Staffetta di Monte Prat [2]

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Dicono che il cane di Ulisse sia vissuto tanto a lungo non perché stava aspettando che il padrone tornasse; secondo me stava solo aspettando che il Previdente Presidente smettesse un momento di parlare con qualcuno. Tutti lo vogliono, tutti lo cercano; gli orientisti, conoscendolo, non aspettano che finisca di parlare con uno, semplicemente iniziano a rivorgerglisi in media conversatio, così, amminchia, senza manco salutare.
Comprendo la necessità del comportamento e mi adeguo: “Dov’è Zzi?”

Adesso arriva”.

Ma è partito prima di te e non è ancora arrivato”. “Ma aveva un percorso più lungo, adesso arriva”.
“Ma quelli partiti con lui sono arrivati tutti”. “Ma no, ti sbagli, erano altri percorsi, stai buona che arriva”.

Prima che io cominci a chiedere “Quanto manca?” con regolare cadenza di quaranta secondi, il Previdente Presidente si allontana con la scusa che qualcuno gli deve parlare [!].

Il secondo frazionista – ah già, quella di Monte Prât è una gara a staffetta – è il Poeta e, povera stella, ce la mette proprio tutta a intrattenermi e a divertirmi mentre aspettiamo Zzi. Quand’ecco, un grido interrompe l’altrimenti appassionante spiegazione di un errore nord/sud: “Êcoglio!”. Mi giro verso il Previdente Presidente che mi rassicura: “’l riva!”.
Il Poeta mi spiega che da quando si vedono passare gli atleti presso la chiesetta ci vogliono ancora dieci/quindici minuti prima del traguardo, essendoci, infatti, ancora quattro o cinque punti nel bosco di fronte a noi. Il Poeta inizia il riscaldamento. Va da qui a lì e di nuovo da lì a qui. È inspiegabilmente teso, ci tiene moltissimo. Capisco il desiderio di partire e arrivare prima del temporale, ma il suo comportamento manifesta un diverso sentimento: sembra che sia ansioso e contento di fare la gara. I Poeti sono animi imperscrutabili.

Ecco arrivare Zzi, circa venti/trenta secondi dopo che il secondo gruppo di frazionisti è stato fatto partire. Consegna la carta, taglia il traguardo, punzona la SiCard in tutti i pertugi che trova, si dirige al ristoro. Finalmente mi vede, intrepida, con i piedi sul prato, le suole infangate e la pioggia sulla testa.
Vedi, Amore, quanto ti amo? Ecco, allora vedi di ricordartene anche ai prossimi saldi, per piacere.
Subito a rapporto dal Previdente Presidente: mentre riprende fiato, Zzi viene informato che se non fosse stato per un errore nord/sud il Previdente Presidente avrebbe risparmiato otto minuti. Anche Zzi ha perso molto tempo a cercare una lanterna, ma non per via di un errore nord/sud, bensì perché sulla carta un muretto non era segnato come Zzi se lo sarebbe aspettato rispetto agli altri.
“Sì, perché te vedi che qua xè ‘sto muréto…” – “No, ma mi iero qua, no, e co’ che iero qua g’avevo de ‘ndar de qua e invece g’ho ciapà de qua…” – “E mi me spetavo un muréto interòto, invece iera due murèti…” – “No, ma ‘speta, fame veder…” – “Ah, ma ti te g’avevi de ciapar de qua…no, mi, te vedi, da questa, che mi la g’avevo per terza, g’avevo de andar de qua e poi de tornar su de drio…”
E via così, a indicare sulle reciproche carte il proprio percorso e le proprie scelte per interminabili minuti sotto la grandine, incuranti del maltempo del quale solo io sembravo avere percezione, insensibile alle problematiche dei muretti e degli errori nord/sud.
Inganniamo l’attesa del secondo frazionista, le cui chiavi della macchina teniamo in ostaggio, gustando un tagliere di salumi e una birra nel vicino [unico] ristorante. Il tagliere non è abbondante come la mia sfrenata fantasia aveva desiderato, ma non dà nulla da ridire; la birra è forse la peggiore della storia: calda, sgasata e dal forte retrogusto metallico, ma non dolce come il ferro, né acidula come l’alluminio, più amara, credo come l’ossidazione o il rame.

All’arrivo del Poeta gioiamo della sua incolumità e del terzo posto della coppia Previdente Presidente / Celere Capellone, ai quali non riesco a fare neanche una foto decente, ma sono certa che coloro che mi si sono piazzati davanti mentre scattavo ne hanno realizzate di ottime, basterà chiedere!

Inspiegabilmente sani e salvi e orgogliosi dei risultati della nostra giovane, ma rispettabile, società, ci dirigiamo verso San Denêl, dove ci attende la vera sfida della giornata: la cena con la famiglia Sessantanove, di cui due terzi sono adorabili, ma uno è micidiale; e non mi riferisco alla bambina.

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