Lipizzer Torte (Linzer senza burro né glutine)

Chi ha ascoltato l’ultimo podcast sta aspettando un “grande annuncio” da queste pagine, ma è ancora prematuro; quando sarà il momento, capirete anche che – una volta tanto – il ritardo non dipende da me.

Pubblico, allora, con inusitata tempestività, la ricetta di una torta tipo Linzer, ma senza glutine e senza latticini.

La necessità di togliere questi ingredienti è dipesa dal fatto che oggi sono iniziate le gare di Lipica Open, ed è ormai incontrovertibile che, se mangio latticini o glutine prima di uno sforzo, ne esco massacrata.

L’esigenza di mangiare una torta la sera prima dell’inizio delle gare, invece, è sorta perché ieri era il sei marzo, e abbiamo voluto festeggiare

l’orientista più affascinante del mondo, che ha compiuto 21 anni

Sarà contentissimo di vederlo sbandierato sul blog.

Per l’occasione, ho battezzato questo dolce di mia invenzione Lipizzer Torte.

Prima che si scatenino le Pennerosse, chiariamo: Lipizzer non signigfica “lipizzano” in alcuna lingua conosciuta: non è italiano, non è tedesco e non è sloveno.
Però somiglia abbastanza all’aggettivo Linzer da far capire che stiamo parlando di qualcosa di analogo e richiama il motivo per cui la scelta di ingredienti alternativi: la Lipica Open iniziata oggi, per l’appunto (eeh-sultanza per le sette gare in nove giorni, tra Lipica e Liburnia, per la sottoscritta, che mentre scrive c’ha il naso che è un rubinetto a getto continuo e una fronte che ci si cuociono le fiorentine).

 

 

Per la prima volta in vita mia, ho voluto provare l’ebbrezza di partire da un piano formulato in precedenza, per giunta procurandomi tutti gli ingredienti… ok no: ho formulato il piano in base agli ingredienti che avevo, procurandomi solo i pochi mancanti, ma resta il fatto che ho messo in questa torta tutto quello che (ho deciso che) ci voleva e che me la sono studiata prima; già questo è un regalo.

la previsione iniziale degli ingredienti si è rivelata non del tutto adeguata durate la preparazione, perciò di seguito riporto le dosi corrette; non stupitevi se non corrispondono a quanto vedete nella foto.

  • 280 grammi di farina
  • 20 grammi di fecola di patate
  • 100 grammi di polpa di avocado (mezzo frutto)
  • due cucchiai di olio di semi di girasole o altro olio poco saporito (facoltativi)
  • 350 grammi di nocciole o 250 grammi di nocciole e 100 di mandorle
  • 100 grammi di zucchero integrale mascobado
  • due uova + un tuorlo
  • la scorza grattugiata di un limone
  • un cucchiaino di cannella in polvere (bello colmo!)
  • mezza bustina di lievito per dolci (ci piace vincere facile)
  • un vasetto di marmellata di mirtilli rossi, possibilmente senza zucchero

 

 

 

 

 

Il procedimento è lo stesso di tutte le crostate: si fa la frolla, la si stende, la si farcisce, la si decora con l’impasto precedentemente tenuto da parte e si inforna.

Più nel dettaglio, si dosano la farina e la fecola e le si raccolgono in una terrina abbastanza grande da accogliere, poi, tutti gli ingredienti e consentire di lavorarli con le mani; bordi bassi e fondo largo e piatto sono, a mio avviso, caratteristiche cruciali di un simile recipiente. Purtroppo, il destino ha voluto che fosse azzurro.

 

Si aggiungono, nel recipiente, gli ingredienti secchi: la cannella, la scorza di limone, lo zucchero e la frutta secca tritata.

L’ordine degli ingredienti secchi è indifferente, e sono tentata di credere che sia indifferente l’ordine degli ingredienti in generale. Siccome, però, io ho provato solo questo procedimento, posso garantire solo per questo.

 

Potete anche già aggiungere il lievito per dolci. Io l’ho fatto dopo perché me lo stavo dimenticando, ma miscelarlo alla farina è un’ottima strategia.

Tritate bene la frutta secca prima di aggiungerla all’impasto.
Oltre che per il suo sapore, ci serve affinché rilasci grasso nell’impasto, poiché non metteremo burro, quindi più a lungo la si trita e la si scalda, in questo caso, meglio è.

Probabilmente, la procedura ideale è di pestarla in un mortaio, poiché pressione e torsione del pestello meglio estrarrebbero gli olii dai frutti, ma io avevo a malapena il tempo di far la torta, figuriamoci se osavo salire sulla sedia per prendere il mortaio, lavarlo… frullatore e camminare!

L’avocado è un frutto bellissimo, con una polpa grassa e compatta che si stacca molto facilmente dalla buccia.

 

Raspando la polpa di avocado con un cucchiaino direttamente dal frutto, con gesti delicati, in modo da lavorare sempre sulla superficie, si ottiene subito una crema che può essere aggiunta all’impasto senza ulteriori passaggi.

 

 

Quindi si comincia a lavorare l’impasto, meglio con una forchetta, inglobando gradatamente gli elementi secchi nella parte umida.

