Cronache romane [4]

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Entrando nel prestigioso hotel messo a mia disposizione dai potenti mezzi dell’Edicola fornisco subito al concierge prova della mia goffaggine dibattendomi come una tonna nella porta.
Si noti l’uso della preposizione “nella”: non è casuale.

Mi sono infatti incastrata tra il battente della porta aperto a quarantacinque gradi, nel cui passaggio aperto ho cercato di infilarmi, e la basetta metallica a terra, contro cui il battente chiuso si ferma, che le ruote della mia valigia non sono riuscite a superare. Di fatto – sebbene una porta sia un’entità di per sé troppo sottile e troppo solida affinché un corpo umano la possa penetrare e dirsi propriamente “in” essa, io sono riuscita a trascorrere svariate decine di secondi dentro di essa.
Comincio a spogliarmi in ascensore, mi fiondo in camera [che sulle prime supero scambiandola per il quadro elettrico, ma il concierge mi aveva detto “appena uscita dall’ascensore a destra”, cosa chea io  avevo preso per un modo di dire, non immaginando che avrei potuto aprire la porta solo tendendo il braccio, senza realmente metter piede fuori dall’ascensore] e inizio a rovistare – in mutande – in valigia alla ricerca del necessaire da toilette.
Flash: non ho preso né bagnoschiuma né shampoo per non portare peso superfluo, perché tanto in albergo si trovano sempre sempre.
Ma in bagno non li vedo, cerco allora qualcosa che possa assolverne funzione tra le poche cose che ho portato con me
Il mio beauty case, infatti, contiene appena gli indispensabili dentifricio, spazzolino, crema per i piedi, crema per il viso, crema per il culo [è diversa!!!], crema per le tette [la più conveniente: al litro costa come le altre, ma io ne necessito di pochissima, pure meno che per il contorno occhi], gel scrub per il corpo, gel scrub per il viso, fondo di topexan di quando ancora abitavamo in casa vecchia, che ho deciso di portare per consumare definitivamente e gettare via, latte struccante, tonico per il viso e tutti gli impiastri che rendono necessaria una pulizia tanto approfondita e specifica, che non può essere assolta da una saponetta, ovvero: fondotinta, cipria, sei o sette ombretti, dei quali solo due o tre vengono effettivamente impiegati, phard, mascara, matita per occhi, rossetti a colmare il contenitore.

Neanche un campioncino scaduto di bagnoschiuma. Shampoo? Figuriamoci.

Tra venti minuti mi vengono a prendere, sono in una stanza d’albergo sola, lercia, nuda e senza sapone. Chessituazionedimmerda.

Di rivestirmi per andare a chiedere sapone in portineria non se ne parla, perderei troppo tempo e il sapone non mi servirebbe più.
Di andare al lavoro senza lavarmi – con questi capelli – tanto meno, piuttosto mi butto sotto il primo autobus, così non mi vedono in questo stato….ma che figura farei al pronto soccorso? Devo scartare anche questo – pur astuto- diversivo.

Torno in bagno, decisa a staccare tutte le piastrelle del muro per trovare dove hanno nascosto i flaconcini di sapone: ci devono essere, non è possibile che un simile albergo non metta nemmeno una saponetta.
Macché. Niente.
Mi siedo sconsolata sulla tazza, almeno ho il sollievo di svuotare la vescica, e alzo gli occhi al cielo, disperata.
La dea della socialità ha ascoltato il mio lamento ed ecco una mensola di vetro che non c’era, su cui è comparsa una ciotola a forma di conchiglia con un flaconcino di docciaschiuma e una saponetta. Che dea tirchia. In compenso c’è la cuffia per i capelli [beffarda] e la spugnetta per lucidare le scarpe [magari domani].
Apro il getto a una temperatura qualsiasi e mi ci caccio sotto. È bello comunque.
Prendo il flaconcino e non riesco ad aprirlo, perché sono stata così fessa da bagnarmi prima di svitarlo. Tra quindici minuti mi vengono a prendere e io sono ancora in una stanza d’albergo sola, lercia, nuda, senza sapone e per giunta bagnata.

Per un attimo scendere in portineria a farmi aprire il docciaschiuma con come unica componente tessile addosso il cordino del tampax, sgocciolando e lasciando improntazze di piedi dappertutto, mi sembra l’unica cosa da fare, anche come dimostrazione di protesta contro un albergo incapace di offrire sapone fruibile ai propri ospiti.
Ma non si rendono conto quelli che fanno i flaconcini per i detergenti, che sono prodotti che si usano sotto la doccia? Non si rendono conto che uno è bagnato, quando fruisce del loro prodotto?

Perché diavolo li fanno a vite [e vite tanto stretta], perché non li fanno che si tira e si s…POP.
Si è stappato.
Bastava tirare.
Ho si e no dodici minuti.
Par di lavarsi i capelli col Nelsen, ma almeno li avrò puliti in un lampo. Forse non dovrei usarlo con leggerezza sull’Erdapfel, ma non ho tempo per farmi degli scrupoli.
Non brucia.
Meno male. No, perché altrimenti sarebbe stato divertente da spiegare al marito come posso andar via tre giorni da sola in un’altra città e tornare con la camminata del lottatore di sumo perché mi sta andando a fuoco la caverna. Sì, insomma, va bene che ho occhi solo per Zzi, va bene che la mia bellezza – diciamo così: “particolare” – mi mette al riparo da facili tentazioni, ma l’evidenza dei fatti avrebbe insospettito chiunque.

Fuori dalla doccia: meno nove minuti.

Mutande, reggiseno [per figura], deodorante, calze, merda!

Rotto il primo paio di calze. Meno sette minuti.

…calze, calzettoni, maglia, gonna.

Meno sei minuti: trucco. Mascara nell’occhio.
Meno un minuto: orologio, occhiali, via l’asciugamano dalla testa, stivali.
Minuto zero: preparazione della borsetta, indugio giacca sì/giacca no. Giacca sì e fuori dalla porta.
Rientro in camera a prendere lo zaino coi dolci triestini.
Primo minuto di ritardo: intravedo la smart della segretaria di direzione che mi aspetta fuori dall’albergo, ritiro il documento alla reception e firmo qualsiasi cosa mi mettano sotto il naso.
Terzo minuto di ritardo: sfondo la porta dell’albergo e sradico la maniglia della portiera della smart: “Ciao, scusa il ritardo, io sono Larry, piacere di conoscerti, finalmente”.

About Larry

Un giorno Bruce Springsteen mi porterà via con sé, nel frattempo vivo avventure rocambolesche ogni volta che mi avvicino a un fornello e sottopongo ad attenta analisi tutti i locali nei quali vado a mangiare. Una volta ho incontrato un orientista e l'ho sposato senza comprendere la portata della tragedia. Il lamento dell'orientamento è su Larryetsitalia.net

3 thoughts on “Cronache romane [4]

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  2. Larry

    Ciao Rita!
    Grazie, sei troppo buona. A Trieste sto internata lavorando come edicolante e faccio pseudoinformazione sotto falso nome, ma se incontri una culona diversamente giovane che si sbrodola mangiando il gelato, ci sono elevate possibilità che sia io. Completano il quadro vistosi orecchini in ceramica. Se a una domanda qualsiasi la risposta è “belin”, sei sicura di avermi trovata!

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