” completa la mia frase la mia amica, “professionale” specifica.
Io avrei detto “chiavabile”, ma fa niente.

L’orientamento, questo sconosciuto

La mia performance orientistica comincia male, perché non trovo gli spogliatoi; quando li trovo, anche la mia scelta tattica si rivela poco adeguata: entrambi sono occupati da maschi, in uno ci sono Zzi, Marko e un paio di altri tizi a me ignoti (ma che probabilmente mi hanno presentato sei volte), nell’altro la borsa del Celere Capellone.
Logica vorrebbe che una spostasse la borsa del Celere e occupasse lo spogliatoio a sud [punto cardinale tirato a caso, per far finta di sapere dove fossimo, con la tranquillità di non poter essere confutata o quasi], dando anche alle ragazze un luogo tiepido e pieno di vapore per denudarsi.

Io non mi scrosto da Zzi e mi piazzo nell’altro, confermando a molti di essere un travestito. La scelta di infilarsi nello spogliatoio più pieno di maschi, però, continua a non sembrarmi del tutto sbagliata.

Le giovanili della nostra giovane, ma rispettabile, società hanno portato il pallone e si demùano come matti nel campetto sintetico. Loro sì che sanno come godersi la vita.
Noi vecchi subiamo le torture di Zzi, in modalità “sergente istruttore”, e ce la meniamo a riscaldarci sul campo vero.
Prima che io riesca a mettermi a giocare a Guerre Stellari con Marko, facendo finta che le bandierine del calcio d’angolo siano spade laser,  Zzi mi riconduce all’ordine e mi intima di risparmiare il poco fiato per restare nella compagine, poiché il vero scopo non è riscaldarsi, bensì mostrarci forti e compatti e intimorire, così, l’avversario che, deconcentrato, subirà la sudditanza psicologica della nostra giovane, ma rispettabile società e farà una pessima gara. È un piano perfetto.

Escludendo i compagni di società, che si sono sostanzialmente difesi bene, quando non hanno addirittura brillato, meno male che abbiamo fatto questa specie di haka, altrimenti io e Zzi ci facevamo battere anche dalla signora nel deambulatore uscita da una casa con la badante per buttare la spazzatura.

Il riscaldamento mi distrugge, non ho la forza fisica né la fermezza mentale di affrontare un’altra prestazione; faccio la gara solo perché ho pagato, ma decido che dopo mezz’ora smetto, indipendentemente dal punto in cui sarò.
Dopo qualche minuto nei pressi di una partenza a caso (ce n’erano parecchie in zona), prendo la carta, la imbusto e parto sotto il cielo incontinente della furlania, cui scappano due gocce ogni tanto, ma poi si tiene, ma poi la molla, ma poi riesce di nuovo a tenersi per un po’, ma poi proprio non ce la fa più…

Trattandosi di una sprint, la menata lanterna per lanterna ci dà poche soddisfazioni, anche perché, tutto sommato, non ho fatto molti errori. A dire il vero, ne ho sostanzialmente fatto uno solo, ma l’ho fatto sempre: sono sistematicamente andata lunga perché non mi capacitavo di una scala a 1:4000. Del resto, se nessuno mi spiega le scale prima, io non posso fare chissà che cosa.

Per farla breve: se non era per un occhialuto calciatore del Barça non avrei neanche visto la svedese; alla uno vado perché c’è una mamma che spiega a una bimba sui tre anni di infilare il pirulo nella centralina e la cosa mi fa insospettire; trovo la due perché vedo Madame K. Belin che male che deve stare. È partita due minuti prima di me ed è ancora qua, non oso pensare cosa le stanno facendo le sue ovaie, poverina. Certo che è un’eroina, al suo posto non mi sarei alzata dal letto. Il Previdente Presidente dovrebbe encomiarla. Sono certa che lo farà, e quando lei mi dà strada, io do prova di grande solidarietà femminile lasciandola preda del suo essere donna oggi in mezzo al prato, andandomene più veloce che posso, senza, ovviamente, fare uno più uno neanche questa volta.

Sbaglio la tre in modo talmente plateale che, quando vedo la lanterna, capisco che è la 7. Sollevata all’idea di potermi almeno riposizionare e ripartire, scopro, divinando il misterioso linguaggio delle centraline, che in realtà sono alla 4. Nessun problema: posso riposizionarmi ugualmente e, tutto sommato, mi va pure meglio, ma la consapevolezza di esser mona è così solida da essere tangibile, e manda in vacca il gran lavoro del Previdente Presidente sulla mia (mal riposta) autostima.

A furia di dai e dai, non essendo il terreno di gara poi così vasto, trovo tutte le lanterne; mi rotolo nel fango una volta sola, non cado, non mi sguaro un braccio fra i rovi, non guado il Rio Lobo. Quando sopraggiunge la Regina della Bussola, che sa benissimo dove siamo, ma mi interroga solo per vedere se lo so anche io, conosco addirittura la risposta esatta. Mi perderò pochi istanti dopo averla salutata, ma l’importante è aver fatto bella figura quando era il momento. Non vedo più Madame K, e capisco che mi ha dato via quando mi sono persa alla 3; grazie alla mia totale inettitudine alla matematica, non capisco che l’errore mi è costato più di tre minuti, ragion per cui non mi getto nel fiume con una pietra al collo [okay, mi avete sgamata: è fiction, non me ne frega un cazzo della competizione, dello sport e della prestazione, ma narrativamente parlando funzionava bene].

