The island – Krk, Liburnija O-Meeting 2014

Un viaggio verso un’isola.
Un intrepido bonazzo.
Una tarchiatella sopravvalutata.
Presagi sinistri.
Clonazione.

La trama The Island?
No: la nostra recente trasferta di orienteering a Krk per partecipare alla prima edizione del Liburnija O-Meeting.

Nota:
La pubblicazione di questo post e di alcuni successivi è stata programmata in anticipo (mentre scrivo sono le 8 del mattino del 6 marzo 2014).
Dall’8 al 12 marzo, infatti, sarò in pieno trip Lipica Open, in balia di doline, fango, pietre, lavatrici e prestigiosi ori-blogger.
Se cercate aggiornamenti sulle gare della Lipica Open, visitate il blog del G.U.D. Orienteering.
Gli eventi qui narrati sono relativi al weekend del 1° e del 2 marzo.

Gli ingredienti sono più o meno i medesimi (il tema della clonazione è qui rappresentato dalle abbondanti pecore, Scarlett Johansson la faccio io, che sono uguale), l’esito, per fortuna, è migliore, grazie soprattutto ai numerosi momenti di convivialità.

La formazione che parte da Trieste è di recente composizione, ma il poco collaudo era bastato a capire che gli ingranaggi sarebbero girati senza intoppi. Dopo essere miracolosamente sopravvissuti alla cena umbra, infatti, la Fantastica Farmacista e il Proficuo Professore non solo hanno contraccambiato l’invito offrendoci la più squisita delle cene a base di piatti tipici del Friuli (del quale la Fantastica Farmacista è originaria e sulla quale, spero, leggeremo presto un guest-post), ma hanno addirittura accettato di venire in vacanza con noi.

Dalle alture del capoluogo giuliano parte alla volta di Veglia un’altra vettura, con un equipaggio di provenienza assai più eterogenea: la Regina della Bussola, il Principe Consorte, Gilberto e la sua compagna, Molly Weasley (l’affettuosa, quanto determinata, mamma degli Weasley in Harry Potter, sopraffina cuoca dai capelli – ovviamente – rossi).

Alloggiamo tutti nello stesso affittacamere, che attacchiamo entrambi, in prima battuta, dalla parte sbagliata. La strada in cui si trova, infatti, è interrotta a metà da un campo coltivato, e tutti e due i gruppi restano con un palmo di naso quando vedono la casa gialla che devono raggiungere al di là di un muretto indubbiamente invalicabile.
La rappresentativa della nostra giovane, ma rispettabile, società arriva pochi minuti prima del team All-star Triveneto, che, però, vince perché era partito parecchio dopo.

Il Bed&Breakfast nel quale alloggiamo è pulito, confortevole, e dotato di ogni comfort, il più apprezzato dei quali è il climatizzatore, che ci terrà in vita in caso tornassimo ibernati e fradici dalle gare, come sovente accade.
Noi quattro gai ci rifocilliamo dal lungo viaggio e ci prepariamo alla prestazione atletica nutrendoci di panini, torta salata di verze (ricetta seguirà) e barrette energetiche nei nuovi gusti gourmand: all’arancia, con pere e cioccolato e con mele e pinoli (ricette seguiranno).

Zzi ha chiesto per me “partenza presto”, in modo che riesca a fare ritorno dopo il tramonto. L’eco delle mie gesta deve essere giunto fino all’organizzazione (del resto, sono gli stessi di Osijek, ritengo che gli spettatori della TV locale non abbiano ancora finito di sganasciarsi), che prende la richiesta di Zzi alla lettera.
Parto – unica e sola – al minuto zero. Praticamente, sono la madrina della manifestazione, di cui inauguro la prima edizione.

Per essere onorata, sono onorata, ma mi sento un po’ come la bottiglia che non si rompe contro lo scafo al varo della nave: io non ho fatto niente, ma se qualcosa va storto, è colpa mia.
Per quanto mi riguarda, non manco di fare andar storta la mia gara, ma non voglio vantarmi su su queste pagine delle mie doti.