 

Quando la parte secca ha la meglio, per evidente superiorità numerica, si comincia a lavorare l’impasto con le mani.

Noterete che più impastate e più diventa facile impastare, perché la parte secca è costituita per larga parte dalle nocciole, il cui grasso è di grande aiuto per ammorbidire e amalgamare la massa.

 

Quando l’impasto è fatto, aggiungiamo le uova.
Sono pronta a scommettere che si potessero aggiungere anche prima; in fondo, nella frolla tradizionale si mettono prima le uova e solo dopo il burro, cioè il grasso, ma… oramai ho fatto così!

Se provate la ricetta lavorando gli ingredienti in un altro ordine, per favore, fateci sapere come va.

 

 

A questo punto dell’impasto, l’olio non sarebbe necessario.

Per compensare i trecento grammi di burro della ricetta originale, avevo pensato di mettere 100 grammi di avocado (mezzo frutto), 100 grammi di olio e affidare il resto al mezz’etto di frutta secca in più e alla mia buona sorte, anche per non far prevalere né il gusto dell’avocado, che non sapevo come si comportasse in cottura, né quello dell’olio, che temevo prepotente.

Procedendo, la consistenza dell’impasto mi sembrava adeguata anche senza olio, così ne ho messo solamente due cucchiai – praticamente un rito scaramantico, più che l’aggiunta di un ingrediente – giusto per scongiurare eventuali tradimenti da parte dell’avocado, sulla cui tenuta a 180 gradi non avrei saputo fare previsioni.

 

Da qui in poi, torna tutto come da consolidata tradizione.

In uno stampo imburrato e infar… ehm, no! In uno stampo oliato e cosparso di farina di riso, si stendono circa due terzi dell’impasto, formando bordi piuttosto alti, e si cosparge questo fondo con la marmellata di mirtilli rossi.

Ho scelto la marmellata di mirtilli rossi perché fa parte della ricetta originale della Linzer Torte e perché sia mio marito che i miei ospiti amano i dolci poco dolci.
A mio gusto è un po’ troppo “poco dolce”, e si sarebbe potuto ottenere un risultato migliore con una marmellata di lamponi.

Quando la compro, di solito prendo la marmellata “Baule Volante” perché ha il vasetto con la bocca larga e la base circolare, e si riesce a prelevarla tutta con la spatola, senza lasciarne neanche una goccia negli anfratti (chissà quante marche di marmellate in vasi così esistono, ma il mio spacciatore ha questa); sono vasetti da 280 grammi, ma con essi si ottiene il minimo sindacale di farcitura.
Se la crostata vi piace con tanta marmellata, considerate che ne serva almeno mezz’etto in più.

 

 

 

Come al solito ho fatto la copertura “a ciccioli”, realizzando delle placchette di pasta con le mani e adagiandole sulla superficie della torta.

È un sistema perfetto quando si fa la Linzer tradizionale, perché col calore del forno il burro si scioglie, le placche anche, e con la cottura si saldano.

Qui il burro non c’è e le placche hanno mantenuto la loro forma originale. Lo avevo previsto, realizzando la copertura, ma me ne sono battuta le balle, pensando che tanto il festeggiato odia il cake design e lo reputa uno dei sintomi della decadenza della civiltà occidentale, quindi avrebbe senz’altro apprezzato un look rustico.

Dopo mezz’ora a 180 gradi, la torta è cotta. Non stupitevi se la superficie risulta poco colorita: pare che le farine senza glutine restino sempre un po’ palliducce.

Conclusioni

Il risultato è un’ottima torta, che non si direbbe essere fatta senza burro.
È un po’ diversa dalla Linzer, perché – ovviamente – è meno friabile e meno grassa in bocca, ma è pressoché indistinguibile da una crostata semplice.

L’avocado, una volta cotto, non altera il sapore del dolce, nonostante ci siano solo cento grammi di zucchero – che “copre tutto”, è vero, ma entro certi limiti.
La frolla non manca di dolcezza, perché la farina di riso è più dolce di quella di frumento e nel complesso – grazie anche alla frutta secca – si ottiene l’effetto desiderato.

Nell’insieme, la torta non è molto dolce, ma lo imputerei alla marmellata.

Non perché sia di mia invenzione, ma vi invito caldamente a provare questa ricetta, specie se c’avete l’amica celiaca o il figlio del moroso intollerante ai latticini.

Non pretendo che mi citiate, se la riproponete, ma ci tengo che apprezziate il fatto che ogni tanto pubblico ricette originali (e che, se non è così, cito la fonte).
Se la provate, fatemi sapere se avete usato una procedura diversa e le eventuali modifiche/migliorie che avete apportato.

Ora vado a curarmi e a riflettere sui miei errori!

5 thoughts on “Lipizzer Torte (Linzer senza burro né glutine)

  1. Giraffa

    Strepitoso: Un piano prestabilito, ingredienti ben individuati e soprattutto perfettamente centrato sul tema del Cooking a Long della Giraffa

  2. Larry Post author

    Fai bene, perché è buona come una torta normale.
    Te la farà la Giraffa, che c’ha dimestichezza con la frutta esotica e un sacco di tempo libero XP

  3. Pingback: Tante ricette con la frutta secca per la 7a tappa del CAL | La giraffa

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