Le mie ultime vittime, antipasto [2] ✄

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Indefessa come una balena che segue la sua rotta, porto in tavola le acciughe nei tre modi principali. Sono infatti molteplici i modi di cucinare le acciughe e si dividono in: Supremo [frisceu co a coa], Principali [fritte impanate, al verde e all’ammiraglia], Secondari [sotto sale, fritte nella sola farina e in tortino] e Ulteriori [tutti gli altri che vi vengono in mente].
Per fare le acciughe all’ammiraglia si prendono tante acciughe quante se ne vogliono mangiare e le si puliscono per bene. Devono essere molto fresche perché vengono cotte dal succo di limone, che non è propriamente un fenomeno di rapidità, per cui bisogna che le carni abbiano un certo delta ti di margine, affinché non giungano alla totale frollatura. Acciughe molto fresche significano relative lische impossibili da rimuovere. Se, infatti, la lisca si stacca agevolmente dalle carni, conviene optare per un’altra preparazione, perché significa che le acciughe hanno almeno un giorno; saranno ottime e innocue per tutte le preparazioni col fuoco, ma inadeguate per il limone, specie perché restando ancora a marinare un giorno, diventano troppo sfatte.
Le acciughe che ho usato io mi hanno fatta impazzire con la loro stupida lisca ben salda nei filetti, ma si sono spappolate lo stesso, perché per preparare le acciughe all’ammiraglia bisogna detenere il sacro segreto della proporzione d’aceto nella marinatura e io – come ho tragicamente dimostrato – non lo detengo. Non basta, infatti, metterle in un piatto coperte di succo di limone e schiaffarle in frigo sotto la pellicola finché non sono cotte [tipicamente 24/36 ore, secondo le dimensioni degli animali], altrimenti quando le tirate fuori sono tutte mollicce e un po’ viscidine. Occorre aggiungere un po’ di aceto bianco alla marinatura, in modo da preservare la tonicità delle carni…”un po’”, non una litrata, altrimenti le acciughe prendono troppo il gusto dell’aceto. Io ne ho messo poco, troppo poco, e così le mie acciughe all’ammiraglia erano mollicce e un po’ viscidine. Trinità e Trilli Campanellino non si sono persi d’animo e le hanno mangiate lo stesso.

Meglio è andata con le acciughe al verde, che si puliscono allo stesso modo delle precedenti [con conseguenti imprecazioni contro quelle stupide lische e altre pavide fughe terrorizzate dal bordo del lavandino alla vista delle interiora dei pesciolini, dacché io le acciughe le pulisco a occhi chiusi, non nel senso che sono abile nel farlo, bensì che ne ho ribrezzo e non guardo] e si cuociono in padella sfumandole col vino bianco e profumandole con aglio e prezzemolo. Si mangiano generalmente calde, ma sono molto apprezzate anche fredde, così ho optato per questa alternativa in modo da potermi interamente dedicare alla frittura delle acciughe impanate.

Ora, non è per vantarmi, ma friggere mi viene bene. A volte penso che non dovrei fare altro. La suprema arte del fritto è come l’orecchio musicale: o ce l’hai o non ce l’hai; se non ce l’hai puoi studiare quanto ti pare, ma sarai sempre una mezza calzetta; se ce l’hai, entro certi limiti puoi anche vivacchiare del talento, ma ti devi applicare con costanza e devozione per approssimarti ad un’eccellenza che resterà, comunque, sempre utopistica. Nessun vero friggitore è mai pienamente soddisfatto dei suoi fritti, ma è contento di vedere la gioia altrui nel fruire del suo operato.
Quando assegnavano l’orecchio musicale, io ero in coda per l’arte del fritto.

Le acciughe impanate sono una delle cose più semplici da friggere, è vero, ma io le ho fritte bene. Potevo fare di meglio, è fuor di dubbio, ma ho ugualmente ottenuto un risultato soddisfacente, e cioè che tre dei quattro commensali, mangiandole, hanno pensato “Ciò, ma no te le podevi frizer tute?” La quarta, invece, ha pensato: “Belin, erano da far tutte fritte”.
Sono consapevole dei devastanti danni alla salute che un abuso di fritto comporta e di quanto bassa sia la soglia di questo “abuso”, e so anche che l’olio è un combustibile da non lasciare sul fuoco sotto il solo controllo di un individuo tanto maldestro come me, ma con la debita morigeratezza e i dovuti accorgimenti, è ovvio che sia questa la mia missione. Arrivata ad una certa età, una deve anche imparare ad accettarlo e agire di conseguenza.

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