Wrecking Ball Tour 2012, Helsinki [1]. Il concerto a improbabilità infinita

In genere, quando ci spostiamo in automobile siamo in due, perché il mio bagaglio non permette la presenza di altre persone, oltre al guidatore, per far spazio al quale sacrifico molti abiti; quando prendiamo l’aereo, invece, c’è quasi sempre qualcun altro, e quasi sempre è Slonc (il fatto che i fan di Springsteen a Trieste siano sempre quelli e che non ci siano molti voli disponibili aiuta parecchio a organizzare i viaggi con gli amici). La Racing Couple entra dunque a comporre il più numeroso gruppo dei Flying Triestinis, partiti alla volta della capitale finlandese domenica 29 luglio, di buon mattino, tre giorni prima del concerto, per poter fare i turisti in città.
Prendete nota dell’affermazione “per poter fare i turisti in città”.

Come accennato, non aspetto neanche di aver lasciato l’Italia per cominciare a mangiare cose che che non dovrei, come l’invitante mattonella di frolla con il quale mi tenta Air Dolomiti prima ancora di valicare le Alpi. È un concentrato di farina bianca, zucchero raffinato e chissà che grassi e conservanti: in poche parole è l’Anti-GIFT; io ne sono consapevole e decido di distruggerlo per epurare il mondo dal cibo spazzatura al grido di “Mattonella, m’hai provocato? E io me te magno!”. Il dottor Speciani dovrebbe darmi una medaglia per il mio impegno a togliere dalla faccia della terra il cibo spazzatura, altro che.

All’aeroporto di Monaco mangio anche un panino col prosciutto, ma siccome è Fit-Brot (integrale e ricco di semini) non mi sento neanche in colpa. Essendo esso un po’ asciuttino, annaffio con due cioccolate calde dalla macchinetta Dalmayr, che sono gratis.

Rischio di non sopravvivere alla tratta Monaco-Helsinki, non tanto per la paura di volare (che non manca), quanto per il Blueberry Muffin che ci serve Lufthansa. Temo che molti di voi non abbiano mai avuto la fortuna di assaggiare i Blueberry Muffin della Giraffa. Sappiate, per il futuro, che il grumo di pasta-plumcake extra-dolce, ricoperto di glassa di zucchero e crivellato di patacche di zucchero blu che la compagnia tedesca serve ghiacciato a 5000 metri di quota non ha niente a che vedere con essi. È come mangiare una spugna intrisa di miele e ricoperta di zucchero, con un fastidioso aroma di vanillina e a tratti gommosa.
Secondo me si sono sbagliati: non erano dolcetti da servire, erano un sistema per stordire i passeggeri in caso di catastrofe. Se l’aereo perde quota ed è spacciato, ai passeggeri vengono fatti mangiare i Blueberry Muffin: gli sventurati perdono i sensi e non soffrono.


Sul volo troviamo Francesca di Roma, la metà di una coppia che incontriamo sempre e solo ai concerti all’estero, almeno una volta a tour.

All’aeroporto vuole a tutti i costi socializzare con noi un perticone francese che parla italiano meglio di Zzi. Un italiano con la faccia da italiano e la Gazzetta dello Sport sotto al braccio si informa su quando andremo allo stadio e io gli rispondo sincera “penso stasera: andiamo in albergo, facciamo un giro e stasera andiamo a vedere quanta gente c’è, tanto sono ancora tutti a Goteborg”.
Ripetete con me il mantra “tanto sono ancora tutti a Goteborg“.

All’aeroporto prendiamo il pullman per il centro, giunti nel quale ingaggiamo un duello con le macchinette dei biglietti perché l’ufficio informazioni è chiuso, nonostante l’orario dica chiaramente che la domenica dovrebbe essere aperto dalle 11 alle 15. Allora, anche in Scandinavia, non è che funziona proprio tutto-tutto!
Dopo venti minuti riusciamo a fare il biglietto per il trasporto pubblico per più giorni: la macchinetta era talmente versatile e facile da usare che non ci pareva possibile; in Scandinavia funziona praticamente tutto.

Prendiamo la metro e arriviamo in albergo, lì Slonc ci saluta e va nel suo.
Al momento di congedarci, prendiamo accordi per la giornata; notiamo che non è più tanto presto. Tappa obbligata è la visita alla torre dello stadio, perché dal giorno dopo sarà chiusa. Potremmo fare un giro in città e poi andare sulla torre, quindi cenare e andare a metterci in coda, tanto sono ancora tutti a Goteborg.

Sì, ecco, magari, al limite, scendiamo dalla torre prendiamo il numero e andiamo a cena dopo, così guadagniamo qualche numero. Oddio, tanto sono ancora tutti a Goteborg, ma non si sa mai.
Il “non si sa mai” è la scintilla del sospetto che scatena la gelosia. Ci sarà qualcuno? Non i culosi che erano a Goteborg, certo, ma qualcun altro, forse? E quanti sono?
Francia, Francesca e Gazzetta sono già in città, c’è un ostello proprio nell’edificio dello stadio e potrebbero precederci anche senza volerlo. Nessuno di loro sembrava intenzionato a tenere la coda, quindi – se loro si fermano – significa che c’è già qualcun altro… il sillogismo non regge, ma è sufficiente a mandarmi il cervello in saôr.

Ordino alla truppa di lavarsi e prepararsi rapidamente, arrivare attrezzata per la visita turistica e presentarsi entro quarantacinque minuti alla stazione.
Per un intoppo indipendente dalla volontà di Slonc, i minuti diventano sessanta. Sul tram, un italiano con il numero sei sulla mano (sei? s-e-i?) ci fa da guida e ci spiega tratte e tempi di percorrenza dei mezzi pubblici.

Il prato davanti allo stadio è gremito, ci sono addirittura delle tende montate.


 

Salirò sulla torre e mi getterò di sotto, schiantandomi evocativamente sul palco.
Ricevo il numero 42.

Quarantadue: la risposta alla domanda fondamentale sulla vita, l’universo, tutto quanto. Può succedere di tutto in un concerto visto dal numero quarantadue. Magari mi getto di sotto un’altra volta.

 

4 thoughts on “Wrecking Ball Tour 2012, Helsinki [1]. Il concerto a improbabilità infinita

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