Cronache romane [3]

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Alle 12,30, ancora in aperta campagna anziché a tre minuti da Termini, mi sono trasformata in un Klingoln.

Un’altra peculiarità che distingue la prima classe sono i controllori.
Uno e settanta per cinquanta / cinquantacinque chili, more, ma di carnagione chiara, occhi grandi e dolci, chioma soffice.
Penso che siano considerate una giustificazione del prezzo maggiorato, sarebbe in linea con le logiche manageriali di conduzione del paese.

I passeggeri sembrano apprezzare. Specie questo distinto signore con il completo blu. Sì quello con quella fede gialla enorme, sì.
Ultimo giro del carrello.

Piccolo Costantino è un impiegato modello, ci riprova.
Mi chiede se mi ha lasciato la salvietta e io gli dico che sì, grazie, ho già la salvietta.
Per un attimo sono tentata dal restituirgliela spiegandogli che non mi importa se è gratis, non mi serve, non la voglio, è uno spreco gratuito e se una salvietta non fa differenza, una salvietta per passeggero è un esborso significativo per le Ferrovie dello Stato e un attentato all’ambiente. Ma Piccolo Costantino probabilmente lo sa già, lo sa da solo, probabilmente concorderebbe con me, ma non potrebbe comunque farlo finché tiene i suoi addominali sotto il gilet rosso. Lo pagano per distribuire snack e salviettine, non per fare disobbedienza civile; la sua giornata dev’essere sufficientemente pesante anche senza che io inneschi una polemica ad uso e consumo del blog. Oltretutto, non è niente che non abbia già detto Baricco.

L’altoparlante annuncia 31 minuti di ritardo.
Arriverò in Edicola come una sciattona, con i capelli bagnati, ma sarà sempre meglio che non fare la doccia.
In compenso, potrò farmi rimborsare il biglietto.
Mi informo e scopro che – Ta Da – ora che il servizio è stato implementato e che si percorre una tratta ad alta velocità, il rimborso è previsto solo dopo un’ora di ritardo: è previsto che ci metta di più.

Approdata a Termini sembro Totò e Peppino giunti a Milano, vestita da Armaduk mentre tutti gli altri indossano al massimo uno spolverino sbottonato.

Faccio appello a tutte le mie doti di persuasione e convinco il tassista a portarmi direttamente all’hotel, anziché farmi fare un giro per Roma a spese dell’Edicola.

Nella mia ingenuità penso che, prima che scorretto, sarebbe stupido, con tutto il tempo e le migliori occasioni che avrò.
Mi pento, ora, di non aver investito un po’ dei miei risparmi e il tempo di truccarmi per dare almeno uno sguardo alla capitale.

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