Dopo la gara, facciamo contenti ritorno alle nostre stanze. L’All-star Triveneto è sul posto da un po’, quando Zzi è ancora sotto la doccia loro sono già lavati, asciugati, stirati e inamidati, così prendiamo accordi per la cena.
Io mi sento un’idiota a non aver portato la crema all’arnica l’unica volta che il Principe Consorte ne aveva bisogno. Ok, il Principe Consorte è secondo solo al Previdente Presidente quanto a uscire dalle gare come uno che è ha lottato contro una tigre a mani nude, perciò affermare che fosse “l’unica volta” è probabilmente ardito, ma io, quella stessa mattina, avevo già in mano la pomata per metterla in valigia e poi l’ho riposta nel cassetto, pensando che non sarebbe servita a niente, che rischiavo solo di rovinare il tubetto e spanderla ovunque nel trasporto.
Cosa penserà ora di me l’orientista più affascinante del mondo? Sono una donna inutile, la mia vita non ha più senso.

Mentre ero preda di questi pensieri, Zzi esce dal bagno in una nuvola di vapore profumato, con intorno alla vita un asciugamano grande come un tovagliolo, con qualche gocciolina sulle belle spalle. Fa un po’ “protagonista di un porno per gay”, ma io non sono una che va per il sottile e metto alla porta i nostri amici senza tanti convenevoli.

Per la cena, mi faccio dare indicazioni dal padrone della locanda, che mi parla – in perfetto tedesco – di un ristorante che si chiama “Barca” (io me lo aspetto scritto con la k) e che sta dalle parti della chiesa sull’altura.
Capisco tutto, del resto il suo tedesco è perfetto. Io, come al solito, parlo come una che ha avuto un ictus, ma il suo è perfetto.
Alle 19.00, dopo un bel giretto con i nostri più stretti compagni e una leggera merenda a base di cioccolata calda e Schwarzwald Torte, giusto per avere le energie necessarie ad arrivare alla cena, ci riuniamo con l’All-star Triveneto e andiamo alla ricerca del ristorante suggerito.

Il percorso sulla tratta “lungomare-chiesa” non è dei più lineari, ma il paese è piccolo e, a furia di arrivare a bordo carta, a un certo punto arriviamo in zona punto.
Il codice della lanterna, però, non corrisponde: sull’insegna c’è chiaramente scritto “Galija”. Ok, quasi sicuramente significa “galea”, come la sagoma di una nave romana disegnata sulla parete con sobri tubi al neon colorati fa sospettare, perciò sempre di barca si tratta, ma Mirandolino aveva detto chiaramente “Barca”, sono sicura, è l’unica cosa che ho capito.

Ad ogni modo, in giro non c’è altro, questo è aperto e c’è posto, ha pure una barca che fa luce sulla parete… non è che ci metteremo a fare della polemica, no?

Prendiamo posto su due panche, intorno a un grosso tavolo di legno che i miei amici faticano a spostare. Poi io mi degno di sollevare i gomiti dal suo piano e, all’improvviso, lo spostano con due dita. Non appena io e i pochi altri che l’hanno ordinata finiamo la zuppa, abbiamo la bella sorpresa dell’arrivo di altre due forti atlete italiane, Freccia Argento e l’Impavida Informatica.

Regna una bella atmosfera da “italiani in gita” à la Bartali, che è molto diversa da quella dell'”italiano all’estero”, descritta da Severgnini, che di solito, alla domanda “da dove venite” mi fa rispondere “Slovenia”, “Spagna” o “San Marino” (a seconda di quanto mi pare coglionabile l’interlocutore). Chiacchieriamo allegri, il cicaleccio è moderato, ma lo scambio di battute vivace.

L’idillio dura poco, e in men che non si dica tutto il tavolo (tranne me) si mette a parlare di percorsi, tratte, tempi, muretti, dislivelli, pecore e gineprai. Neanche il Principe Consorte mi viene dietro quando cerco di portare l’argomento sulla figa, così non mi resta che concentrarmi sulle pietanze. Poi non lamentatevi del fatto che parlo solo di cibo!

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