Dodicesima cena regionale: il Lazio. Secondo piatto: saltimbocca alla romana

Per prima cosa, facciamo gli auguri a CP, che ha compiuto 21 anni.

Poi passiamo senza indugio ai commenti sulla rapidità del tempo che passa, su come sia impossibile che sia di nuovo il suo compleanno, su come sembra ieri che ho dato alla luce Mario.

Se non sapete niente di Mario, andate a recuperare quei post (È in edicola, a fascicoli… e seguenti), che sono le vette di Larrycette, e battetevene pure il culo del post odierno, tanto parla di cucina, e per giunta lo fa in modo poco brillante.

La ricetta dei saltimbocca alla romana, infatti, è molto facile; il manuale del Corriere della Sera, per giunta, l’ha inaspettatamente spiegata come si deve, togliendo il brivido dell’ignoto che, invece, avevano altre ricette e assicurando, così, una riuscita perfetta.
Dal canto mio, a parte le solite foto mosse e di 4 pixel per centimetro quadrato, non ho combinato pasticci, così c’è veramente poco da dire su questo piatto tradizionale della cucina laziale.

Diciamolo, questo poco, però…

Dodicesima cena regionale: il Lazio.

Secondo piatto: saltimbocca alla romana

Per preparare i saltimbocca alla romana, occorre una quantità congrua di fettine di vitello, prosciutto crudo e foglie di salvia.
Per “congrua” intendo commisurata ai commensali e in reciproca proporzione.
Dopo di che, una manciata di farina e una bella dose di burro fanno il resto.
Del resto, quando mai una bella dose di burro non risolve una situazione?

Ingredienti

4 o 5 fettine di vitello già battute per ogni commensale
altrettante fette di prosciutto crudo
altrettante foglie di salvia fresca
farina (di riso, se siete intolleranti al glutine; dose: un pugnetto)
burro (eh be’…)

 

Procedimento

Se si ha confidenza con il macellaio, gli si chiede di battere le fettine di vitello e se ne prende una quantità tale da averne quattro o cinque per commensale.
Chiaro che se prima dei saltimbocca avete servito polenta e mammut ne basteranno tre, mentre se i vostri ospiti sono appena tornati da una vacanza in Inghilterra e hanno mangiato solo la squisita cucina locale, ce ne vogliono almeno sedici a persona.

Siccome non resta che adagiare su ciascuna una fetta di prosciutto, una di salvia e arrotolare il tutto, mi soffermerò sulla questione delle fettine battute.

Io non ho sufficiente confidenza con il macellaio.
Cioè: ce l’avrei anche, ma siccome quando sono andata a comprare la carne per i saltimbocca alla romana, il mio macellaio di fiducia non c’era. Di solito vado nella macelleria slovena (Prunk di Largo Barriera Vecchia), in cui diversi macellai si alternano al banco; solo il signore coi baffi che prima lavorava da Zanetti mi capisce, cioè mi dà due chili di roba quando io chiedo quattro etti, permettendomi di portare a casa un sacco di cibo senza sentirmi in colpa, perché “io non lo volevo, l’ho preso solo per non fare la difficile”.
In assenza del signore coi baffi, ho preferito tagliare corto e battermele da me.

Per farlo, sono dovuta andare a comprare un batticarne, perché non lo avevamo mai ricomprato dopo che lo avevamo perso nel trasloco.
Dire che lo avevamo perso nel trasloco non è esatto: è successo che io l’ho lasciato in casa vecchia perché credevo che fosse del padrone di casa, come il resto delle stoviglie e degli accessori di cucina, eccezion fatta per la pentola verde.
Non potevo sapere che fosse il batticarne personale di Zzi.
Ok, eravamo già sposati e conoscendolo dovevo pur immaginare che avesse un batticarne personale, ma è anche vero che Zzi è nemico della carne battuta, non era così ovvio.

Per farmi sentire in colpa, Zzi non ha mai voluto che ne ricomprassimo uno.
Più correttamente, non essendoci servito per otto anni, non ci è mai venuto in mente di procurarcelo, ma data l’occasione prestigiosa, ho deciso che era il momento di fare il grande passo.
Venti euro per un batticarne uguale a questo, che Amazon tira dietro, che io mi sono ricordata solo all’ultimo minuto di comprare.

Con la borsa appesantita dal fungo di inox, torno a casa tutta contenta, lavo il batticarne e inizio a menare le fettine per i saltimbocca.
Anzi, “inizio a menare alle fettine”, come dicono i romani.
Mi avanza un sacco di carne, perché la superficie della fetta aumenta a dismisura e arrivo a fare anche tre involtini da una fetta di partenza.

Dopo aver fatto cadere praticamente qualsiasi cosa dai ripiani della cucina a causa delle vibrazioni propagatesi dalle mie percosse, dispongo sulle sottili fettine così ottenute il prosciutto crudo e la foglia di salvia, arrotolo e infilzo gli involtini come da copione.


Dettaglio

Prima di cuocerli in padella nel burro fuso, li infarino.
Questa ricetta è taggata come adatta anche ai celiaci, perché i saltimbocca possono essere infarinati anche nella farina di riso (che è senza glutine, ovviamente), e vengono buonissimi lo stesso.

Come si evince dalla perfezione della foto, a questo punto ero “un po’ in cattura”, come dicono a Trieste, cioè leggermente in affanno, e non mi sono soffermata a fotografare i saltimbocca che cuocevano nella pentola, ma confido che siate tutti in grado di fare delle scaloppine; ecco, è uguale.

Prima di servirli, ho trasferito i saltimbocca alla romana in una piatto di portata, per non far vedere che sono stati cotti in un dito di grasso.

4 thoughts on “Dodicesima cena regionale: il Lazio. Secondo piatto: saltimbocca alla romana

  1. Larry Post author

    Mmm… panico.
    È passato talmente tanto tempo che non sono più sicura di chi fossero gli ospiti, ma avrei detto la Fantastica Farmacista e il Proficuo Professore…
    A me pare di aver mangiato saltimbocca (bbbuonissimih) a casa tua… È un sacco che non vi invitiamo, quando possiamo rimediare?

  2. Larry Post author

    Sono molto facili e, come dice il nome, se ne mangerebbero dozzine, ma, se proprio devi operare una scelta, tu continua pure a dedicarti alla tartara!

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