Bootleggers, roll your tapes

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Se non fossimo due squilibrati che perseguitiamo Springsteen per tutta l’Europa, non avrei niente da scrivere in questo blog.
Se non fossimo abituati a macinare autostrada, non vedrei mai i miei genitori.
Se non avessimo fatto il callo ai chilometri, non potremmo goderci i concerti.
Perciò – è vero – non è un’impresa titanica, per noi, montare in macchina dopopranzo, fare 250 chilometri, vedere un concerto e rientrare a casa, altri 250 chilometri dopo, come se fossimo di ritorno dalla pizzeria sotto casa: sotto i cento chilometri, la Racing Couple non si accorge neanche di avere messo in moto, quindi lungi da me farla pesare all’oggetto del nostro interesse ….però….

All’andata, tutta elettrizzata dall’idea del concerto di Tal dei Tali a Trieste a Febbraio, ascoltiamo il suo ultimo disco; siccome Zzi è impegnato a non sbagliare strade, una volta in Valdobbiadene, approfitto e lo faccio suonare per la terza volta durante il medesimo viaggio.
Facciamo il passo Boldo, 18 tornanti e un miliardo di gallerie a senso unico, su cui pendono ghigliottine di ghiaccio perchè la neve, scioltasi e righiacciatasi sulle reti di contenimento per le frane, ha dato vita a concrezioni suggestive quanto sinistre. Forse erano meglio le frane.
Da qui in poi la molta neve che ha accompagnato il viaggio diventa una quantità esagerata, i canali di irrigazione sono rotaie di ghiaccio e il Piave fuma.
Il termometro della macchina è evidentemente rotto, perché non può esistere, in natura, quella temperatura lì.

Feltre è bella e composta, adornata di venti centimetri di neve su ogni muretto, ringhiera, sporgenza, ramo, bordo, maniglia, profilo, automobile, specchietto, paletto, catena, tognolino, gradino, persiana, davanzale, grondaia, tetto, strada e albero di Natale. Però fa un freddo cane, Giuda d’un Giuda.
Ci rifugiamo, nell’ordine, in un negozio di stoffe, in libreria e in pasticceria. Svariati euro in meno e diversi chili in più dopo, ci dirigiamo al Crown Pub, nostra reale meta.

Nick non c’è. Lui e la simpacumpa arrivano subito, lui si riconosce perché è quello teso come il braccio di un nazista, con gli occhi spiritati, emozionato come una sposa. Noi, veri bootlegari, non ci uniamo alla simpacumpa per la cena, ma consumiamo il nostro [discutibile] risotto alla Guinness a un tavolino minuscolo, per non perdere la pole position davanti al palco.
Con la scusa che siamo a meno cinque e che le feste non sono finite, ordiniamo un club sandwich taglia mammuth, che io irroro con litri di birra, tanto non guido!

Nel frattempo Nick riempie il suo stomaco ristretto e inizia ad aggirarsi ansioso intorno alle strumentazioni.
Dispone le armoniche su uno sgabello e vaga in trance ripetendo “Non vedo l’ora di cominciare”. Alle domande sulla scaletta risponde dapprima con vaghezza, poi ci concede un “non ve lo dirò mai, dovrete passare sul mio cadavere”.
Solo che io ho solo una cassetta da sessanta minuti e mi immedesimo nel dramma di chi ha fatto il bootleg di Bologna 2002, chi ha perso “la coda di Thunder Road nel palazzetto illuminato” perché aveva chiuso la camera e la cassetta era finita. Quelli di loro che non sono più perseguitati dalle erinni si sono suicidati dal rimorso, a quanto ne sappia.
Il ragionevole Fiore comprende la situazione e ci lascia leggere la scaletta [Belin!]

Quattordici risistemazioni di armoniche dopo, si comincia.
E son bravi.
Belin, se son bravi.
Non che avessi dubbi, ma – ammettiamelo – conoscendo Nick l’emozione avrebbe potuto giocargli un brutto tiro, invece va tutto liscio.
Certo, le armoniche richiedono in continuazione di essere allineate sullo sgabello, come tutte le armoniche, del resto, ma, a parte questo, tutto va alla grande, grazie anche al contributo dell’eccezionale percussionista Guido, l’uomo con il minor numero di battiti di ciglia al mondo. Forse è incrociato con le anatre e ha una membrana protettiva che gli permette di non chiudere le palpebre; riguarderò il filmato per approfondire.
Il filmato è, per tradizione, ripreso dal motoscafo: anche se ero seduta, fornita di sgabello dove appoggiare la camera e nessuno a frapporsi fra me e l’oggetto della ripresa, ho scelto di fare dei movimenti bruschi per dare la deliberata impressione del bootleg ripreso furtivamente e duramente sudato. Tipo “Salvate il soldato Ryan”, per intenderci.
/asterismo/
Riportiamo a Trieste due colleghi di Nick, impietositi dalla loro commovente avventura di quattro ore di treno per assistere al concerto.
Non li conosciamo e, esauriti i convenevoli della serie “ma voi com’è che conoscete Nick”, la conversazione rischia di languire. Accidentalmente, butto lì l’argomento Tal dei Tali.
I nostri comapagni di viaggio sono estimatori di Tal dei Tali e uno di loro – botta di culo – non ha ancora sentito il disco nuovo. E giù, per la quarta volta, nel lettore CD, finché Zzi non comincia ad accelerare in prossimità di incroci e in direzione dei muretti spartitraffico.
Il viaggio prosegue veloce, alla surreale temperatura esterna di meno dieci gradi, facendo ipotesi e piani strategici per incontrare casualmente Tal dei Tali nei locali triestini, si enumerano le bettole, si fanno calcoli statistici sulla base di dati storiografici, si pianificano appostamenti.
Rincasiamo con i sacchetti della merceria e della libreria. Quest’ultimo, lo ricordavo più leggero; guardo dentro e vedo che è stato riempito con tutti i cd di Tal dei Tali che erano in macchina.
Mi sa che da domani si riascolta Springsteen, mi sa.

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