Prima della 100, vedo Zzi che sta correndo in quella direzione e punto ad attaccarmici, andando più forte che posso; non solo non lo prendo perché ho fatto le infiltrazioni di piombo ai culi, ma mi ritrovo sulla strada più lunga per la lanterna, quella che ti puoi permettere solo se hai i suoi femori e un peso inferiore a quello di un rinoceronte. Mi pare, comunque, di essere stata abbastanza veloce, ma gli split time diranno che è avvenuto tutto, come sempre, nella mia mente affabulatoria.

Da un primo conteggio sono di nuovo quintultima (come a Komenda e Villach), e inizio ad affezionarmi alla posizione, ma le classifiche definitive diranno che sono solo quartultima, perché una non è partita. Di fatto, è la stessa cosa, ma il diverso piazzamento mi rovina il post.
Dietro di me ci sono Madame K, una bella ragazza coi riccioli e gli occhiali che avevo conosciuto a un allenamento e che apprendo dalla classifica essersi tesserata con noi (alè!), e la Defibrillatrice.
Però ho impiegato trenta minuti esatti a finire il percorso. Tante cose si possono dire di me, ma non che non sia di parola.

Terminata la cerimonia delle premiazioni, durante la quale non nascondo che ho invidiato le atlete più forti, le cui esperienza, prestanza atletica e assiduità agonistica sono state premiate con un prezioso monile, finalmente si mangia.

Con rispetto parlando per il cuoco, non è andata bene come a Villach.
C’era solo pasta al ragù, ed era un po’ insipida. “Per due euro che cazzo vuoi?” – diranno subito i miei piccoli lettori. Sono d’accordo, già se mi davano il piatto di plastica vuoto ci sarebbe stata una certa convenienza, ma a me la pastasciutta non piace neanche in condizioni ottimali, figuriamoci quanto posso apprezzare delle mezze penne condite a vivo, per giunta indietro di sale.

Pochi istanti dopo che Zzi è andato a tirar fuori la Zzimobile dal posteggio, con lo scopo di non riempirci di nuovo di fango da capo a piedi come al Bosco delle Fate, i coniugi K vengono in nostro soccorso offrendoci dei dolcetti che hanno portato.
Che lodevole iniziativa. Non faccio uno più uno.

Ci devono dire una cosa. Ascolto.
Non faccio uno più uno.

Aspettano un Kappottino: nascerà in ottobre!

Faccia dell’urlo di Munch.
Io non so mai come reagire a queste notizie, cioè, non so mai se è una bella cosa o se è un incidente.
Dovrei avere ormai riscontrato che, una volta compiuti i diciotto anni, la riproduzione avviene su base volontaria nella stragrande maggioranza dei casi, ma resto sempre un po’ interdetta perché non capisco se devo essere contenta o meno.

Sì, lo so, la vita, l’amore, il bambino, la gioia… bisogna sempre essere contenti a queste notizie, anche perché, quando te le danno al quinto mese, vuol dire che la volontà di mettere al mondo una creatura è ben ferma, ma lo stesso rimango sempre là come un cul.
Resto lì con le mani sulla bocca e gli occhi sbarrati, perché tutte le mie energie mentali sono impegnate a far girare le incrostate rotelle delle mie meningi, e non ho un centimetro di cervello disponibile per mandare alle palpebre il comando di sbattere.

Il Principe Consorte della Regina delle Bussola,  da figo qual è, fa una mossa alla Fonzie e mi sblocca con un pugno su una spalla.

Io faccio finalmente le addizioni, capisco le analisi, la postura, il ventre, i capelli, la lentezza in gara, l’inusitata letizia. Brava Larry, complimenti per lo spirito di osservazione e la capacità deduttiva.

Pensando ai figli di orientisti, mi sovviene che, durante la gara, ho visto la Defibrillatrice fare il percorso con il suo bambino, che avrà sì e no due anni, tre a farlo anziano, e si muove su gambette molto corte e palesemente ancora in pieno rodaggio: ricordo distintamente la mamma che gli spiega come trovare la strada e lo conduce per manina.

Ricapitolando: mi sono piazzata quartultima battendo un’esordiente totale che, per quanto promettente, ha visto oggi una lanterna per la prima volta, una giovane donna resa inferma dalla gravidanza e un bambino di due anni.

Brava, bel risultato, facci un post!

9 thoughts on “Uno più uno fa tre – San Leonardo 19 maggio 2013, campionato sprint FVG

  1. Pingback: Larry a San Leonardo, 19 maggio 2013 – Campionato regionale SPRINT FVG « Larry, Tsitalia e l' orienteering

  2. Otti

    te proprio non sai contare. Io ho fatto l’addizione più o meno alla terza riga. Nondimeno, potresti presegnalare certo tipo di post. E sorridi Larry, sorridi sempre che va comunque bene! ;)

  3. Pingback: Bruce Springsteen for beginners | LARRYCETTE

  4. Larry Post author

    Ti lascio la cassa di vino sul portico o la ritiri alla prossima gara?

    La Regina della Bussola è colei che non sbaglia mai e se sbaglia è perché è sbagliato il paesaggio, colei che fa sempre la scelta migliore e se non la fa è sbagliata la logica… è la Cri, non è nostra, ma la conosci, è quella che saluto inchinandomi e chiamandola “Maestà”

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